Il calcio in Italia è morto ed è ora che qualcuno se ne accorga

Che il calcio italiano stia vivendo una lenta ma costante involuzione è cosa oramai risaputa. I Mondiali del 2006 sono stati un lampo improvviso nel cielo pieno di nuvole della nostra Nazionale. Il triplete dell'Inter nel 2010 ha sortito lo stesso effetto: un flash, nulla più che ha fotografato l'assenza assoluta di un movimento che abbia messo qualche radice per durare e crescere nel tempo.
Oggi, i magnati del calcio che conta sono in Inghilterra e in Spagna e – forse – anche nella vicina Francia dove stanno nascendo forti giovani talenti. In Italia è tutto fermo, da tempo. La situazione è grave, più di quanto non si dica: da sempre siamo restii a far giocare o debuttare calciatori che abbiano solo 18-19 anni in prima squadra e siamo i migliori a ‘bruciare‘ chi alla prima – al secondo tentativo – non convince. Soprattutto i giovani che hanno cognomi nostrani soffrono in Italia di considerazione e fiducia, ma i loro pari età stranieri vengono ingaggiati e strapagati spesso venendo sopravvalutati oltre modo.
Questa esterofilia è evidente nel guardare da un quinquennio circa, non solo le rose delle prime squadre di serie A e B, ma anche i nomi dei giocatori che militano nelle varie Primavere, nonchè le vittorie in campo internazionale dei nostri club e delle nostre nazionali. Ci sono tantissimi ragazzini assoldati dall'estero per due euro e infilati nelle giovanili nella speranza di trovare a poco prezzo il fenomeno che possa cambiare in bene le sorti di una stagione e in meglio le casse societarie.
LA CRISI DEL NOSTRO CALCIO – La crisi del nostro calcio in quest'ultima stagione si è manifestata nell'esclusione anticipata di tutti i nostri club nelle massime competizioni europee. In Champions League, Milan, Inter e Roma hanno rimediato solamente magre figure, così come le partecipanti all'Europa League dove ha brillato, fiocamente, solo la stella del Napoli ultima a mollare la presa. Ma non solo. Clamore e scalpore ha fatto anche l'esclusione agli Europei Under21 in Danimarca dei nostri giovani allenati da Ciro Ferrara, esclusi mentre altre nazionali di pari categoria meno titolate, come Bielorussia e Islanda per dirne due eclatanti, si sono giocate le loro chances nella kermesse continentale.

ITALIA, FUORI DA TUTTO – Ad aggravare il tutto, restando nel panorama delle nazionali, il colpo di grazia che ha dimostrato che c'è qualcosa di grave che non va è arrivato dall'esclusione ai Mondiali e agli Europei di categoria di tutte le altre Nazionali italiane, dall'Under17 alla già citata Under21. Non ci siamo agli Europei U19 e U21, ai Mondiali U17 in Messico e U20 in Colombia. E se passiamo ai risultati non si sta per nulla meglio, anzi. Della generazione del Duemila c'è rimasto poco o nulla. Per rivedere gli ultimi trionfi azzurri, si deve risalire all’Euro U19 del 2003 con CT Paolo Berrettini, oppure all'Euro U21 del 2004 sotto la guida del CT Claudio Gentile e al bronzo olimpico in Grecia nel 2004 con ancora Gentile.
LE CAUSE – L'Italia del calcio sta male, è un malato grave attorniato da medici che litigano sulle cure da dare e il tempo passa e tutto peggiora. Alcuni dati importanti: la nostra serie A, il fiore all'occhiello da cui passano i migliori giocatori italiani, è il campionato più vecchio d'Europa. La media, impressionante, è di oltre 27 anni inserendosi nella gradiatoria solamente ad uno sconsolante 35° posto. Ma non solo, con l'8,9% è terzultima tra i campionati a licenza Uefa per la promozione dei giovani dal vivaio alla Prima squadra. Se poi aggiungiamo il solo ‘tetto' di un extracomunitario in rosa ma la libera circolazione di giocatori ‘europei‘ in prima squadra, il posto per gli ‘italiani' è sempre meno: insomma, l'esempio "Inter" (10/11 di stranieri in squadra) tanto ridicolizzato in fase di tifo, è stato pian piano assorbito da molti altri club riducendo posti a disposizione per i nostri giocatori.

LE POSSIBILI CURE – Detto del male, i rimedi non possono essere immediati, anche se devono iniziare da subito con l'ottica della soluzione a lungo termine: non serve un placebo, ma una cura ricostituente e una fase ribalitativa che permetta la guarigione completa. Di certo, le ‘Grandi‘ del nostro calcio devono cambiare i loro invesitmenti. Milan, Inter, Juventus investono in media 5-6 milioni l'anno per i settori giovanili. Tanto? basti pensare che il Barcellona ha investimenti attorno ai 15 milioni e in prima squadra ha 7-8 undicesimi provenienti dalla tanto famosa "Cantera", vincendo tutto ciò che c'è da vincere da un quadriennio a questa parte.
Ma l'investimento fine a se stesso non basterebbe. Qualcosa si è già fatto con Cesare Prandelli CT della Nazionale che sta puntando la propria attenzione proprio ai più giovani talenti e ha proposto un ‘piano' alla FIGC ben preciso: una squadra di 25 ‘under 19‘ in B o in Lega Pro che permettano di creare un bacino sempre pronto da cui attingere. Ma anche altre proposte hanno l'obbligo di essere vagliate come l'abbassamento dell'età in Primavera e l'obbligo di schierare giovani italiani in Lega Pro secondo regole e parametri ferrei. In gioco non c'è solo il calcio, c'è il futuro del nostro calcio.