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Il Barcellona in Serie A? E’ difficile ma possibile: ecco perché

Se la Catalunya diventerà indipendente, Girona, Espanyol,e Barcellona potrebbero ritrovarsi fuori dalla Liga. Per restare, servirebbe un nuovo accordo. Potranno scegliere liberamente dove andare? Vedremo i blaugrana lottare per lo scudetto insieme a Juventus, Milan, Inter, Roma?
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"Ultimi istanti di gioco a San Siro, dove il Milan sta pareggiando con la Fiorentina"… "Scusa, intervengo dal Camp Nou, è finita con qualche secondo di anticipo rispetto a Milano. Oggi è un giorno storico: col pareggio contro la Roma, il Barcellona vince la Serie A!". Andrà mai in scena un pomeriggio così? Diretta Gol, Tutto il calcio minuto per minuto, racconteranno mai un campionato italiano con il Barcellona guest star? Può sembrare una provocazione, ma è uno dei possibili effetti per referendum per l'indipendenza della Catalunya che procede nonostante i 14 arresti voluti dal governo di Madrid, dove negli ultimi giorni sono aumentate le manifestazioni in sostegno non della tesi indipendentista ma del diritto di voto. Infatti, come già era emerso in occasione della prima consultazione due anni fa, a norma di regolamento, se la Catalunya dovesse davvero staccarsi dalla Spagna, la Liga si ritroverebbe senza i blaugrana.

Barcellona fuori dalla Liga? Le possibilità

Già a settembre del 2015, prima del referendum, il presidente della Liga spagnola, la LFP, aveva dichiarato che, in caso di separazione da Madrid, “i club catalani non potrebbero giocare nella Liga perché la legislazione lo impedisce. L'unico stato che può giocare in competizioni nazionali è Andorra”. Tuttavia, aggiungeva, “se si spacca la Spagna si spacca la Liga. Speriamo di non giungere mai a questa assurdità”.

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I blaugrana, però, dal 2014 fanno parte del Patto Nazionale per il Diritto di Decidere, una piattaforma che unisce partiti politici e varie organizzazioni per promuovere il voto sull'indipendenza della Catalunya. Mercoledi, dopo che la Guardia Civil ha arrestato Josep Maria Jové, braccio destro del vice presidente catalano, e altri 13 persone tra funzionari ed esponenti del governo regionale per aver organizzato la consultazione non riconosciuta da Madrid e prevista per il primo ottobre, il Barcellona ha rilasciato un comunicato fra i più militanti della sua storia. "Difendiamo la democrazia, la libertà di parola, l'auto-determinazione" si legge. "Resteremo nello stesso campionato dell'Espanyol" ha promesso il vice-presidente del Barcellona, parlando del secondo club della città i cui tifosi sono considerati contrari all'indipendenza. Ma nell'anno delle tre squadre catalane nella Liga, con la storica promozione del Girona, la promessa suona vuota. "Il Barcellona non può scegliere dove giocare se c'è un processo di indipendenza in Catalunya".

Tebas: "Preoccupato per il futuro del Barcellona"

"Il primo ottobre" dichiarava Julian Assange, "ci sarà una nuova nazione o la guerra civile". Se dovesse verificarsi la prima alternativa nell'apocalittico e manicheo scenario radicalmente immaginato dal fondatore di Wikileaks, potrebbe non essere così scontato continuare a vedere il Clasico fra Barcellona e Real Madrid, ha ammesso il presidente della Liga, Javier Tebas, come riporta l'Associated Press. "Trovare un accordo con Barcellona, Espanyol e Girona perché restino in Liga non sarebbe così semplice come molti credono. I club potrebbero essere costretti a disputare un ipotetico campionato catalano, che sarebbe molto poco competitivo e non garantirebbe certo gli introiti e i diritti televisivi di cui gode il Barcellona oggi. Se la Catalunya dovesse diventare indipendente, sarei preoccupato del futuro del Barcellona".

In caso di indipendenza, il Barcellona dovrebbe ricevere il supporto del parlamento e del governo spagnolo e ottenere che venga cambiata la legge per far sì che ai club catalani sia riconosciuta la stessa deroga di Andorra. "Un accordo non è facile" chiude Tebas. "Sono sorpreso di sentire commenti secondo cui il Barcellona avrebbe la possibilità di scegliere dove giocare. Non è questo il caso, bisogna guardare alla legislazione spagnola".

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I tifosi spaccati: il separatismo della rockstar Rufian

C'è anche un altro aspetto da considerare. Qualora l'indipendenza dovesse maturare, il club non potrebbe prendere una decisione di questa portata senza ascoltare il parere dei membri eletti nel board. Da un lato, anche la Liga avrebbe tutto l'interesse a mantenere il Barcellona per il valore che porta al prodotto. "Da tifoso di calcio, non potrei immaginare una Liga senza il Barcellona" ha detto il tecnico del Real Madrid, Zidane. Dall'altro si pone la visione politica di chi come Gabriel Rufián, rockstar del movimento indipendentista e membro di Esquerra Republicana de Catalunya, partito indipendentista di sinistra che ha nove seggi nel parlamento spagnolo e venti in quello catalano, convinto che con una Catalunya indipendente la presenza del Barcellona nella Liga sarebbe incongrua tanto quanto quella del Monaco nella Ligue 1 francese.

Il fronte del no: senza Liga, il Barça non è niente

Rufián è espressione di quel separatismo che, come scriveva il giornalista Manuel Chaves Nogales nel 1936, “è una sostanza rara che si usa nei laboratori politici di Madrid come reagente per il patriottismo, e in quelli della Catalogna come addensante per le classi conservatrici”. Ma non tutti a Barcellona la pensano così. C'è anche chi come Carlos Soler, intervistato da France 24, si dichiara tifoso del Barcellona da sempre ma contrario all'indipendenza.

A 15 vendeva gli abbonamenti dei blaugrana, poi è passato a lavorare nel negozio del club e nella segreteria delle giovanili. "Tutti però mi dicevano di parlare catalano se volevo salire di grado". Soler, di madre castigliana e padre catalano, non ha mai capito perché il Barcellona abbia abbandonato lo spagnolo. "Oggi il Barcellona è la voce di riferimento del movimento pro-indipendenza, ma dimentica che i suoi tifosi sono anche a Madrid, in Andalusia, in Galizia. Senza la Liga il Barcellona non è niente".

Blaugrana e indipendentismo

Il legame con l'indipendentismo catalano è antico. L'espressione “més que un club” entra nell'immaginario blaugrana solo con l'elezione di Narcis de Carreras alla presidenza della squadra nel 1968, ma la politicizzazione era iniziata già dall'agosto 1936, con la fucilazione a Madrid dell'allora presidente blaugrana Josep Sunyol, uno dei 36 deputati eletti a febbraio di quello stesso anno con il partito Sinistra Repubblicana.

Mentre il Generalissimo Franco impone l'abbandono della lingua catalana, tanto da costringere il Barcellona a cambiare denominazione (un'imposizione dall'autarchico Ambrosiana voluto da Mussolini al posto del troppo comunista Internazionale) e vieta l'esposizione della senyera anche all'interno del Camp Nou, la resistenza catalana contro il regime si organizza in tre correnti principali, i nazionalisti di matrice repubblicana, i marxisti e gli anarco-sindacalisti, e sfocia nel famoso sciopero generale dei tram a Barcellona nel 1951.

Se si stacca, Messi andrà via

Oggi il governo di Puigdemont è espressione di una coalizione trasversale ma secondo gli ultimi sondaggi la maggioranza dei catalani sarebbe più favorevole alla via del dialogo. E il ministro dell'Economia di Madrid, Luis de Guindos, si è detto disponibile, come riporta il Financial Times, a garantire una maggiore indipendenza finanziaria se la Catalunya abbandonasse l'idea dell'indipendenza.

Un primo effetto sarebbe comunque la perdita di Messi, che ha già annunciato di essere pronto a lasciare il club se il Barcellona dovesse uscire dalla Liga. E magari passare al City di Guardiola, che due anni fa ha già votato in favore dell'indipendenza della Catalunya. Con i blaugrana, chissà, passati a giocarsi il titolo in Serie A.

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