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Il 4 maggio del 1949 lo schianto di Superga cancella il Grande Torino (VIDEO)

E’ la più grande tragedia del calcio italiano: scompare l’intera squadra con campioni del calibro di Mazzola, Loik, Gabetto, Ossola: rientravano da un’amichevole a Lisbona, una partita d’addio al calcio di Josè Ferreira del Benfica.
A cura di Maurizio De Santis
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La più grande tragedia che abbia mai colpito il calcio italiano avviene alle 17,05 del 4 maggio 1949. Il trimotore Fiat N. 212, l'aereo che trasporta i giocatori del grande Torino di ritorno da una partita a Lisbona, si schianta contro la collina di Superga. Il boato rimbomba nella nebbia, è la fine di un sogno: la leggenda granata, la rosa invincibile dei cinque scudetti consecutivi e dei 10 giocatori su 11 prestati alla Nazionale, svanisce nell'incidente, seppellita dalla sorte avversa e dal corredo accessorio di dolore e morte messe apposta lì, per pesare sul cuore. Scompare l'intera squadra con campioni del calibro di Mazzola, Loik, Gabetto, Ossola: rientravano da un’amichevole a Lisbona, una partita d'addio al calcio di Josè Ferreira del Benfica che volle il Grande Torino per celebrare l’evento. E' una storia italiana, una delle tante che la Domenica del Corriere raccoglie lungo lo Stivale e porta nelle case del Belpaese. Novelle d’altri tempi: prima del motore e del boom economico, dopo l’epoca delle Mascelle e delle lotte partigiane, con poco pane e tanta fame tra Pozzo e il Minculpop, l’attentato a Togliatti, fino a scollinare tra Peppone e don Camillo. Guelfi e ghibellini, bianconeri e granata, amanti di Coppi e pazzi per Gino, divisi dalla politica e dalle pallottole, dalla guerra persa e quella civile che spacca in due il cuore della nazione, ma tutti uniti dalle vittorie dei campioni. Imprese epiche, ritratti a carboncino carichi di simboli e di tenera tristezza, proiezione di un popolo che, a fatica, riparte dopo il disastro bellico. L’uomo e la montagna, i crampi che mordono e i muscoli che scoppiano in mezzo al campo, ruote a tracolla e borracce passate, sbuffi e spintoni sotto porta, i colli dello Stelvio e dell’Izoard dove giacciono le stele di Fausto e Bartali, l'area di rigore e il destino raccolto in undici metri: il ciclismo e il calcio alfieri di un’epoca, nello sport come nella vita, che verrà spazzata via dal fato. Grani di sale strofinati sulla pelle, spolverati su profonde ferite aperte che il tempo e i ricordi nascondono nelle curve della memoria. Perché la vita è così: prende e dà, non chiede il permesso, decide e basta, t'imbratta l'anima con la malinconia anche se il tuo nome è leggenda.

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