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Higuain: perché al Napoli non serve ‘un uomo normale’

L’argentino è stufo di una squadra “dove non si può vincere”, così come Napoli è stufa di “calciatori normali”. In azzurro ha riscritto la storia dei bomber con 36 prodezze. Per fare la storia, invece, serve anche altro e può bastare un onesto ragioniere di centrocampo come ‘Ciccio’ Romano. Ma quella era un’altra storia…
A cura di Maurizio De Santis
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Higuain ai ferri corti con il Napoli e De Laurentiis
Higuain ai ferri corti con il Napoli e De Laurentiis

Era proprio necessario arrivare agli stracci? Discorso economico a parte, considerate le reciproche convenienze in agenda, tanto il Napoli quanto Higuain non usciranno bene da questa ‘tempesta d'estate che lascia pezzi di conversazione nell'aria' ma nessuna voglia d'amore. Si può davvero immaginare d'andare avanti insieme fino alla scadenza naturale del contratto in queste condizioni, con un calciatore che ha la testa altrove? La questione rinnovo sì/rinnovo no poteva essere gestita con largo anticipo, chiarezza d'intenti e soprattutto maggiore diplomazia, variabile – quest'ultima – che mai è stata nelle corde del presidente De Laurentiis. Lavezzi puttaniere, Cavani egoista e Pipita "che ha preso un chilo e mezzo" (critica mossa all'argentino in un consesso ufficiale, a margine di una riunione di Lega) sono solo alcune delle sortite poco felici del patron.

Gli va però riconosciuto il merito di aver tenuto fino a oggi la squadra nella parte alta del tabellone ma non gli si possono imputare investimenti limitati perché non ha le risorse per implementarli e consolidarli. Inutile inseguire la Juve, ci sarà sempre una disparità di mezzi incolmabile se protagonisti e disponibilità finanziaria saranno sempre gli stessi. Ecco, questo è il punto: il club partenopeo insiste su un grande bacino d'utenza digitale e di brand potenziale, ha una tradizione di tifo viscerale che prescinde dai risultati perché – come si dice da queste parti – il Napoli è ‘na malatia (una malattia), una storia sportiva che ha conosciuto miseria e nobiltà ma resta una piccola società quanto a capacità di dialogo coi media, ai modi, all'organizzazione, all'aspetto progettuale e alle strutture, compreso quello stadio San Paolo che – al di là dei proclami e delle operazioni di maquillage – è una delle tante opere partorite dagli sprechi di Italia '90.

Non è certo colpa del presidente se l'impianto – di proprietà comunale – a 20 anni e passa dalla riqualificazione per i Mondiali mostra lacune clamorose. Ma è altrettanto vero che la visione imprenditoriale di un progetto è qualcosa che va oltre i dividendi di famiglia e gli incassi al botteghino, fino al prossimo film di Natale. Fino al prossimo campione da vendere. Perché, sia chiaro, è operazione perfetta cedere adesso un calciatore che immagina altrove la propria carriera e investire le risorse ricavate per conservare l'aurea mediocritas – non è dispregiativo – di una rosa che resti competitiva in Italia e non faccia brutte figure in Europa. Ma questo non è da grande squadra.

Higuain è un calciatore fortissimo, bomber e uomo ovunque in attacco, finalizzatore straordinario e rifinitore, la pedina che ogni allenatore vorrebbe avere, il giocatore che estrae il numero di magia dal cilindro e cambia le sorti del match. Poi ti chiedi perché il Real Madrid (non un ‘Napoli qualsiasi' dalle risorse limitate) abbia deciso di privarsi d'un elemento così prezioso, perché il giocatore stesso abbia mollato la ‘casa blanca' e allora sorge spontaneo il sospetto che manchi anche a lui qualcosa per ambire alla grandezza. A Udine (come a Parma due stagioni prima), laddove avrebbe confessato d'essere stufo di un campionato "nel quale non si può vincere" (racconta Repubblica), sbroccò nemmeno fosse alle prime armi, un giovanotto che frigna per i calcetti presi e perde le staffe come un dilettante.

Quando ha scelto la maglia azzurra rispetto ad altre offerte sapeva bene che in Italia, nella città che fu di Maradona e concede a ogni argentino un bonus di simpatia, avrebbe trovato calore ma possibilità d'investimento non da top club. Eh… l'ex Pibe, lui era davvero un'altra cosa. Gli bastò un onesto ragioniere del centrocampo (‘Ciccio' Romano) e un gruppo composto da ottimi calciatori (non campioni) per arrivare allo scudetto. Il resto era cosa sua, meraviglia e prestigio. El Diez, però, non era un uomo/calciatore normale. Higuain – come Messi, ha fallito l'ennesima finale con l'Argentina – lo è.

E allora 10 milioni di euro a stagione, compreso lo sfruttamento dei diritti d'immagine (materia sulla quale De Laurentiis in genere non è mai stati disposto a trattare pur avendone offerti 7 d'ingaggio) sono una tentazione difficile da tenere a bada: a 29 anni suonati, rappresentano l'ultimo contratto buono, l'ultima opportunità di una carriera che gli ha riservato gioie ma poca gloria e altrettanti trofei. Il Pipita ha deciso di partire? Lo faccia, è un suo diritto. A Napoli ha riscritto la storia dei bomber con 36 prodezze. Per fare la storia, invece, serve ‘non essere uomo normale'. Ma questa è un altra storia.

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