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Hamsik: “Io, Napoli, il 17 portafortuna. Mai alla Juve e al Milan”

Il capitano e centrocampista ceco del Napoli si è raccontato a 360 gradi: dalla volontà di conquistare lo scudetto ad ogni costo, agli applausi per Sarri il miglior allenatore che abbia avuto, fino al retroscena della 17, una maglia che al contrario di ciò che si possa pensare gli porta fortuna.
A cura di Alessio Pediglieri
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In vista della ripresa delle ostilità prevista con il prossimo weekend il Napoli si appresta a difendere in campionato la propria leadership. Contando sul supporto assoluto del proprio capitano e bandiera,  Marek Hamsik che si è raccontato al Corsport regalando retroscena sul suo splendido rapporto con la città e i suoi tifosi. Ma soprattutto analizzando gli obiettivi e le aspettative che da sempre oramai si stanno coltivando per alzare al cielo il tricolore e qualche altro trofeo in più.

Il sogno di adesso: lo scudetto

Ha 30 anni e l'attuale è la sua 10a stagione in azzurro col Napoli, club al quale ha dedicato la propria vita professionale in Italia, dopo una prima parentesi con i colori lombardi del Brescia, squadra che lo ha fatto conoscere al grande pubblico. E a Napoli, Hamsik vuole restarci ancora a lungo, senza fare promesse ma cercando di far parlare – come  sempre – i fatti.

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L'obiettivo principe, ovviamente, si chiama tricolore e il capitano non si nasconde dietro il classico dito:

"La mia speranza si chiama scudetto. E' la mia, è quella dei tifosi, di De Laurentiis, dei compagni di squadra. E credo sia anche l'augurio di chi ama il calcio perché giochiamo in maniera meravigliosamente bella e penso che meriteremmo di vincerlo".

Mai al Milan e alla Juve: carriera azzurra

Non sempre tutto è andato per il verso giusto: in un decennio sono naturali alti e bassi ma alla fine ha prevalso sempre l'amore per quella maglia, i suoi tifosi e la città. Anche quando le alternative potevano essere più prestigiose e potevano regalare palcoscenici e obiettivi più importanti:

"Quando sono stato tentato da Juventus e Milan non ho mai vacillato: un po' non mi sentivo pronto, un po' non volevo andare via da Napoli. Professionalmente e umanamente oggi mi sento realizzato e credo, anche se il calcio non spinge a previsioni, che la mia carriera dovrà finire qua in azzurro".

Il rapporto particolare con De Laurentiis

Uno dei motivi per cui Hamsik alla fine non ha mai lasciato il Napoli porta il nome di Aurelio De Laurentiis, il patron dei partenopei che ha ripreso in mano le redini del club trascinandolo dai bassifondi del calcio alle vette della Serie A e dell'Europa. Grazie al presidente, Hamsik ha sempre fatto la scelta giusta, cambiando procuratore quando fu il caso, non cedendo alle sirene di mercato, mettendosi sempre a disposizione:

"Non so quanti calciatori possono godere del privilegio che ho io e cioè confrontarsi direttamente, senza filtri e senza condizionamenti, con il proprio presidente. Le discussioni non sono mai mancate ma sempre nel rispetto reciproco e il mio percorso qua a Napoli e' la conferma di una stima che si e' radicata negli anni".

Da Donadoni a Sarri: il valzer dei tecnici

Un solo presidente, tanti allenatori. Con alti e bassi relativi, anche a seguito dei risultati del campo. Hamsik ha vissuto diverse ere, da quella Donadoni, Mazzarri a Benitez, fino all'attuale periodo affidato a Sarri che per il centrocampista ceco rappresenta forse il migliore perché coincidente con la propria maturazione calcistica.

Sono grato a tutti i tecnici che ho avuto ma penso che Sarri abbia contribuito in maniera decisiva al mio cambiamento. E fa niente che mi sostituisca quasi sempre, va bene così.

La 17, da tabù a portafortuna

Infine anche un retroscena sul numero che porta orgogliosamente sulle spalle, un numero che soffre di un tabù derivato dalla scaramanzia popolare: il 17. Un numero che il centrocampista ceco scelse ‘grazie' ad Ezequiel Lavezzi, il Pocho argentino, altro elemento (insieme a Cavani) dei Tre Tenori in campo

Io non sono scaramantico e quel numero lo sento mio: quando arrivai, nel 2007, io che sono nato il 27, avrei preso la numero 7, che venne presa però dal Pocho. E allora, dissi vada con il 17. E’ diventato il mio portafortuna, mi ha portato, statisticamente e solo statisticamente, oltre Maradona, il più grande di tutti i tempi”.

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