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Gotze boccia Guardiola: “Preparato e vincente ma non sul piano umano”

L’ex bambino prodigio del calcio tedesco ha spiegato le differenze tra due grandi allenatori con cui ha lavorato, Klopp e Guardiola: “Entrambi sono dei grandi professionisti, ma Pepe non guarda al di là del campo. Klopp? Sarei voluto andare al Liverpool solo perché c’è lui: per me è stato come un padre”
A cura di Alessio Pediglieri
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Pep Guardiola? Uno dei tecnici più vincenti di sempre ma anche uno dei meno amati. Stando alle dichiarazioni di diversi ex calciatori allenati dal tecnico spagnolo, si comprende che spesso e volentieri la convivenza è resa complicata da un atteggiamento da parte dell'ex Barcellona che poco si dedica ai rapporti umani. In principio era stato Zlatan Ibrahimovic a lamentarsi del tecnico ai tempi del Barcellona, poi è arrivato il turno di Yaya Tourè e di Aguero e adesso parla pure Mario Gotze che lo ha avuto ai tempi del Bayern Monaco.

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Klopp, un padre. Per l'ex bambino prodigio del Dortmund, poi passato al Bayern con la speranza e la prospettiva del campione a livello massimo, il vero tecnico cui deve moltissimo è un altro: Jurgen Klopp. Le parole di Gotze a riguardo sono chiare e convincenti: Il miglior tecnico della sua carriera? Per Gotze, certamente Klopp. “Quando ho lasciato il Bayern Monaco, ho seriamente pensato di andare al Liverpool perché c'era lui. Sapevo che il mister mi stava cercando e sarei stato felicissimo di tornare a giocarecon Klopp. Per me è stato un secondo padre oltre che un allenatore e spero che io possa esaudire, prima o poi, questo desiderio”.

 Jurgen Klopp per me era come un padre, è stata un’esperienza totalmente diversa essere allenato da lui rispetto a Pep Guardiola. Anche se sono passato al Bayern proprio perché c'era lui.

La differenza con Guardiola. E Guardiola? Tanto rispetto e considerazione per il professionista. Meno, molto meno, per l'uomo che non ha mai dato spazio ai rapporti interpersonali oltre a quelli del campo. Un allenatore vincente, dice Gotze, da cui attingere e imparare molto. Sul calcio, mentre per il resto è tabula rasa.

Lui pensa solo a ciò che succede dentro al rettangolo di gioco, tralascia l’aspetto umano e non guarda al di là di sé stesso o della gente. I giocatori sono anche esseri umani e andrebbero anche considerati fuori dal campo.

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