Gattuso e Donnarumma, il capitale umano che incarta la scienza di Sarri
Tra l'aorta e l'intenzione, direbbe De Andrè. E' qui, tra la forza della ragione e le ragioni della passione, l'essenza di un pareggio che ha detto molto di più di quanto lo 0-0 lascerebbe immaginare. Ha detto che il Milan non perde in casa da sette partite, e il Napoli è imbattuto in trasferta da 29, dall'ottobre 2016. Ha detto che il Milan, la squadra che finora ha usato meno giocatori, 22 di cui 13 italiani, è completamente rinato. Ha detto che Gattuso ha preparato la partita con l'attenzione che richiedono le grandi occasioni, e anche senza Bonucci ha annullato il tridente di Sarri. E nemmeno Milik ha cambiato lo scenario.
Gattuso incarta Sarri
"Sarri è un maestro, è partito dal basso e ha portato qualcosa di nuovo, lo pongo tra quei grandi allenatori italiani che in qualcosa hanno cambiato il calcio". L'ammirazione di Gattuso non è di facciata. Il Napoli, dice, palleggia con uno scopo, ripiega in difesa con movimenti giusti, è una di quelle squadre che fanno venire il mal di testa.
Ma Gattuso l'allievo dimostra che alla bellezza si può arrivare con la passione, che la scienza è arte ma l'uomo nel pallone conta eccome. in fondo, è questo il motivo per cui Klopp resta l'allenatore che più volte ha battuto il più cerebrale e ossessivamente visionario degli allenatori moderni, Guardiola. E in un certo senso Gattuso contro Sarri è la versione italiana del confronto che accende la Premier e l'Europa, per stili, approcci, tipologia, visioni.
In un pomeriggio che sa di nostalgia e ricorda quelle stagioni di trent'anni fa quando Milan e Napoli si giocavano gli scudetti, l'assenza di gol fa emergere un confronto scacchistico, fatto meno di giocate individuali e più di studiate contromosse corali nell'occupazione degli spazi. La nostalgia poi è canaglia quando sugli spalti sfila chi in campo c'era: Baresi e Filippo Galli, Gullit e Virdis che ha meno capelli ma gli stessi baffi di allora.
Gattuso continua a chiedere ai suoi di non abbassarsi, di mantenere alta la linea e l'attenzione. Il livello di preparazione della partita, la cura dei dettagli, si riconosce da un dettaglio che poi tanto secondario non è. Le occasioni, anche quelle solo potenziali, nascono quando le posizioni in campo inducono a uno scarto dalla norma, derivano da temporanei disequilibri che aprono spiragli, tagli di luce, aprono finestre di opportunità dentro un'organizzazione senza palla maniacale.
Il Napoli, e non è un caso, per tutto il primo tempo fa meglio quando riconquista e riparte veloce, in contropiede, non quando controlla e detta i ritmi. Il Milan gioca un gran secondo tempo in copertura, drena energie, occupa le linee di passaggio. Sarri prova a cambiare lo scenario con Milik per Mertens, per darsi un'opzione in più, uno stile diverso in attacco, ed esce inseguito da un furioso Biglia che vorrebbe aspettarlo nel sottopassaggio. Poi si calma e va lui a cercare il dialogo chiarificatore con l'ex Lazio che giò negli ultimi minuti di storie tese ne aveva avute, a parole, con Insigne.
Senza Bonucci, la difesa del Milan non trema
Senza Bonucci, il Milan fa ancora più ricorso al fraseggio corale per far circolare il pallone dalla difesa. La prima azione da Napoli espone la disabitudine al campo di Musacchio e Zapata, che hanno giocato insieme tre volte quest'anno ma componevano la coppia titolare del Villarreal battuto due volte dal Napoli in Champions League 2011-12.
Con gli attaccanti che stringono molto, Hamsik che addensa il centro per far salire i terzini, chiamati a garantire l'ampiezza nello sviluppo del gioco, la responsabilità dei due centrali rossoneri aumenta.
Kalinic vince il duello a distanza con Mertens
Kalinic, bravo a creare spazi, si insinua, mette dubbi in Albiol non appena Koulibaly lascia intuire qualche accenno di superficialità nell'uscita bassa. Non deroga ai principi Sarri, che sceglie Maggio a destra e trasloca Hysaj a sinistra al posto di Mario Rui. Restano le marcature a zona e la linea alta, con qualche rischio calcolato soprattutto nella zona di competenza di Suso e Calabria. E' lì che il Milan sviluppa il gioco, la manovra si convoglia verso Kalinic chiuso da Koulibaly al 23′.
Il Milan ha bisogno del possesso corale, con Kalinic che abbassa la difesa avversaria. La chiave è il movimento di Kessie alle spalle del terzino, tra Kalinic e Suso, il controllo degli spazi di mezzo da ricercare con attenzione e frequenza quasi maniacali per non esporre la coppia di centrali alle incursioni di Mertens e ai tagli di Insigne. L'azione-manifesto del 15′, tacco di Insigne per Mertens, Donnarumma chiude e para, resta il miglior fotogramma del primo tempo.
Dura poco più di un'ora la partita di Mertens, scandita da un tiro e venti passaggi. Una partita non troppo incisiva, contro una squadra che ha intercettato 14 palloni a 3, che sa come chiudere le linee di passaggio. Kalinic, al contrario, al di là delle azioni offre molteplici soluzioni e un contributo alla costruzione del gioco che va molto oltre le dichiarazioni di facciata cui gli allenatori ricorrono per nascondere le cattive prestazioni.
Donnarumma fa 100 col botto
Cento metri, come 100 presenze. Cento metri raccontano un mondo, un tempo che passa, inquadrano quel che è e quel che sarà. Donnarumma, il più giovane a toccare le 100 presenze in A, non ha subito gol in cinque delle ultime sei partite a San Siro. Si regala per festeggiare la parata del giorno, frustra Milik che stoppa da solo e tira da cinque metri, dal limite dell'area piccola. Il riflesso, la velocità con cui fa scendere i suoi due metri, e li sposta verso sinistra per deviare una conclusione con cui Milik già pregustava il colpo della beffa, vale più del punto che permette di conquistare al Milan.
Dalla posizione di uomo partita, Donnarumma osserva a distanza Reina che ha già effettuato le visite mediche con il Milan. Sarà il suo vice o il suo sostituto? Oggi è solo un rivale che non tocca palla per 40′ ma tiene alti i riflessi e frustra le ambizioni di Calhanoglu, prezioso ma non così coinvolto nel gioco, cui basta un gran tiro da fuori per creare la migliore occasione rossonera nel primo tempo.
Reina è oggi il rivale di un baby prodigio che ha raggiunto la terza cifra anche prima di Gianni Rivera, che centrò la 100ma in un altro Milan-Napoli, nel gennaio 1963, a 19 anni, 1 mese e 21 giorni. C'era ancora Abbiati in porta quando fu aggregato per la prima volta con la prima squadra, c'era Mihajlovic in panchina quando esordì contro il Sassuolo il 25 Ottobre 2015, a 16 anni, 8 mesi e 6 giorni. Diventò, per soli 13 giorni, il secondo portiere milanista più giovane a debuttare in Serie A dopo Giuseppe Sacchi.
Suso, la vera chiave del Milan
Il tesoro del Milan è a destra, dove pende il gioco, dove brilla Suso. Ha segnato un solo gol nelle 17 presenze con Gattuso in panchina in campionato, mentre ne aveva realizzati ben cinque nelle precedenti 13 con Montella in questa Serie A. Ma da quella parte domina la scena grazie anche alla personalità di Calabria, che pur dovendo fronteggiare Insigne, è sempre il primo a proporre una soluzione in ampiezza a Musacchio per avviare l'azione offensiva e creare il triangolo con Suso e Kessie.
Proprio Insigne, invece, contro la sua vittima preferita, sei reti in carriera al Milan incluse cinque nelle ultime cinque presenze, si danna, protesta nel finale, ma non incide. I tagli fuori linea di Mertens non aiutano. E una domanda, vista la prestazione di Milik nel finale, allora viene: perché, nel finale di una partita così importante, non rischiare i quattro attaccanti? La risposta, ormai, canta nel vento.