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Finalmente non abbiamo più paura di giocare per vincere

Niente più passaggi orizzontali, niente più tiki taka attendista, tattico, di posizione, nell’attesa di trovare un varco per ripartire in contropiede. La vittoria con l’Olanda aiuta a ricominciare con fiducia dopo l’umiliazione del Mondiale.
A cura di Maurizio De Santis
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C'eravamo lasciati due mesi fa in Brasile. Figuraccia mondiale, dimissioni a raffica, Prandelli dice addio perché ha fallito e in pochi giorni trova l'accordo col Galatasaray in Turchia. Poi se n'è andato anche Balotelli, di cui al momento nessuno sente la mancanza. Anzi… perfino Conte – diventato ct grazie pure alla munificenza della Puma, sponsor della Nazionale e di Super Mario – se ne infischia e gli manda a dire che non avrà pietà per alcuno, che la maglia azzurra va meritata. A Bari, contro un'Olanda scesa in campo a raccoglier margherite, Zaza e Immobile (entrambi dal pedigrée juventino) hanno cancellato in una manciata di minuti i brutti ricordi della Coppa e le fesserie da codice etico, delle mogli a bordo piscina accanto ai mariti in ritiro, del clima vacanziero che mal si concilia con la grande ambizione dell'ex allenatore della Juventus. Vuole vincere, gioca per farlo anche in un'amichevole che porta in dote punti per il ranking. E non ha paura. Il gioco? Arriverà anche quello, per ora la priorità è un'altra. Vuole vincere, per un ct all'esordio non accadeva da sedici anni e magari è un buon segnale. Vuole vincere, proprio quel che piace al popolo, compresa quella fetta di tifosi ai quali s'accappona la pelle quando lo ricordano a bordo campo, scavare un solco davanti alla panchina bianconera, urlare, zittire il pubblico che osa fischiare i suoi calciatori (come nel caso di Giovinco che ha voluto accanto in Nazionale), correre ad abbracciarli tutti sempre. Vuole vincere e concedere il bis in Norvegia, laddove gol e punti avranno peso diverso rispetto alla serata di euforia contro gli arancioni.

Bisognava ripartire e farlo in fretta. Serviva uno scatto d'orgoglio per risalire la china e smetterla di piangerci addosso. Sì, siamo brutti, sporchi e cattivi. I nostri stadi fanno schifo, buona parte dei tifosi che li occupano nemmeno dovrebbero entrarvi. Le nostre squadre conducono trattative col cappello in mano. La nostra Serie A è diventata un cimitero degli elefanti, vengono tutti qui i ‘vecchi' campioni a svernare, assicurandosi la pensione con l'ultimo contratto di una carriera spesa altrove. Loro s'accontentano e noi pure, abbagliati dal nome come indigeni che non credono ai loro occhi di fronte alle ‘diavolerie' dei colonizzatori. E basta, però. Vuole vincere, Conte, e sa che può farlo solo facendo tabula rasa del passato recente: niente più passaggi orizzontali, niente più tiki taka attendista, tattico, di posizione, nell'attesa di trovare un varco per ripartire in contropiede. Martella e pretende il massimo come alla Juve, com'è giusto che sia da parte di chi indossa la maglia del proprio Paese, come vuole la gente che è stufa dei calciatori ‘fighetti' e in mezzo al campo pretende che sputino l'anima come fa, ogni santo giorno, chi conosce quant'è duro il mestiere di vivere. Fare gruppo e mai mollare. Giocare per vincere, possiamo farlo anche noi.

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