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Film porno, bugie e manie aggressive: il lato oscuro di Diego Costa

Nella biografia ‘L’arte della guerra’ il calciatore del Chelsea si racconta e lascia che ex allenatori e compagni di squadra raccontino di lui.
A cura di Maurizio De Santis
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Una rockstar più che un calciatore. Aggressivo, donnaiolo, disinibito abbastanza da guardare un film a luci rosse ad alta voce infischiandosene dei vicini e dell'imbarazzo suscitato, tiratardi agli allenamenti (qualche volte pure è capitato). Tra i selvaggi e i sentimentali della pedata c'è sicuramente Diego Costa, l'ex attaccante dell'Atletico Madrid si racconta (e lascia che altri raccontino di lui) nella biografia – ‘L'arte della guerra' – scritta da Graham Hunter e oggi alla ribalta. "Quando ero piccolo giocavo a calcio per strada. Insultavo tutti, non rispettavo nessuno, pensavo che avrei dovuto uccidere tutti". Che caratterino… la punta del Chelsea non ne hai mai fatto mistero. Ai tempi della sua avventura con il Celta, quando indossava la maglia della squadra di Vigo, costrinse Wellington del Malaga a ricorrere a cure mediche (6 punti di sutura) per una specie di regolamento di conti in campo. "Non ho bisogno di picchiare gli altri per giocare bene – disse allora -. Welington sì e questo mi dà fastidio… è una femminuccia, avrebbe dovuto giocare a pallavolo, non a calcio".

Film a luci rosse. Effetti speciali sul rettangolo verde e anche da tubo catodico, l'ex colchoneros era molto sensibile al fascino femminile, pure quello in celluloide per il vizio – pare – di ingannare il tempo guardando qualche film porno. Ragazzate, nulla più. Come quando, ai tempi dell'Albacete, a una signora infastidita dal sonoro della pellicola a luci rosse che reclamava alla sua porta disse: Che problema c'è? Non le piace fare l'amore?".

Tiratardi. In Galizia il suo allenatore, Menendez, imparò a sue spese quanto potesse essere difficile gestire un calciatore dalla personalità molto spiccata come Diego Costa. "Quando si presentava tardi all'allenamento – si legge ancora nella biografia -, non mi raccontava bugie come ‘Non è suonata la sveglia', mi diceva che aveva giocato tutta la notte coi videogiochi". Almeno questa era la scusa ufficiale… in via ufficiosa, invece, si seppe che "organizzava delle partite di notte sui campetti dell'università con gli amici".

Persuaso da Mourinho. Dal Manzanarre all'Inghilterra, la strada era segnata ma ci fu qualcosa (anzi, qualcuno) che lo indirizzò verso Londra (allo Stamford Bridge) piuttosto che verso Liverpool e il Merseyside. "Lascia perdere il Liverpool, aspetta ancora e giocherai per me al Chelsea, guadagnando anche di più", così parlò lo special one che lo convinse ad accettare la proposta dei blues.

Nella storia di Diego Costa, però, c'è un anche un episodio molto triste e fa riferimento al suo periodo in Spagna. A raccontarlo è stato Paulo Assunçao, suo ex compagno di squadra che descrive le parole del calciatore che mai s'è perdonato per la morte del proprio cane. "Non posso credere di aver ucciso il mio cane. Era uscito per salutarmi, non l'ho visto e l'ho schiacciato con l'auto".

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