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FIGC, la road map di Tavecchio: tassa sui ripescaggi verso la riforma dei campionati

5 milioni per salire in serie A, uno per la B, 500 mila per andare in Lega Pro. Queste le tasse per i ripescaggi approvate a maggioranza dal Consiglio Federale. E blocco dalla prossima stagione per arrivare alla riduzione delle squadre nei campionati.
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Dalla prossima stagione, niente più ripescaggi. È questa la più controversa decisione del Consiglio Federale, che ha deciso anche un meccanismo automatico di riduzione del format dei campionati, una sorta di road map per completare la principale riforma presentata da Tavecchio al momento dell’elezione alla presidenza della FIGC, e pene più severe per le frodi sportive. Per quest’anno, tuttavia, con il voto contrario della Lega Pro, dell’Assocalciatori e dell’Assoallenatori, sono state confermate le tasse sui ripescaggi: le società dovranno versare alla Figc un contributo straordinario di 5 milioni per la serie A, 1 milione per la serie B, 500mila per la Lega Pro e 300mila euro per la serie D. “Questi provvedimenti partiranno da questa stagione – ha precisato Tavecchio – e si stabilirà nel prossimo consiglio come ripartire questi introiti”.

Aic: meglio graduare – Non è bastato ridurre l’entità dei versamenti previsti all’inizio di giugno (1,2 milioni per salire in B, 600 mila per andare in Lega Pro) per ottenere un’approvazione all’unanimità della nuova norma. L’associazione dei calciatori, diretta da Damiano Tommasi, vorrebbe l’imposizione di una tassa non univoca, ma tarata sulle possibilità dei territori in cui operano le società, perché imporre cifre versamenti troppo alti per sperare nei ripescaggi potrebbe portare i presidenti a investire meno sui giocatori. E sottolinea che i versamenti, più che a fondo perduto, dovrebbero servire a rimpinguare il Fondo di Garanzia, da cui il Parma ha ricevuto il prestito da cinque milioni per finire l’ultimo campionato.

Le norme in vigore – L’esigenza di arrivare a una definizione più chiara dei principi per il ripescaggio delle squadre si è fatta stringente l’anno scorso, dopo il fallimento del Siena e l’intervento del Collegio di Garanzia del Coni che ha ammesso il ricorso del Novara, pur coinvolta nello scandalo scommesse come Reggina e Lecce. Con la B allargata a 22 squadre, sono stati applicati tre criteri: per il 50% pesa la classifica finale dell’ultimo campionato, da 32 punti per il Novara (19ma nel precedente campionati di B) a 1 per la sedicesima classificata in Lega Pro con la media più bassa tra i due gironi; per un 25% vale la tradizione sportiva della città (contano le partecipazioni ai campionati di serie A, di B dal 1929, di Serie c dal 1935 e alla ex C2 dal 1978, oltre alle eventuali vittorie di scudetti e coppe Italia); per l’altro 25% si valuta la media spettatori nelle stagioni dal 2008/09 al 2012/13.

Alle squadre conviene? – Ma alle società conviene pagare per provare a salire di categoria? A guardare i dati del Report Calcio 2015, il rapporto annuale della Federcalcio sullo stato del movimento nazionale, verrebbe da dire di no, almeno nelle categorie più basse. Prendiamo, per esempio, il caso di una squadra promossa dalla Lega Pro 1a Divisione alla serie B. Il report dimostra che il salto di categoria, da una parte fa aumentare di oltre un milione (+1,2) i diritti televisivi e di quasi due i contributi (+1,8), ma dall’altra fa salire di 1,6 milioni il costo del lavoro, perché gli ingaggi aumentano, e di 3 milioni il costo della produzione. In sostanza, dai valori medi dell’analisi della FIGC, il passaggio in cadetteria fa aumentare il patrimonio della società ma fa salire anche i debiti. Mentre il risultato netto di una squadra che salga dalla serie B alla serie A migliora, sempre secondo i dati medi elaborati da PWC per la Federcalcio, solo di un paio di milioni, significativamente meno dei cinque richiesti per essere ammessi al ripescaggio. L’impressione, a questo punto, è che le cifre da pagare, l’entità delle tasse sui ripescaggi, sia stata individuata quasi come deterrente, per evitare di ripetere il caos dello scorso campionato cadetto e avvicinare coerentemente l’obiettivo di Tavecchio di ridurre le squadre professionistiche. “Nell’ultimo consiglio federale – ha spiegato il presidente – abbiamo chiesto una proroga per le riforme fino al 14 agosto, ma credo di avere solo il mese di luglio a disposizione. Se la Figc non riuscirà a trovare la quadra entro quella data non chiederò una proroga e cercherò di risolvere con un metodo diverso dalla concertazione il tema delle riforme”. Anche se far dipendere i ripescaggi di quest’anno solo dalla disponibilità economica, senza far valere la situazione e la sostenibilità del bilancio della società, dopo il crac Parma suscita qualche perplessità.

Scommesse – Per la serie B, il ripescaggio vale solo proprio per riempire il posto lasciato vuoto dagli emiliani, in quanto vi si ricorre nei casi in cui una squadra non presenti domanda di iscrizione alla categoria. Quindi, non ci sarà una seconda fase di ripescaggi nel caso in cui il Catania o il Teramo (o entrambe) siano ritenute colpevoli di illecito sportivo e fatte retrocedere, come il Genoa nell’estate del 2005. Per l’illecito sportivo vale la classifica della prima squadra retrocessa o della prima non promossa nella categoria che premierebbe, rispettivamente, la Virtus Entella e l’Ascoli.

Verso la A a 18 squadre – L'obiettivo dichiarato della presidenza Tavecchio è tornare a una serie A a 18 squadre, che porterebbe vantaggi per tutti. La nazionale avrebbe più spazio per gli stage, e le squadre che giocano le coppe europee avrebbero da disputare meno turni infrasettimanali d'inverno e magari potrebbero puntare in maniera più decisa rispetto agli ultimi anni sull'Europa League, con benefici a cascata anche sul coefficiente Uefa. E le big avrebbero anche più tempo per organizzare le milionarie tournée amichevoli estive che fanno felici sponsor e pay tv. In più i tifosi potrebbero ritrovare un campionato complessivamente più equilibrato, tanto in testa quanto nelle ultime posizioni, e almeno ridurre la quantità di formazioni che arrivano alle ultime giornate senza più alcun obiettivo e rappresentano altrettante tentazioni di facili combine.

L'esempio della Bundesliga – La Bundesliga, unico dei principali campionati europei ancora a 18 squadre, può insegnare molto, anche dopo l'effetto Guardiola che ha senza dubbio aumentato il gap tra il Bayern e le altre e fatto un po' saltare il solidissimo equilibrio competitivo del campionato tedesco, che suddivide i proventi dei diritti tv sulla base di un criterio meritocratico: il piazzamento, con peso decrescente, negli ultimi quattro anni per la quota nazionale, e l'apporto delle squadre impegnate in Europa al ranking Uefa della Germania per la quota internazionale. Così, il rapporto first-to-last non supera la scala 2:1 e nel 2014 13 squadre su 18 hanno chiuso con il bilancio in attivo. I tifosi, evidentemente, apprezzano, e riempiono gli stadi come in nessun altro campionato d'Europa: l'anno scorso i ricavi al botteghino hanno raggiunto i 482,5 milioni, con un aumento annuale del 20%. Anche su questo dovrebbe intervenire Tavecchio, anche se non è facile trovare l'intesa con le varie anime della Lega di serie A. Perché uno dei mali del gattopardesco meccanismo di redistribuzione dei diritti tv che, colpa italica ormai storica, rappresentano la fonte di introito principale per tutte le squadre, è proprio l'irrilevanza del risultato sportivo: ovvero le squadre medio-piccole che investono bene e ottengono risultati importanti non hanno modo di rientrare dell'investimento, non vengono premiate. Lo dimostrano proprio il fallimento del Parma, o il caso del Torino che si è qualificato in Europa senza ricavarne benefici economici sostanziali dalla LegaE magari, invece di continuare a investire verso nuovi traguardi, possono farsi tentare da scorciatoie diverse per mettere a posto i bilanci.

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