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Fabio Cannavaro: “Quarant’anni e non sentirli”

L’ex difensore azzurro e della Nazionale festeggia il compleanno: dalla Loggetta, a Fuorigrotta, all’Al Ahli, la carriera di un campione impazzitto per Diego e il primo scudetto del Napoli fino al Pallone d’Oro dopo il Mondiale di Berlino.
A cura di Maurizio De Santis
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Fabio Cannavaro compie 40 anni. "E' come non sentirli" scrive in un tweet dalla lontana Dubai. Due scudetti (poi revocati) con la Juve, 2 Coppe Italia, 1 Supercoppa italiana, 1 Coppa Uefa col Parma, le vittorie con l'Under 21, l'argento all'Europeo del 2000 con la Nazionale maggiore, il Mondiale vinto in Germania nel 2006 e il Pallone d'Oro all'acme della carriera. Il ‘muro di Berlino', 75 volte capitano, l'unico capace di resistere ai rovesci della storia (Moggi, Calciopoli e la Juve spazzata via) e agli attacchi dei ‘panzer'. Fece di tutt'erba un ‘fascio', che ‘distrattamente' sventolò assieme al tricolore in quella notte di trionfo sotto il cielo azzurro, e fu osannato come un eroe perché al popolo le vittorie piacciono sempre. E dimentica in fretta: fa nulla che era della Juve, la squadra più odiata d'Italia ma anche quella uscita con le ossa rotte dal declino della triade Moggi-Giraudo-Bettega travolta dallo tsunami d'inchieste; fa nulla che è napoletano e meridionale, ‘coleroso e terremotato che col sapone non s'è mai lavato'. Ma questi sono muri più difficili da abbattere. Magari ne avrà sentite anche di peggiori quando vestiva la maglia azzurra quella che da ragazzino, quand'era ancora un semplice scugnizzo che giocava in strada alla Loggetta (quartiere di Fuorigrotta, a un passo dal San Paolo) e faceva il centrocampista nella squadretta dell'Italsider, sognava d'indossare calcando l'erba calpestata da Diego Armando Maradona. "Bravo, va bene così" gli disse l'ex Dieci durante una partitella con la Primavera: nell'agiografia del Pibe c'è anche la parabola del ragazzino che entra in scivolata su di lui per sottrargli la palla. Riceverà una carezza, come un segno di pace, che lenì anche gli sguardi imbufaliti dei dirigenti.

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Raccattapalle da scudetto. Secondo di tre fratelli, figlio di Pasquale,  roccioso difensore nelle categorie minori campane negli Anni Settanta, Cannavaro approda al Napoli nel 1984, ad 11 anni. Il 10 maggio 1987 ammira (e maledice) ‘Codino' Baggio che mette la sua firma in calce alla festa: 1-1 da infarto per un pubblico straripante di gioia. Là in mezzo, in quella bolgia di colori e fuochi d'artificio c'era pure Cannavaro, raccattapalle a bordo campo e  in delirio dietro Pierpaolo Marino, direttore sportivo di quel Napoli e poi nello spogliatoio, accanto a Maradona (come nella foto pubblicata sul suo profilo twitter).

Il debutto in A. E’ il 7 marzo 1993: di fronte si trova la Juventus di Vialli e Ravanelli, fu il battesimo del fuoco ma nel campionato successivo, quello dell'era Lippi (sì, il ct che ha vinto il Mondiale è passato sotto il Vesuvio) gioca titolare e comincia la scalata al calcio italiano e internazionale.

Addio Napoli. Nel 1995 il trasferimento al Parma per 17 miliardi di vecchie lire: un club sommerso dai debiti fu costretto a vendere i suoi gioielli. Sette anni in gialloblù e poi l’arrivo all’Inter, ma in nerazzurro sarà solo di passaggio e non avrà rimpianti. Nel 2004 il passaggio alla Juve, con cui conquista due scudetti (poi revocati) e ritrova i ‘vecchi amici' di Parma, Buffon e Thuram. Il trionfo mondiale, il Pallone d'Oro, la chiamata del Real Madrid (senza infamia e senza lode), ultimi scampoli di carriera all'Al Ahli, la squadra che oggi allena. Dalla Loggetta di Fuorigrotta all'Emirato, ‘caravan petrol' fa ancora cantare Napoli.

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