Fa gioco ma non segna, quanto pesa l’assenza di Milik nel Napoli: le cifre
Il momento delicato del Napoli, con sole due vittorie contro Crotone e Empoli nelle ultime otto partite fra campionato e coppa, ha, al di là della sfortuna o degli episodi spesso a sfavore, spiegazioni che vanno oltre il fato o la sorte avversa ma appartengono, chiaramente, alla nascita di differenti situazioni tattiche imposte dalla pesantissima assenza di Milik. Lungi dal voler fornire alibi alla squadra di Sarri che, peraltro, sta continuando a giocare un buon calcio, andiamo ad analizzare i numeri che hanno contraddistinto l’attacco azzurro dall’infortunio della propria punta centrale.
Mal di "gol": solo 10 le reti segnate dal suo infortunio
Dalla brutta sconfitta di Bergamo con l’Atalanta quella, per intenderci, nella quale il polacco è stato visto per l’ultima volta in campo, il Napoli ha ridotto drasticamente la sua pericolosità offensiva e, soprattutto, il numero di punti conquistati. I partenopei, infatti, mentre nelle prime nove con lui al centro dell’attacco (593’ giocati) erano riusciti a dilagare realizzando ben 20 gol complessivi con una media di 2.2 segnature a partita che avevano condotto a 8 risultati utili su 9 (1 sconfitta, 2 pari e 6 vittorie) ed una media punti di 2.5 a gara (fra Serie A e Champions), senza il loro numero 99 hanno pressoché dimezzato tutti questi dati statistici.
In più, anche se sono aumentati i tiri totali a partita (13.4 contro i 12.7 dell’avvio di stagione), le azioni d’attacco (30.09 contro le 28.42 con Milik) e rimaste inalterate le conclusioni nello specchio della porta (6.1), l’attacco azzurro ha perso, col trio Mertens, Callejon e Insigne, la ferocia, la cattiveria e la rapacità sotto porta del proprio bomber principe.
Manca un sostituto naturale
Questa tegola caduta inavvertitamente sulla testa del Napoli e di Sarri ha evidenziato, forse, l’unico aspetto carente del recente mercato azzurro, ovvero: quello riguardante la punta centrale. Nonostante le trattative last minute per Pavoletti o Zaza, infatti, la dirigenza ha deciso di puntare tutto su Gabbiadini in quel ruolo. Una scelta che, numeri alla mano, non ha pagato dividendi (solo 2 reti in 433’ giocati) e anzi ha esposto l’ex Sampdoria al fuoco mediatico della platea napoletana ancora inebriata dalle giocate dello scorso anno di Higuain. Un equivoco tattico, un enigma di difficile soluzione che si sta trascinando dall’inizio dell’anno con esclusioni, rilanci, bocciature, nuove panchine e estesi dissapori.
Prevedibilità e assenza di profondità
Pur giocando ancora un buonissimo calcio con i partenopei in testa a quasi tutte le specifiche graduatorie statistiche su possesso palla, efficacia di passaggi e occasioni da rete complessive, il Napoli, ora, difetta in zona gol. La decisione di lasciare intatto il sistema di gioco con l’aggiunta del trio “leggero” di esterni Insigne, Callejon e Mertens con quest’ultimo da prima punta, evidenzia i limiti di un fraseggio che, in assenza di un forte attaccante centrale, pur bello da vedere diventa sterile e evanescente. La mancanza di un uomo che detti la profondità o che raccolga i suggerimenti dei terzini napoletani poi, provoca una congestione in fase offensiva letale per la manovra azzurra che, da qualche tempo, non trovando un riferimento in area, si perde nell’imbuto centrale fatto di passaggi stretti e giocate molto complicate. Insomma, senza Milik la perfetta macchina da guerra del Napoli s'inceppa ma soprattutto non porta gol e vittorie.