Europa League, il Qarabağ non ci sta: in 40mila protestano contro la UEFA

Al Qarabağ proprio non è andato giù lo "scippo" contro l'Inter: la formazione azera era andata a segno nei minuti di recupero, ma l'arbitro Zelinka, mal consigliato dal guardalinee, aveva annullato la rete che avrebbe regalato agli azeri i sedicesimi di Europa League e facendo così accedere alla fase successiva gli ucraini del Dnipro. E così quest'oggi in molti, non solo azeri, ma anche simpatizzanti qualunque da mezza Europa, hanno protestato durante i sorteggi di Europa League, chiedendo giustizia per il piccolo club azero. Justice for Garabagh è l'hashtag che ha iniziato a circolare sui social network: oltre quarantamila persone hanno firmato una petizione per chiedere alla UEFA di rimediare all'errore della terna arbitrale, pur consapevoli che le probabilità che la federazione europea accetti un simile reclamo sia un'autentica utopia.
Destino beffardo per il Qarabağ: squadra della città di Ağdam, vive dal 1993 una situazione paradossale di squadra "emigrante". Senza voler analizzare i complessi equilibri politici e sociali della regione caucasia, basti pensare che nel 1993 vide il proprio Imarat Stadium, sede delle gare casalinghe degli azeri dal 1952, distrutto dai bombardamenti armeni durante la cosidetta guerra del Nagorno Karabakh. Nel 1994 il conflitto terminò con l'occupazione della città da parte del neonato paese (autoproclamatosi indipendente dall'Azerbaigian), e così il Qarabağ è dovuto spostarsi prima a Baku (fino al 2009) e poi a Quzanlı, dove oggi gioca. La città originaria, Ağdam, non esiste più: sopravvive la sola moschea e qualche scheletro di edificio, ma essendo sotto occupazione del Nagorno Karabakh, è impossibile accedervi. E così il Qarabağ si trova costretto a giocare "in trasferta" perenne. Insomma, la qualificazione ai sedicesimi di Europa League avrebbe potuto significare, per i tifosi del Qarabağ quanto meno una sorta di "rivincita" calcistica, dopo tanti torti subiti durante e dopo la guerra. Una soddisfazione negata da un clamoroso errore dell'arbitro ceco Zelinka.