Euro 2016: Morata guida l’attacco della Spagna dei giovani
Quando era piccolo, Álvaro Morata cresceva con i poster di Raúl in camera. E come la leggenda del Real, ha iniziato nella cantera dell'Atletico. È nonno Ignacio, grande tifoso colchonero, a portare il piccolo Álvaro, 12 anni, al provino con altri 500 ragazzini. Viene preso, ma rifiuta l'offerta perché va male a scuola. Tornerà solo l'anno successivo e come racconta il tecnico Armando De la Morena, sarà anche raccattapalle al Calderón. Ha sempre giocato da attaccante, già dai primi anni alla scuola El Prado Mirasierra. “Giocava molto spalle alla porta” ricorda ancora De La Morena, “era un generoso. E in un anno è passato dall'essere il più piccolo della squadra ad essere il più alto e il più robusto”. All'Ariete, che tanto somiglia come caratteristiche a Morientes, Del Bosque chiede di ripetere l'estate magica di Fernando Torres di otto anni fa. È lui il simbolo della nouvelle vague iberica che cerca il terzo titolo europeo di fila e un posto nella leggenda.
Morientes lo vuole – Del Bosque, secondo allenatore ad aver vinto sia la Coppa Henri Delaunay sia il Mondiale dopo Helmut Schön, campione d'Europa e del mondo con la Germania Ovest nel 1972 e 1974, ha lasciato a casa Fernando Torres e Diego Costa, ma ha inserito nella lista dei preconvocati il veterano Aritz Aduriz, richiamato in nazionale dopo cinque anni e mezzo per l'amichevole contro l'Italia di marzo e autore del pareggio dopo il vantaggio di Insigne. Proprio a marzo, contro l'Ucraina, Morata ha debuttato dal 1′ nel modo migliore possibile. Ha segnato il gol vittoria e rilanciato una Spagna battuta pochi mesi prima dalla Slovacchia, prima sconfitta delle Furie Rosse nelle qualificazioni europee e mondiali dopo 36 incontri, dallo 0-2 in Svezia del 7 ottobre 2006. È proprio Morientes il primo sostenitore di Morata. “Viste le sue caratteristiche -ha detto a Omnisport-, è il miglior candidato al ruolo di centravanti titolare in nazionale. Anche per chi gioca accanto a lui. È un attaccante d'area, un bomber e soprattutto un giocatore completo, che può stare anche più largo e saltare l'uomo. Per me, è il nostro attaccante più importante in nazionale”.
Simbolo della nuova Spagna – Morata, che già piaceva a Mourinho ai tempi del Real Madrid, testimonia un rilevante passaggio di tempo nel calcio spagnolo: l'abbandono del guardiolismo. O almeno di una certa interpretazione del tiki-taka che identificava il bello col fraseggio, il ricamo e l'assenza di un centravanti. Se Real e Atletico si ritrovano in finale di Champions dopo due anni, un motivo insomma c'è. E passa anche per l'idea antica di affidarsi ad attaccanti moderni, un po' come il Fernando Torres decisivo nel secondo titolo europeo della Spagna targata Aragones. Repertorio assortito (velocità, scatto, progressione, dribbling stretto, potenza), struttura fisica e muscolare definita, Morata di allori continentali ne ha già vinti due, e sempre da capocannoniere. Segna sei gol dell'Under 19 di Melendez a Romania 2011. Ne aggiunge quattro gol nelle prime quattro partite in Israele due anni dopo con l'Under 21 di Lopetegui: non va a segno solo in finale, contro l'Italia, e lascia il proscenio a Thiago Alcantara.
I vivai iberici – La scelta di Morata come riferimento numero 1 in attacco non è solo il segno di un inevitabile ricambio generazionale. È la misura del successo di una programmazione che premia e valorizza i vivai. Il sistema prevede 70 centri federali territoriali con tre selezionatori (uno per gli under 12, uno per gli under 16 e uno per gli under 19) in ciascuna delle 19 Federazioni regionali o territoriali: Andalusia, Aragona, Principato delle Asturie, Canarie, Cantabria, Castiglia e León, Castiglia-La Mancha, Catalogna, Ceuta, Comunidad Valenciana, Comunidad de Madrid, Extremadura, Galizia, Isole Baleari, La Rioja, Melilla, Regione di Mursia, Navarra, Paesi Baschi. In tutte le competizioni internazionali, a tutti i selezionatori si chiede di produrre un calcio fatto di passaggi corti ad alto ritmo, che sfrutti molto le fasce, e di portare sempre almeno un giocatore sotto età che possa trasmettere gli insegnamenti l'anno successivo.
I giovani nella Liga – E il modello funziona, Nella Liga, quasi un giocatore su quattro di quelli scesi in campo nell'ultima stagione si è formato nei settori giovanili, a fronte del 9% della Serie A, del 12% della Premier League, del 13% della Germania. La politica delle squadre iberiche prevede rose più ristrette (486 giocatori in Liga, contro i 527 in Italia, 520 in Inghilterra e 517 in Germania), ma comunque i giovani cresciuti nei vivai sono rimasti in campo per il 20% del totale dei minuti possibili. Di fatto, quello spagnolo è un campionato che produce valore attraverso i suoi giocatori, come dimostrano i quasi 500 iberici che giocano all'estero e il solo 40% di stranieri nella Liga (in Germania sono il 46%, in Italia il 57%, in Inghilterra il 60%). Anche perché, in media, ogni squadra, negli ultimi cinque anni, ha lanciato in media 4 giocatori in prima squadra direttamente dal settore giovanile. Gli esordienti, dunque, non solo hanno più occasioni di iniziare una carriera professionistica, hanno anche più spazio e maggiori possibilità di scendere in campo e mostrare il loro valore.
Generazioni a confronto – Del Bosque, però, non è ancora pronto al ricambio totale, a lasciar andare la generazione dei due titoli europei e del titolo mondiale. “Credo davvero nei veterani che hanno passato un sacco di tempo con noi” ha detto il ct, “ma ho fiducia nei nuovi che danno alla squadra impulsi differenti. Il nostro obiettivo è guardare al di là dei due Europei che abbiamo vinto, perché la gente ci valuterà solo per quello che faremo nel prossimo. Per molti, questo sarà l'ultimo grande torneo della carriera e per altri sarà il primo. Per far funzionare questo mix non devi guardarti troppo indietro né troppo avanti. Dobbiamo vivere nell'immediato presente”.
Casillas e Ramos – All'altro estremo dello spettro generazionale rimangono Sergio Ramos, pilastro della difesa con oltre 600 presenze al Real Madrid, e Iker Casillas che nell'amichevole di Cluj dello scorso marzo, 0-0 in Romania, ha toccato i 166 gettoni in nazionale, eguagliando il record europeo del centrocampista lettone Vitalijs Astafjevs. Come ha scritto Marca, però, Astafjevs reclama due partite non conteggiate: quella del 2005 contro l’Under 23 dell’Oman e quella del 2010 contro l’Angola, ma la Fifa non è d’accordo per via del numero di sostituzioni effettuate durante la gara. A Casillas, intanto, mancano 18 presenze per il record mondiale dell’egiziano Ahmed Hassan, 184 partite con la propria nazionale.
Niente tv – Tutti, chi l'ha visto e chi non c'era, devono far dimenticare l'ultimo fallimento mondiale. Il ricordo, però, rimane forte, tanto che le emittenti tv si stanno via via sfilando dall'asta per i diritti tv dell'europeo. Dopo il rifiuto della pubblica TVE, si è tirata fuori anche Mediaset che ha trasmesso le ultime due edizioni su Telecinco e Cuatro. “Se avessimo acquistato i diritti, avremmo potuto avere un impatto negativo sui conti di circa 15 milioni”, ha ammesso una fonte Mediaset a Europa Press. L'Uefa ha così dimezzato le richieste per i due pacchetti (uno con 23 gare minimo in chiaro, il secondo con tutte le gare di cui 28 in esclusiva in pay-tv), passando dai 70 ai 40-50 milioni complessivi. A questo punto, non è escluso che nella Spagna tre volte campione d'Europa, gli europei si vedranno solo a pagamento, su BeIN Sports, a meno che Atresmedia, che possiede Antena 3 e La Sexta, non trovi l'accordo per il primo pacchetto.