Euro 2016: bouchon e Beaujolais, le tentazioni di Lione
È luce la parola chiave dell'estate di Lione. Tra il Rodano e la Saône, si ravviva la capitale dei Galli che da oltre centocinquant'anni si addensa di luminarie (la festa saltò lo scorso dicembre per gli attentati al Bataclan). La tradizione dei fratelli Lumière, che qui hanno inventato il cinema, si veste di nuovi colori allo Stade de Lumière e alla Lumière de l'Aube, la retrospettiva di Yoko Ono. È qui, dove per ogni euro di denaro pubblico investito se ne guadagnano tre in cultura, che l'Italia comincerà il suo viaggio a Euro 2016 contro il Belgio.
Nuovo stadio – Il nuovo impianto del Lione, inaugurato lo scorso gennaio, avrebbe dovuto essere terminato nel 2014, ma i ritardi nei lavori hanno allungato di molto i tempi di consegni. Forse, si potrebbe dire con un'associazione di idee semplicistica da mal comune mezzo gaudio, perché a Parigi e Lione si lavora meno che in tutto il resto del mondo. Almeno questo è il risultato di uno studio UBS su 14 professioni in 71 metropoli: nella capitale l'orario medio settimanale non arriva alle 31 ore, a Lione è di 31 ore e 22 minuti. Ma poi, a guardar meglio, viene da pensare che lo studio non considera la produttività oraria, chiave della politica francese di settore, e il “diritto alla disconnessione”, la norma che rende illegale per le aziende con più di 50 dipendenti mandare mail e messaggi dopo l'orario d'ufficio.
Porterà 70 milioni in 5 anni – La cattedrale laica e pallonara completata sei mesi fa a Decines-Charpieu, costata più di 450 milioni, è un gioiello da 59 mila posti che ha sostituito il vecchio Gerland, completato nel 1926 e già teatro degli Europei del 1984 e degli ultimi Mondiali del Novecento. È uno stadio pensato all'inglese, disegnato dallo stesso studio di architetti, Populous, che ha realizzato l'Olimpico di Londa, con i tifosi vicini al campo che potranno anche ordinare panini e coca-cola direttamente dal proprio smartphone. Aulas, presidente del Lione, ha investito otto milioni per ammobiliare logge e saloni per sei mila posti e ha voluto un impianto flessibile e polifunzionale che dovrebbe garantire tra 50 e 70 milioni di ricavi in più nei prossimi cinque anni. Il livello più alto delle tribune si può anche chiudere per ospitare concerti (Rihanna arriverà a luglio) o altri sport, come le finali di Challenge Cup e Champions Cup di rugby di due settimane fa. E dopo il trionfo del Lione a Sassuolo nella finale di Champions, nel 2019 ospiterà la finale del Mondiale di calcio femminile.
Divinamente calcio – Il calcio scorre nelle vie di Lione, scolpito e assorbito nella cattedrale di Saint-Jean, cuore della storia politica e religiosa, che tante volte ha ascoltato le preghiere del compianto Marc-Vivien Foé, morto proprio sul terreno del Gerland davanti al pubblico che tanto amava. Il calcio ha attraversato la place des Terreaux che per sette anni di fila ha fatto da teatro alla sfilata del Lione dominatore della Ligue 1 prima dell'arrivo degli emiri qatarioti con interessi economici e politici nella Parigi di Sarkozy e Platini. Il calcio è incontro, e l'Europeo diventa l'occasione per raccontarlo e osservarlo da un punto di vista diverso, che provi a superare il livello della vittoria e della sconfitta. È la scommessa del Gadagne, che partecipa con i musei di storia urbana di Amsterdam, Basilea, Brema, Barcellona, Lussemburgo e Mosca all'unica esposizione dedicata alla sociologia contemporanea del calcio durante Euro 2016. è una mostra di respiro internazionale, che proprio per questo presenta come volto simbolo l'icona assoluta e globale dell'arte calcistica moderna, Maradona. C'è insieme il calcio come fenomeno e come religione laica, gli slogan sulle sciarpe, le bandiere, i rituali delle squadre africane, i santini del Pibe de Oro. Unica concessione al campanilismo, una sezione su Lione e il suo stadio olimpico curata da Vincent Duluc, giornalista dell'Equipe.
Patrimonio Unesco – Sobria, severa, Lione è una città da incontrare, in cui perdersi. Si avvicina piano dall'aeroporto dedicato a Saint-Exupery o dalla vicina stazione per TGV disegnata da Calatrava, mentre i cinesi annunciano che vogliono collegarla con l'alta velocità a Pechino. Incontri d'anime e di storie nelle quattro zone che hanno reso Lione patrimonio dell'Unesco nel 1998. Fourvière, il primo sito storico, racconta la città antica, con il sito archeologico gallo-romano e la cattedrale di Notre Dame. Il Vieux Lyon (Lione Vecchia) è un magnifico quartiere medievale e rinascimentale, un ricamo di vicoli lastricati in pietra e mattoni giallo-ocra a dominare l'orizzonte. La Croix-Rousse racconta il periodo industriale, è il quartiere degli artigiani della seta, ancora pervasa di un fascino borghese, benestante ma senza ostentazione. E poi la Presqu'île, l'architettura tipica del XIX secolo, la storia di una città dipinta, di trompe l'oeuil sulle facciate delle case. Città di angeli, città prismatica, di luci che si smerigliano in frantumi di specchi alla confluenza dei fiumi. O meglio, alla Confluence, il nuovo quartiere dal tocco d'artista (Jean Michel Wilmotte, Rudy Ricciotti, Jean Paul Vighiuer, Herzog e de Meuron) all'incontro fra Rodano e Saône, e nel museo avveniristico per i viaggiatori col pensiero: la collezione permanente è un percorso etno-antropologico dalle origini dell'uomo a oggi.
Fiumi di Beaujolais – Dalla parte opposta c’è il Parc de la Tête d’or, la zona della città firmata da Renzo Piano con il museo d'arte moderna che ospita la retrospettiva di Yoko Ono. Oltre 100 opere che raccontano 50 anni di un'artista libera, radicale, di una fondamentalista dell'utopia. E c'è sempre chi è pronto a giurare che in realtà i fiumi a Lione sono tre, e il terzo è Beaujolais. Sulla via del Beujolais si producono i Moulin-à-Vent, il Fleurie e il Régnié che ricordano i vini della vicina Borgogna. La valle del Rodano, a 40 minuti da Lione, la riconosci dal colore d'autunno: c'è la collina “bionda”, la collina del Condrieu, e la “bruna”, del Côte-Rôtie, un rosso a base di Syrah e Viognier che accompagna la carne rossa.
Il re italiano dei bouchon – Perché Lione è incontro anche di profumi, di sapori, quelli del mago Paul Bocuse e quelli antichi dei bouchon che hanno un “padre” italiano, Joseph Viola, figlio di un muratore arrivato dalla Calabria nel 1960, dal 2013 presidente dell’associazione «Les Bouchons Lyonnais». “Il bouchon lionese – spiegava alla Stampa–- è un locale che potremmo assimilare alla trattoria italiana. Deve avere alcune caratteristiche, dall’ambiente alla cucina, garantire l’uso di prodotti del territorio, freschi e di qualità e rispecchiare nei piatti la tradizione di Lione»: Pâté di foie gras, le quenelle di luccio, la tarte tatin à la praline de Saint Genix. Simboli eterni delle due anime, maschio e femmina di Lyon.