Emanuelson: “In Italia il calcio è politica. La Roma di Garcia giocava da cani”
In carriera ha vestito la maglia di Milan, Roma, Atalanta e Verona. Nonostante questo Urby Emanuelson, attualmente in forza allo Sheffield Wednesday, spende parole tutt’altro che positive nei confronti del calcio italiano. Se potesse tornare indietro nel tempo il duttile cursore probabilmente direbbe no ad un trasferimento in Italia, come si evince dalle parole pesantissime pronunciate in occasione di un’intervista a ExtraTime: "In Italia il calcio è politica, non sempre giocano i migliori, contano altri fattori. A esempio essere nel giro giusto, in termini di amicizie e conoscenze".

"La Roma di Garcia giocava da cani"
Il classe 1996 ennesimo prodotto delle Giovanili dell’Ajax ha ripercorso tutta la sua carriera italiana, iniziando dal trasferimento dal Milan alla Roma nel 2014. Poche presenze e tanta frustrazione per lui: “Nella settimana in cui fui preso arrivarono in 6. Non si trattava più di competizione, ma di sopravvivenza. Mi ritrovavo in tribuna, vedevo la squadra giocare da cani, ma non cambiava niente. Rudi Garcia mi diceva di avere pazienza. Poi, al momento dei cambi, sceglieva sempre qualcun altro. Spiegazioni zero, consigli su dove migliorare meno di zero".
Poche gioie tra Atalanta e Verona
Dopo una sola stagione Emanuelson si trasferì all’Atalanta e al Verona, dove però il copione non cambiò: “Pur di andarmene mi sarebbe andata bene qualsiasi meta. All’Atalanta iniziai bene, poi Colantuono fu esonerato e Reja mi disse che non aveva bisogno di me: “Non ti conosco e non so nemmeno se la società intende puntare su di te il prossimo anno”. Eccomi di nuovo fuori. A priori. Anche a Verona ci fu un cambio di tecnico e l’aggravante di una stagione disgraziata per tutti. A fine torneo il mister mi riportò alle origini, trequartista o ala, ma erano mosse della disperazione in un team condannato alla B".
Il Milan e gli unici sorrisi
Gli unici sorrisi per il classe 1986 sono quelli relativi alla sua prima esperienza in Serie A, al Milan. Avventura positiva anche grazie alla convivenza con grandi campioni: “Ero il ragazzino, con un sacco di campioni. Pirlo, Ibra, Nesta, Thiago Silva, Seedorf, Van Bommel. Gli ultimi due mi hanno aiutato molto, c’era concorrenza fortissima ma sana. Se davi il massimo, prima o poi saresti stato premiato. Ho raccolto più di 100 gare nel Milan, non credo di essere così scarso, anche se negli ultimi anni molti hanno ritenuto il contrario".
Il calcio, un ambiente ipocrita
Non bastano però quegli anni a “salvare” il calcio italiano per Emanuelson che per confermare la sua tesi cita anche gli esempi di due connazionali, ovvero De Boer e Elia: “Il calcio è un’ambiente ipocrita, è difficile avere amicizie e incontrare gente di cui ti puoi fidare. Per non parlare delle etichette. de Boer era inadatto al calcio italiano già dopo poche ore dal suo arrivo. Elia alla Juve? Bidone, ma forse schierare un’ala come esterno in un 3-5-2 non è il modo migliore per esaltare le sue caratteristiche, e magari non è colpa del tecnico, se lui gioca con un modulo e poi gli arrivano giocatori con altre caratteristiche".