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Difesa di ferro, panchina corta: pregi e difetti dell’Italia agli ottavi

Pro e contro della squadra che ha superato la fase a gironi da capolista e si appresta ad affrontare i campioni in carica della Spagna.
A cura di Mirko Cafaro
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La prima fase degli Europei si è ufficialmente conclusa (qui i gironi di Euro 2016) e per la sorprendente Italia di Conte il prossimo avversario si chiama Spagna (qui vi spieghiamo perché gli azzurri non affrontano una terza classificata) in una sorta di rivincita -parecchio anticipata, per la verità – dell'ultima finale persa nel 2012. Un 4-0 che grida ancora vendetta, ma rispetto al quale sono cambiate tante cose, soprattutto nella formazione azzurra. Quella squadra, guidata da Prandelli, era arrivata in fondo alla manifestazione affidandosi al controllo del gioco e al genio e alla sregolatezza di Cassano e Balotelli. Quest'Italia, invece, ha i suoi uomini immagine in profili diversi dai due citati, gente più disciplinata (il bravo ragazzo Giaccherini, per esempio), con meno colpi ad effetto, ma più continuità; e soprattutto fa della neutralizzazione dell'avversario il suo punto di forza. Meno palleggio e più praticità insomma, ma la vittoria del girone non ha diradato tutti i dubbi sul conto degli azzurri. Per questo abbiamo provato a fare il punto su pregi e difetti evidenziati nelle tre gare.

Cosa funziona

1. Sistema di gioco: la mano di Conte si è vista sin dall'esordio vittorioso con il Belgio. Squadra ordinata, ben disposta in campo e con il giusto atteggiamento. Soluzioni che hanno permesso di sopperire a un deficit qualitativo e soprattutto alla mancanza di un vero regista nel vivo della manovra. La capacità del ct di individuare i punti deboli dell'avversario può continuare a fare la differenza anche a gara in corso.

2. Tenuta difensiva: il blocco Juve, composto da Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini, costituisce la pietra angolare sulla quale poggia questa Nazionale, ma il merito dei pochi pericoli corsi dal numero 1 azzurro è da ascrivere all'atteggiamento di tutti gli effettivi in campo, a cominciare dagli attaccanti che sono i primi a spendersi nel pressing sui portatori di palla e proseguendo con gli esterni che si sacrificano in continui e profondi ripiegamenti.

3. Spirito di gruppo: nessuna "primadonna", ma squadra affiatata e unita con leader ben individuati e giovani pronti a dare il massimo restando nei ranghi senza colpi di testa. Un gruppo a immagine e somiglianza del suo condottiero.

E cosa no

1. Panchina ‘corta': nelle prime due gare solo Immobile e Zaza, rispettivamente contro Belgio e Svezia, hanno saputo far la differenza e cambiare ritmo subentrando dalla panchina. Negli altri ruoli, almeno per il momento, le alternative al blocco principale e in grado di sovvertire le gerarchie sembrano poche.

2. Gioco sugli esterni: vale il discorso di cui sopra. Contro il Belgio, Conte ha sostituito a gara in corso un opaco Darmian con De Sciglio, ma la musica non è cambiata, nonostante la squadra di Wilmots avesse denotato grosse pecche nel gioco sulle fasce; contro la Svezia, è stato preferito dal primo minuto Florenzi sullo stesso out, ma anche in questo caso senza grosse variazioni sul risultato finale.

3. Attaccanti isolati: la mancanza di un regista e i rifornimenti non sempre costanti dagli esterni costringono spesso i due attaccanti a ripiegare fino a centrocampo per trovare palloni giocabili. Risultato? Tanta fatica e conseguente scarsa lucidità sotto porta al momento della conclusione.

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