Dieci allenatori licenziati in Serie A, l’ultimo è Gasperini

Tanto vale mettere un annuncio sul giornale. Si fa prima e si risparmia. A. A. A. cercasi tecnico giovane, di belle speranze, tatticamente flessibile, possibilmente aziendalista. Anche prima esperienza. Motivato, dinamico, disposto al sacrificio. Offresi buona retribuzione mensile, percentuale sulle provvigioni, clausole rescissorie. Max serietà, no perditempo. Il ruolo di allenatore derubricato a piazzista. E’ l’ultima frontiera della schizofrenia dei presidenti delle nostre squadre di calcio: finita l’epoca dei condottieri “speciali” e del rumore dei nemici, largo agli stagisti e agli interinali della panchina. Oronzo Canà ha fatto scuola: li prendi sapendo già che li manderai via. Poi, se proprio dovesse andar male, c’è sempre l’usato garantito, il traghettatore o l'alternativa stagionale a buon mercato per galleggiare, non affondare e confidare nella spartizione collettiva dei diritti tv per mettere una toppa al bilancio.
Sommersi e salvati. A Cagliari il sound di Massimo Ficcadenti non piaceva a “X Factor” Cellino: la mia banda suona il rock ed è un’eterna partenza, un licenziamento in punta di plettro accordato dopo un mese dall’inizio del campionato. E mentre la musica va, i titoli di coda scorrono sulla sagoma di “mister ex” pagato a cottimo, liquidato in do minore. I can’t get no satisfaction, nella hit parade c’è l’evergreen Zamparini: pure lui l’intona a orecchio gli allenatori, ma se il riff è noioso li stronca alla prima strofa. Sannino, Gasperini, Malesani e 2 uomini mercato (da Lo Monaco a Perinetti): tutti giù per terra alla fine del girotondo. Sotto la Lanterna l'onda anomala di Preziosi s'è portata vita De Canio, Del Neri e ha lasciato Ballardini. La risacca ha risucchiato Ferrara e rilanciato Delio Rossi. E poi ancora De Carlo (Chievo), Stroppa (Pescara), Cosmi (Siena) e, infine, Zeman (Roma) che dice: "Smettere di allenare? Mi devono sparare". E allora, sorridete, gli spari sopra sono per voi.