193 CONDIVISIONI
Covid 19

Decreto del Governo, stop allo sport: ecco perché giocare a porte chiuse può non bastare

Un mese di stop a tutte le manifestazioni (non solo sportive) che comportino assembramento di persone. Le nuove disposizioni del decreto governativo sull’emergenza Coronavirus mettono il calcio italiano spalle al muro. Per evitare la paralisi e il rischio che salti la stagione di Serie A e Coppa Italia la soluzione alternativa potrebbe essere giocare a porte chiuse ma non è detto che basti.
A cura di Maurizio De Santis
193 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Un mese senza sport. Trenta giorni senza calcio. Campionato sospeso e buonanotte ai suonatori… mentre le società di calcio litigano e fanno partito nella guerra dei veti incrociati su recuperi e porte/aperte/chiuse/girevoli, un decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri che verrà emanato nella giornata odierna indica qual è la strada da seguire per legge. Piaccia o meno, i presidenti della Serie A – quelli rissosi a quelli che ancora non hanno capito quale possa essere la portata dei social – dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni governative vincolate all'emergenza Coronavirus (qui tutte le notizie in tempo reale e gli aggiornamenti sulla situazione).

Cosa succederà? Turino il naso e ingoino il cucchiaio di sciroppo, rassegnandosi a giocare la parte restante della stagione senza pubblico. Non c'è altra soluzione rispetto alla paralisi inevitabile dinanzi a disposizioni che, a corredo di misure precauzionali, cancelleranno tutte le manifestazioni/eventi/appuntamenti agonistici in grado di raccogliere quelli che in gergo istituzionale vengono definiti "assembramenti massivi di persone".

Il motivo? Evitare contatti e rischio di contagio del morbo Covid-19 che in Italia ha fatto registrare finora circa 2300 casi di persone positive e 79 morti, di cui 27 nelle ultime ore. Una situazione molto rischiosa che le autorità, in base alle deduzioni del Comitato tecnico-scientifico, hanno deciso di affrontare anche con una serie di norme da seguire nella vita quotidiana. Tra queste, la necessità di porre uno stop su tutto il territorio nazionale (non più solo sulle Regioni e le Province finora collocate tra quelle a rischio) a qualsiasi situazione che comporti affollamento di persone a causa dell'evoluzione dell'epidemia e dell'aumento dei contagi.

Il calcio nel limbo, rischio paralisi. Cosa succederà adesso al campionato di Serie A e alla Coppa Italia? Il segnale arrivato nella giornata di martedì da Torino è molto chiaro: l'ordinanza del prefetto, Claudio Palomba, che ha rinviato a data da destinarsi la semifinale di ritorno Juventus-Milan è solo il primo atto di ciò che succederà a cascata nell'attesa di capire quali sono i margini lasciati dal nuovo decreto per trovare una soluzione alternativa alla paralisi totale. La stessa gara Napoli-Inter (l'altra semifinale di Coppa Italia) in calendario per giovedì 5 marzo alle 20.45 è stata toccata da ulteriori provvedimenti (rinviata come per i bianconeri).

Perché giocare a porte chiuse non basta. La strategia delle "porte chiuse per tutti e ovunque" potrebbe anche non bastare considerando una delle "raccomandazioni" che saranno contenute nel nuovo decreto governativo: per i calciatori, infatti, è impossibile rispettare la distanza minima di sicurezza (almeno un metro) prevista dal comitato per evitare il contagio. Una volta emanato ufficialmente il decreto toccherà poi al ministro dello Sport, Vincenzo Spadafora, al presidente del Coni, Giovanni Malagò, alla Figc e alla Lega di Serie A trovare la quadra consapevoli che le parole del vice ministro della Sanità, PierPaolo Sileri, al termine della riunione a Palazzo Chigi hanno già tracciato un solco.  "Partite a rischio? Bisogna valutare se dare uno stop o farle giocare a porte chiuse".

193 CONDIVISIONI
32800 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views