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Da Zoro a Juan Jesus, l’Italia è un paese razzista. Non dobbiamo avere paura di ammetterlo

Nelle prime cinque giornate del campionato 2019/2020 i casi che hanno riguardato Lukaku, Kessié, Dalbert, Pjanic e Juan Jesus hanno affermato con una certa forza che il problema del razzismo nel nostro calcio è concreto e le parole di Gianni Infantino durante la premiazione dei The Best FIFA Awards 2019 hanno avuto una cassa di risonanza mondiale. “Il calcio ha un grande potere, usiamolo per poter cambiare il mondo e renderlo un posto migliore”, le parole di Megan Rapinoe indicano che una luce in fondo al tunnel c’è.
A cura di Vito Lamorte
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Probabilmente a molti il nome Marco André Zoro può dire poco o nulla ma il 27 novembre 2005, durante la partita Messina-Inter, il calciatore ivoriano in seguito a insulti razzisti, non rilevati nel referto dal direttore di gara, prese il pallone e minacciò di abbandonare il terreno di gioco. Beh, quattordici anni dopo siamo ancora lì, fermi a quell'immagine, e nulla è cambiato nell'ambiente della Serie A. Anche prima di Zoro ci sono stati tanti episodi di discriminazione (Winter, Omolade, Ebagua, etc etc) ma, per tornare all'attualità, soltanto nelle prime cinque giornate del campionato 2019/2020 i casi che hanno riguardato Lukaku, Kessié, Dalbert, Pjanic e Juan Jesus hanno affermato con una certa forza che il problema del razzismo nel nostro calcio è concreto e le parole di Gianni Infantino durante la premiazione dei The Best FIFA Awards 2019 hanno avuto una cassa di risonanza mondiale.

L’ORAC (Osservatorio del razzismo nel calcio) nel quinquennio 2011-2016 ha messo insieme 249 casi di razzismo negli stadi e, certamente, si tratta di una stima al ribasso ma la bolla del razzismo negli stadi sembra crescere domenica dopo domenica anche per via di una legislazione piuttosto morbida e con giudici sportivi che più di una volta hanno minimizzato l’accaduto.

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Le società, le tifoserie e il pianeta calcio

Ieri sera l'ex presidente dell'Inter, Massimo Moratti,  intervistato a Milano Calciocity ha dichiarato: "All’inizio della mia presidenza all’Inter, mi misero in guardia: non tutti i tifosi apprezzano i giocatori di colore. Benissimo, ne comprai subito due: Ince e Winter". Insomma, stiamo parlando di un problema che ha radici lontane e ben profonde e rispetto a qualche anno fa le società si stanno iniziando a muovere ma, ci dispiace ammetterlo, sembra ancora troppo poco: ieri la società AS Roma ha deciso il "Daspo" per il tifoso che ha insultato sui social il proprio tesserato e la direzione presa sembra quella giusta ma c'è bisogno che non rimanga l'unica iniziativa per combattere una piaga che, seguendo l'andamento che si sta sviluppando nella nostra società, sembra essere molto più presente di prima nei nostri impianti.

Dalle categorie giovanili alla Serie A ormai non ci stupiamo più di fronte a queste notizie e se i comunicati di talune tifoserie sono al limite del delirio di onnipotenza, fa ancora più specie quando sono le società e gli interpreti del gioco a sminuire qualsiasi manifestazione razzista per difendere posizioni di assoluta gravità.

In che modo si intende risolvere questo problema? Si parla tanto di questo benedetto modello/impostazione inglese… bene, ma c'è bisogno di leggi che mettano di fronte alle loro responsabilità chi semina razzismo nei nostri stadi e di un importante scatto in avanti da parte dei media, delle istituzioni e delle società, che troppe spesso sono complici con le loro tifoserie, o costrette ad esserlo, per evitare problemi di altro tipo.

La lezione della Rapinoe e l'importanza di non arrendersi

Chi ha le idee chiare è Megan Rapinoe che, con le parole che abbiamo riportato di seguito, dallo stesso palco del presidente della Fifa ha fatto capire che il calcio ha una grande potenzialità e che potrebbe essere sfruttata per poter migliorare il modo di fare sport a tutti i livelli. Questa ragazza, mentre riceveva il premio di migliore calciatrice dell'anno ha cercato di spostare l'obiettivo su cose molto più serie e sembra avere le idee molto più chiare di tantissimi esponenti di spessore del nostro calcio.

Una delle cose cose che più mi ha ispirato sono stati Koulibaly e Sterling, che hanno reagito al razzismo, o la giovane iraniana, cui non è stato possibile partecipare ad una partita, ma anche tutte le donne che ogni giorno devono lottare per combattere l'omofobia e che voglio fare il loro sport femminile. Se vogliamo cambiare veramente le cose dobbiamo tutti arrabbiarci contro il razzismo e contro la mancanza degli investimenti sulle donne. Il calcio ha un grande potere, usiamolo per poter cambiare il mondo e renderlo un posto migliore. (Megan Rapinoe alla premiazione dei FIFA Football Awards)

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"Aveva un'idea tutta sua: un'idea che potremmo quasi definire da virologo. Lui pensava che si potessero curare il razzismo e l'odio, letteralmente curare, tramite delle iniezioni di musica e amore nella vita delle persone. Un giorno doveva suonare a una manifestazione per la pace. Degli uomini sono andati a casa sua e gli hanno sparato addosso. Due giorni dopo lui è salito sul quel palco, e ha cantato. Qualcuno gli ha chiesto perché, e lui ha detto: ‘Perché le persone che cercano di far diventare peggiore questo mondo non si concedono un giorno libero, come potrei farlo io?' Illumina l'oscurità!". Forse è il momento di fare nostre le parole di Will Smith in "Io sono Leggenda" perché questo sembra essere il momento giusto per cercare di spostare l'asticella in avanti e provare a migliorare l'ambiente che circonda quella grande industria che è il mondo del calcio e renderla un po' più umana e attenta ai diritti della persona.

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