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Da Tofting a Gravesen, i calciatori più duri e cattivi di sempre

Da Stig Tofting a Paolo Montero, ecco alcuni dei giocatori più duri e rudi mai visti su di un campo di calcio ed in grado di mettere a referto più espulsioni che gol, assist e giocate vincenti. Ecco gli altri della top 5.
A cura di Salvatore Parente
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Nel Cinema, il paragone non è scelto a caso data la contestuale notte degli Oscar andata in scena nelle ultime ore, li si definirebbe cattivi, antagonisti, villain. Quelli per intenderci che in ogni modo si frappongono fra il sogno iniziale dei protagonisti e la sua effettiva realizzazione.

Crudeli, sadici, talvolta fascinosi, spesso violenti sono i duri che hanno sempre provato a rovinarci le pellicole dei nostri sogni. Nel calcio, invece, questo ruolo di guastafeste viene affidato solitamente a mediani poco tecnici e difensori centrali ruvidi e arcigni in grado, come si dice nel gergo calcistico, di far legna (pure troppa) sul rettangolo verde. In questo contesto, dunque, vediamo, al netto dei noti Barton, Materazzi e Butcher, i 5 calciatori più cattivi di sempre.

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Stig Tofting, un picchiatore dentro e fuori dal campo

Senza voler proporre una gerarchia ben precisa, lasciamo a voi l’onere, fra questi non poteva mancare il mediano Stig Tofting. Il calciatore danese, infatti, è stato, prima del suo ritiro nel 2007, uno dei giocatori più duri contro i quali giocare per via della sua fama da estremo picchiatore. Una fama non ristretta al solo campo di gioco ma estesa anche alla vita di tutti i giorni. Al netto di uno degli episodi più gravi della sua esistenza, a 13 anni trovò in casa i genitori morti in quello che fu un omicidio-suicidio con in più la morte di un figlio per meningite a soli 22 giorni di vita, nel 1999 Tofting manda un ragazzo in ospedale in seguito a una rissa e si fa 20 giorni di carcere.

Nel 2000 gli viene negato dal sindaco della sua città il permesso di aprire un bar si candida come primo cittadino, a sua volta eletto rifiuta l’incarico. Nel 2002, durante i Mondiali di Corea e Giappone è protagonista di una rissa con il compagno di nazionale Gronkjaer e pochi mesi dopo, ubriaco, prende a testate il titolare del ristorante dove lui ed i compagni dell’Aarhus stanno festeggiando, picchiando anche il cameriere accorso fino alla zuffa cinese quando militava col Tianjin Teda in Cina (non manca un arresto per rissa pure lì). Insomma, uno sportivo con le idee chiare: picchiare, picchiare e ancora picchiare.

GravesenOk

Gravesen, un buttafuori nel Real

A chiudere la linea Maginot della mediana danese c’era, di fianco a Tofting, Thomas Gravesen. Uno di quelli che, malgrado i suoi piedi (dignitosi e nulla più), è riuscito ad indossare casacche importanti, come quelle di Everton e Real Madrid. Noto col soprannome di “Shrek” per via della somiglianza col protagonista del film d’animazione, Gravesen è balzato agli onori della cronaca per i suoi interventi al limite delle sportività e per una forza fisica impressionante che spesso e volentieri provocarono infortuni in campo e risse in allenamento (Robinho malmenato in allenamento in Blancos).

Ai tempi del Real, dove arrivò per dare quantità in un centrocampo di piedi raffinatissimi, i cronisti spagnoli avevano dato un soprannome ad ogni finta dei campioni Galacticos battezzando anche i gesti del danese, la sua “Gravesinha” però, altro non era che un fallo, possibilmente rude e duro.

JonesOk

Vinnie Jones, ‘rosso' record e ‘strizzatina' a Gazza

Il centrale gallese, peraltro lungamente squalificato (6 mesi) non tanto per il comportamento in campo quanto per un video con lui protagonista nel quale istruiva i giovani sul come diventare uomini duri sul rettangolo di gioco, è stato uno dei difensori della Premier League più scorretti della storia. Record per l’espulsione più veloce della storia (3 secondi), 12 cartellini rossi in carriera, strizzata alle parti intime a Gascoigne e entrata così violenta a Gary Stevens del Tottenham da determinarne la fine della carriera testimoniano l’eredità lasciata in campo dall’ex Wimbledon che si guadagnò anche la stima di Ginola il quale laconico disse: “Jones non merita di essere considerato un calciatore”. Al termine della sua carriera il gallese è stato poi attore di Hollywood (“Lock & Stock”, “The Snatch”, “Mean Machine”), il ruolo? Quello del duro, of course.

KeaneOk

Roy Keane, The Haaland revenge

Sotto il nome di grandi campioni col vizio del fallo cattivo, a tratti sporco, l’irlandese Roy Keane. Centrocampista totale, completo, moderno diremmo oggi, quantità e qualità abbinate ad un temperamento non male, l’ex numero 16 dei Red Devils pur essendo indispensabile per gli equilibri della propria squadra è spesso incappato in espulsioni, risse, fallacci ed episodi di follia di sorta. Nell’aprile del 2001, infatti, nel corso del derby di Manchester (finito 1-1 Sheringham e Howey) il mediano decide di vendicarsi di Haaland che, 3 anni prima in un Leeds-Man Utd, in uno scontro di gioco, gli aveva procurato un infortunio ai legamenti del ginocchio destro.

Intervento da Ko sul ginocchio con il norvegese che, a seguito di questo brutto incidente, è costretto ad abbandonare il calcio (salvo poi ritornare nel 2011 al Rosseland per 2 anni). Per il giocatore dello United “solo” una squalifica di 3 turni e una multa di 5mila sterline, ma quando nella sua autobiografia ammise la intenzionalità del gesto, i turni salirono a 5 e la multa a 150 mila sterline.

MonteroOk

Paolo Montero, il “galeotto” dal cuore d’oro

A chiudere questa nostra rassegna dei calciatori più cattivi della storia troviamo l’ex juventino Paolo Montero. L’uruguaiano, infatti, in maglia bianconera dal 1996 al 2005, è stato uno dei pilastri di quella difesa ma con metodi non proprio ortodossi. Lui stesso ebbe a dire: “o passa la palla o passano le gambe, ma entrambe mai”, uno di quelli con 21 espulsioni a referto, risse con tifosi (Panathinaikos e Fiorentina), con gomitata da carcere al russo Karpin, con un pugno in pieno volto a Di Biagio ed una fama ben riassunta dal suo ex tecnico Ancelotti: “lo adoravo, puro di cuore e di spirito. Un galeotto mancato, certo, ma con un suo codice d’onore.”

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