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Da Maradona a Sarri, a Napoli vincere lo scudetto non è più arrangiarsi

Il 30 ottobre cade il compleanno del Pibe de Oro, icona dei successi partenopei. Oggi gli azzurri hanno un altro Maradona, è il tecnico in panchina e ha trasformato il ‘possiamo farcela?’ in ‘possiamo farlo’ esaltando il talento attraverso il metodo e il lavoro.
A cura di Jvan Sica
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Ogni anno, il 30 ottobre, c'è l'usanza per i napoletani di festeggiare Maradona. Deve aiutarci la "Livella" del Principe Antonio de Curtis – in arte Toto' – per capire cosa significa il giorno del compleanno (57 candeline) della persona che è riuscita a dare alcuni dei ricordi più dolci ai partenopei. Sono passati ormai 33 anni dal giorno in cui Maradona salì le scale del San Paolo e apparse a una folla che si era accalcata all'interno dello stadio (erano più di 80mila) solo per vedere un uomo e ascoltare da lui una frase di ringraziamento.

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Io sono il Pibe de Oro

Quel giorno si accese una speranza che Maradona riuscì a far diventare progetto, sogno, realtà, portando a Napoli due scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e una Coppa Uefa, oltre al riconoscimento internazionale che ancora oggi vive di quegli anni fantastici. Sono stati sette anni di cui ricordare ogni singola partita, ogni singolo momento regalato da un calciatore che non potrà avere emuli per genio calcistico abbinato a un contesto, il campionato italiano ricchissimo di campioni come non sarà mai più, e a una situazione impossibile da replicare, una squadra ‘buona' che diventa la squadra del giocatore più forte al mondo nel suo migliore momento di carriera. I napoletani anche quest'anno non dimenticano la ricorrenza e sanno ricordare i loro momenti più belli di quei sette anni, passando alle generazioni che non hanno visto quello che di meraviglioso e stupefacente quel numero 10 sapeva fare.

Nostalgia canaglia

Eppure quest'anno è la prima vera volta che sarà un 30 ottobre diverso, velato da una nostalgia più dolce, che fa meno male, che crea anche meno imbarazzo.  Quelle meraviglie ricordate e sempre vive oggi finalmente hanno un seguito. Chi vive oggi non deve per forza di cosa rivolgersi al passato per immaginare la felicità di essere i numeri uno, sente quella sensazione ancora una volta sotto pelle, la stessa sensazione di 30 anni fa. Girando per la città il racconto degli anni maradoniani si sofferma ovviamente sulle domeniche allo stadio o attaccati alla radiolina, per guardare o soltanto immaginare quello che un artista argentino stava creando.

Dopo 30 anni si può sognare ancora

Ma buona parte del discorso, dalla domenica poi si sposta al lunedì, il giorno in cui grazie a quel calciatore e alle sue magie ti potevi sentire per la prima volta in cima alla classifica e al di sopra delle squadre e delle città che ti hanno sempre guardato dall'alto in basso. Le stesse sensazioni dei lunedì di grazia e vertigine si hanno adesso, perché quando un Mertens a Genova segna una punizione alla Diego e poi fa una gol in cui riesce in uno stop e tiro quasi senza senso, allora quell'idea di essere di nuovo i primi ti ritorna in mente e ti addolcisce la giornata, la settimana e forse, volendo esagerare ma non troppo, la vita.

Emozioni forti

La cosa da sottolineare con una matita rosso fuoco è che la stessa sensazione di vittoria e di soddisfazione piena viene da due uomini che non hanno nulla in comune e che creano questa sensazione partendo da due assunti completamente differenti. Maradona era il talento puro, il genio della natura, capace di creare un corpo fatto per completarsi con un pallone fra i piedi. Maradona adora la palla perché la palla ridà a Maradona il senso di completezza sempre cercato. Maradona è talento, inventiva e competenza massima, sviluppatasi in ore e ore e ore di palla fra i piedi a Villa Fiorito e con le Cebollitas dell'Argentinos Junior.

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Sarri, elogio dell'organizzazione

L'altro uomo, che muove i vari Mertens, Insigne, Callejon, Jorginho e così via è invece un allenatore, Maurizio Sarri, maniacale nel suo non lasciare niente al caso, che ha saputo creare bellezza non partendo da un talento naturale immaginifico, ma dall'esercitazione costante e sempre perfettibile di piccoli movimenti sul campo, che su una grande tela diventano ricami di grande ingegno.

Maradona e Sarri

Sono due rette che non potranno mai incontrarsi, eppure tendono entrambe allo stesso traguardo, la bellezza attraverso il pensiero fulmineo, derivato dal talento naturale Diego, costruito attraverso il lavoro continuo Sarri. Per entrambi non è mai troppo veloce un pensiero, mai troppo innovativo un passaggio, mai troppo corretto un movimento, perché se da una parte la natura del talento, dopo aver creato bellezza, ti apre ad una dimensione sempre nuova, con Sarri la costruzione della perfezione non ha mai davvero fine.

L'anti-napoletano

E se Maradona era perfetto per Napoli, Sarri è per il giudizio comune l'anti-napoletano, perché lascia completamente da parte l'arte di arrangiarsi, per decodificare ogni frammento di una partita, ogni attimo di un percorso. E allora se Maradona era l'apoteosi di una Napoli classica, quella del "possiamo farcela?", che ha dentro tanto di sogno e speranza ma anche un orizzonte sempre lontano, vuoi vedere che Sarri è l'uomo della nuova Napoli, quella del "possiamo farlo", che invece dentro ha metodo e creazione attraverso il lavoro continuo?

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