Da Hidegkuti a Messi, quando il 9 diventa ‘falso’. Ma può fare lo stesso tanti gol
Liberi, stopper, mezze ali, tornanti, centro mediani metodisti e 4-4-2, così come di ritmi blandi, compassati e ragionati fanno parte di un passato calcistico virato seppia. Negli ultimi anni, infatti, tutte queste figure sono definitivamente scomparse lasciando il posto, nel calcio dal moderno dinamismo, a tipologie di football tutte incentrate su ruoli nuovi e inedite combinazioni numeriche nei moduli usati dai top club europei (4-1-4-1 per il Manchester City oppure l’ormai consolidato 4-2-3-1). In più, la trovata ‘millennials' sembra essere il famigerato “falso nueve” che per scelta (è il caso delle varianti adottata dalla Germania con Gozte oppure dal Barça con Messi) o per necessità tecnica (è successo al Napoli di Sarri costretto a rinunciare a Milik) è il nuovo ‘mantra' del calcio internazionale. Ma sarà davvero un'invenzione così recente?
Le origini del “9” mascherato
Il “falso nueve”, ovvero quell’accorgimento che prevede l’utilizzo, in luogo della classica punta centrale, di un centrocampista che rappresenta il terminale offensivo della squadra e che fa perdere punti di riferimento ai centrali avversari, sembra non avere origini così moderne. Gli Annali del calcio, infatti, raccontano (fra le varie versioni) che, a “inventare” questa nuova soluzione, fu il ct dell’Ungheria Gustav Sebes negli Anni ’50. Proprio nella terra magiara tale Nándor Hidegkuti, interno destro di nascita, fu impiegato, per la prima volta, da punta proprio da Sebes. La leggenda narra che durante le Olimpiadi del 1952, l’allenatore inserì Hidegkuti e l’impostò nel nuovo ruolo, creando un sistema di gioco che gli consentì, grazie alle incursioni da dietro di Kocsis e Puskas, di vincere i giochi olimpici del 1952 ed arrivare in finale ai successivi Mondiali del 1954 (persi contro la Germania dell’Ovest).
La prima Roma di Spalletti
Un po’ per cultura personale ma soprattutto per esaltare i calciatori in rosa, il primo Spalletti (2005-2009) della Roma ebbe la straordinaria intuizione di rispolverare questo “antico” trucco collocando Francesco Totti (82 reti per lui sotto la guida del toscano) davanti a tutti nel suo 4-2-3-1 con, alle spalle, un trio di esterni dall’inserimento facile composto da Amantino Mancini (44 reti), Simone Perrotta (33 reti) e Rodrigo Taddei (24 reti). “Avvicinare Totti all’area, è stato come mettere la volpe più vicino al pollaio, – ebbe a dire l’allenatore di Certaldo – io ho privilegiato l’equilibrio di squadra: lì era più libero di fare quel che voleva, senza compiti di copertura”. I risultati furono ottimi purtroppo per i giallorossi però c’era l’Inter di mezzo e non arrivarono tante vittorie quanto il bel gioco capitolino avrebbe meritato, ma la lezione di calcio fu magistrale e fece proseliti un po’ ovunque.
Messi al centro: il “Nueve mentiroso” di Guardiola
La fortuna del Barcellona così come quella del suo condottiero Guardiola si è materializzata non solo grazie alla grande qualità della squadra, equamente distribuita fra i reparti, ma anche, se non soprattutto, per merito del “Nueve mentiroso” (del nove bugiardo, Messi). L’idea era quella di evitare la marcatura fissa del centrale e far partecipare tutti all’infernale giro palla definito tiki taka. Così, l’allenatore catalano seguendo quella che fu un’iniziale intuizione del suo predecessore Rijkaard che schierò l’argentino per la prima volta da attaccante centrale contro l’Athletic Bilbao, decise di proseguire su questa linea dando il via a un’era ineguagliata di successi per il Barca che, con il suo gioco spettacolare, il suo avvolgente possesso palla e le sue improvvise verticalizzazioni, ha vinto 14 titoli nei 4 anni sotto la sua guida.
Le Furie Rosse di Del Bosque
La patria del “nuovo” numero 9 è stata, senza mezzi termini, la Spagna che, oltre a darle un nome ed una definizione precisa, ha avuto anche una nazionale in grado di elevarne al massimo il paradigma. Prendendo spunto dal blocco vincente del Barcellona, con in più gli ottimi talenti del Madrid, Vicente Del Bosque nell’Europeo del 2012 vinse il trofeo continentale non avvalendosi quasi mai della sua punta centrale Torres ma facendo ruotare, in quella posizione, a turno, Silva, Iniesta e Fabregas. Un coacervo di tecnica, classe e fitte trame offensive che, ahinoi, schiantarono in finale la nostra Italia 4-0 portando il concetto di “falso nueve” nel nirvana del calcio.
Il “falso nueve” oggi
Lungi dallo scomparire, questa diversa versione di intendere il calcio molto particolare, molto tecnica e imprevedibile continua a vedersi in alcuni allenatori che hanno in rosa talenti di grande qualità e estro. Guardiola a parte però, negli ultimi tempi altri top club stanno cercando di sorprendere gli avversari con questa formula. L’Arsenal di Wenger così come l’Atletico Madrid di Simeone per citarne alcuni esempi, infatti, stanno proponendo nei loro attacchi come “punta” dei numeri 10 da sogno come il cileno Sanchez o il francese Griezmann. Insomma, che questo non sia il calcio dei nostri nonni o dei nostri padri è certo però, nel football così come nella vita, nulla s’inventa per davvero tant’è che, a distanza di 60 anni, la sagacia tattica di Gustav Sebes è tornata prepotentemente di moda e forse aveva ragione Angel Cappa quando diceva: “Il futuro del calcio sta nel passato!”.