Da Balotelli a Storari, costretti alla cessione anche per divergenze coi tifosi
Un destino assurdo quello che a volte caratterizza il cammino di alcuni calciatori durante il campionato. Spesso un’incomprensione, una parola di troppo, o un comportamento scorretto, possono portare ad una frattura fra calciatore e tifosi. Questi ultimi, spesso, possono anche essere capaci di portare il calciatore alla cessione o la società a chiedere a quest’ultimo di trovare un’altra sistemazione per evitare ulteriori problemi. Vediamo alcuni episodi di questo tipo accaduti in Serie A.
Prima i fogli di protesta, poi la panchina. Storari costretto a lasciare?
“Mai più in campo con la fascia di capitano”. Questo il contenuto del foglietto distribuito da un gruppo di tifosi del Cagliari in occasione di una gara di campionato in cui il portiere era squalificato. Il motivo? Secondo tutti si tratterebbe di soldi, di quelli che Marco Storari avrebbe chiesto in più alla fine della stagione 2007/2008, per ritoccare l'ingaggio, 10 mila euro per la precisione, e che Massimo Cellino non solo non gli aveva accordato, ma che provocarono la sua mancata conferma. Il titolo di “mercenario” se l'è conquistato con la versione di parte della società cagliaritana, per quella trattativa non andata in porto. Una storia che quindi va a braccetto con il valore simbolico della fascia di capitano che non può indossare chiunque. Per gli Sconvolts, Storari si è accaparrato senza essersela “guadagnata nel tempo con sangue e sudore”. Ad oggi Storari, anche per questo motivo (sembra ci siano problemi con Rastelli) sembra essere destinato a fare il secondo di Donnarumma al Milan.
Livaja cacciato dopo una lite con i tifosi sui social
Si ricorderanno tutti, in casa Atalanta, del caos creato fra società e tifosi per colpa del carattere fumantino di Marko Livaja. Il giovane talento croato di scuola Inter, fu infatti protagonista di un acceso diverbio con parte della tifoseria. Un banale litigio che sui social si è trasformato in un caso da matita rossa, infatti gli animi non si sedarono e ne scaturì una serie di insulti tra lo stesso Livaja e i tifosi atalantini sul palcoscenico mai scontato della rete. Parole pesanti che non hanno lasciato indifferente l’Atalanta che ha provveduto a multare Livaja. Oltre alla multa è arrivato però anche il duro provvedimento nerazzurro: Livaja non vestì infatti mai più la maglia della Dea. Pare infatti che, dopo le accuse sulla rete, i tifosi si fossero già organizzati per dare il “bentornato” alla punta alla ripresa degli allenamenti. A nulla servirono le scuse del croato che tenne a precisare che: “avevano insultato me e mia madre“.
La rottura fra Balotelli e il pubblico neroazzurro dopo il Barca
Siamo nella grande notte di festa dell'Inter che nell’andata della semifinale di Champions del 2010 strapazzò il Barcellona 3-1 a Milano. La notte che però mise la parola fine al rapporto tra Mario Balotelli e la società nerazzurra. Mourinho mandò in campo l’attaccante a metà del secondo tempo al posto di uno sfiancato Milito alle prese con i crampi. Era una fase cruciale della partita: uscì un giocatore sfinito per la fatica ed entrò Balotelli che già dall'espressione dimostrava di non aver voglia di giocare. Errori, palloni buttati via, palloni non controllati, passaggi sbagliati. Arrivarono i primi fischi, i primi segni d'insofferenza dalle tribune. La rabbia esplose quando Balotelli invece di giocare con calma una palla, perse tempo e fa respirare la squadra, tentò un tiro impossibile da 40 metri. Lo sommersero di fischi e lui mandò platealmente a quel paese tutto lo stadio. Al fischio finale la clamorosa rottura: Balotelli si sfilò la maglia, la gettò a terra e uscendo dal campo insultò il pubblico. Rottura totale fra il calciatore e i tifosi che costrinse, anche per questo motivo, la società a cedere lo stesso Super Mario.
Icardi e il complicato rapporto con la tifoseria interista
“Quanti sono? Cinquanta, cento, duecento? Va bene, registra il mio messaggio, e faglielo sentire: porto cento criminali dall’Argentina che li ammazzano lì sul posto, poi vediamo”. Questo lo stralcio tratto dall’autobiografia di Mauro Icardi che ha fatto infuriare i tifosi dell’Inter. Il tutto nacque per una maglia regalata a Sassuolo, la stagione scorsa, da Icardi, ad un bambino, strappatagli poi di mano da un ultras e lanciata di nuovo all’argentino in segno di protesta. Ma dopo quella frase, letta sul libro, la risposta della curva è stata perentoria. Icardi, con loro, ha chiuso. Inutile il tentativo di Maurito via twitter e social vari, di recuperare la situazione. Fu dura la contestazione al Meazza, contro il Cagliari, con numerosi striscioni offensivi nei confronti del capitano, un esempio: "Usi un bambino per giustificarti e tiraci fango in faccia, non sei uomo… non sei capitano… sei solo una vile merdaccia". Durante il match poi l'epilogo più triste. Il rigore concesso ai nerazzurri, battuto proprio da Icardi, coperto dai fischi dalla curva. Il penalty viene fallito, la curva esultò all'errore. Sotto casa di Icardi a Milano fu poi stato esposto uno striscione eloquente in serata: "Noi ci siamo, quando arrivano i tuoi amici argentini ci avvisi o la fai da infame?" La società però non ha mai pensato alla cessione di Icardi, né gli ha tolto la fascia da capitano, solo una multa.