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Cristiano Ronaldo rinnova con il Real Madrid

Incredibili le cifre del nuovo accordo e della clausola rescissoria. CR7 guadagnerà più di Messi.
A cura di Maurizio De Santis
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Cristiano Ronaldo rinnova il contratto con il Real Madrid. L'annuncio ufficiale alla 13.45, dal Palco d'onore dello stadio Bernabeu: una ‘presentazione' in pompa magna con il giocatore portoghese e il presidente Florentino Perez principali attori della scena. La stampa spagnola ha già rilanciato la notizia, fornendo anche dettagli sull'operazione faraonica: prolungamento fino al 2018, stipendio da 17-20 milioni di euro a stagione, comprensivo dei diritti d'immagine che verranno ripartiti tra società calciatore. Incredibile, mostruosa la clausola rescissoria che vincola a vita il portoghese alle ‘merengues': chi vorrà sottrarlo agli spagnoli prima della scadenza naturale del contratto dovrà pagare 1 miliardo di euro… E il fair-play finanziario professato da Platini? Parole, un guscio vuoto. Già seppellito assieme alle buone intenzioni dallo stesso presidente dell'Uefa che, in un'intervista a l'Equipe, così commenta le cifre del trasferimento di Bale al Real. "Non mi crea problemi se un club spende 100 milioni di euro per un giocatore, l'importante è che possa pagare. Se il Real Madrid avesse comprato 3 giocatori per 30 milioni di euro non avremmo detto nulla".

Duecento gol. "Vorrei segnare altri 200 gol in più nelle prossime quattro e cinque stagioni al Real – ha ammmesso il portoghese dopo la firma -. Non è questa la cosa più importante ma ci proverò. Lasciare il Real Madrid non è mai stato qualcosa cui ho pensato. Volevo rimanere in questo club, che credo sia il migliore al mondo. Se lasci il Real Madrid non c'è altro posto migliore dove andare, perché sei già al top".

 

Duecento milioni. E' più o meno quanto il Real Madrid ha speso finora (calcolando Gareth Bale, Ancelotti, l'arrivo di Illarramendi e Isco per 30 milioni, oltre gli ‘spiccioli'  – 6 milioni – investiti per Carvajal e Casemiro e alla cessione di Ozil all'Arsenal) ma le attenzioni dell'Uefa si spostano altrove… nonostante l'indebitamento dei club iberici e la fase di profonda recessione che ha colpito il Paese. Una fiume di denaro che se da un lato ha lasciato ‘insensibile' (per adesso) la Uefa e il suo fair play finanziario, dall'altro ha acceso i riflettori sia sulla ricchezza patrimoniale e sia sui benefici fiscali che hanno fatto anzitutto del Real Madrid una super potenza economica nell'industria del calcio.

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Brand e pallone, business incredibile. Secondo la rivista Forbes i ‘blancos' sono in cima alla classifica del franchise sportivo più prezioso, con cifre da capogiro che arrivano a toccare un valore di mercato pari a 3,3 miliardi di dollari. Alle loro spalle ci sono il Manchester United (3,17 miliardi di dollari) e i rivali di sempre del Barcellona (2,6 miliardi di dollari). Basterebbero questi numeri a giustificare operazioni di calciomercato da mille e una notte, (quasi) alla pari della capacità finanziaria degli sceicchi e dei magnati russi che hanno invaso il mercato delle squadre di club. Il rapporto di Deloitte & Touche (come si evince dalla scheda compilata da una delle più grandi Agenzie internazionali di revisori dei conti) arriva a ulteriore conferma: le ‘merengues' hanno un fatturato di 512 milioni di euro, a fronte dei 483 dei catalani, cui non bastano la popolarità di Messi e Neymar per scalfire il dominio dei madrileni.

Indagine dell'antitrust. La fiscalità di vantaggio è manna che cade dal cielo per le società spagnole, in particolare per Real Madrid e Barcellona che pagano allo Stato in percentuale meno tasse rispetto ad altre aziende: il 25 per cento appannaggio dei due club rispetto alla soglia del 35 per cento. Nell'aprile scorso l'Antitrust europea ha acceso i riflettori su quest'anomalia ‘perfettamente' legale. Real Madrid e Barcellona (accanto a loro ci sono anche Athletic Bilbao e Osasuna, anche se con un giro d'affari notevolmente inferiore) sono società sportive senza scopo di lucro, di proprietà dei loro soci. Uno status che consente numerose altre esenzioni che diversamente graverebbero sia sulle imposte societarie, sia sul patrimonio.

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