Crisi Milan, Gattuso ha la ricetta del rilancio: “Galliani ne capisce più di Berlusconi”

"Ringhio" Gattuso non ha peli sulla lingua perché mai ne h avuti, sia quando era in campo con la maglia del Milan o della Nazionale, sia quando rilasciava dichiarazioni pre e post gara. Duro e puro, forse un po' grezzo sia nella pedata che nella parlata ma di certo molto più genuino e sincero di molti campioni ‘precostituiti' e accomodanti con dichiarazioni perfette per rimanere nel politically correct. Non lui, arcigno mediano vecchia scuola, di una sola parola e di un solo credo e che che – malgrado le ultime vicende non proprio esaltanti come allenatore – è rimasto legatissimo alla realtà Milan per la quale soffre ogni giorno vedendola versare in condizioni quasi disperate. Così anche Gattuso torna a commentare quanto sta accadendo sul pianeta rossonero e lo fa senza fare sconti a nessuno. Pochi riferimenti al campo, dove c'è l'amico e collega SuperPippo ma qualche sassolino, "Ringhio" lo scaraventa verso la gestione societaria. Il binomio tra Adriano Galliani, a.d. per l'area sportiva, e Barbara Berlusconi, a.d. per l'area commerciale, non piace proprio a Gattuso: "Io al Milan sono stato abituato che c'era sempre una testa che comandava. E in un’azienda ci vuole sempre una testa che comanda."
Per uno come lui che ha vinto tutto nel Milan nell'ultimo ventennio ovviamente c'è un doppio filo rosso che lo lega allo storico amministratore delegato con cui si è confrontato sempre e solo, per qualsiasi motivo. Ed è proprio Galliani il punto di riferimento che la società – secondo Gattuso – dovrebbe riprendere ad avere senza disperdere forze e gestioni altrove: "Io son stato abituato che c'era sempre una testa che comandava. E in un'azienda ci vuole sempre una testa che comanda. Di calcio? Secondo me, di calcio, ne capisce più Galliani di Berlusconi".
Parole che potrebbero suonare anche come un vera e propria accusa alla figlia del principale, che in tempi non molto passati è entrata in collisione con Galliani accentuando un periodo di transizione – non solo generazionale – che sta attraversando il club. E non solo perché la crisi strutturale è anche di tutto in calcio che non h saputo rinnovarsi nel dopo Abete: "Figc adatta? Con Albertini si poteva cambiare, abbiamo perso una grande occasione. C’è stata la possibilità di cambiare, con gente nuova, fresca. Non è andata così, abbiamo perso una grande occasione secondo me. La crisi del Parma? No, non sono scandalizzato, perché il problema Parma non viene fuori in questi giorni. Chi doveva controllare dov’è stato tutto questo tempo? Quando hanno messo sotto contratto 250 giocatori, chi doveva controllare dov'era? E perché non l’hanno fatto?".