Coppa Italia, format che piace alle big e a Mamma Rai

Non bastava un campionato spesso rovinato da polemiche arbitrali e discussioni accese. Adesso anche la tanto bistrattata Coppa Italia, è diventata l'arena perfetta per alzare i toni della voce e farsi mediatamente sentire. Sono bastate infatti alcune decisioni arbitrali molto dubbie, per scatenare il vespaio di polemiche e puntare il dito contro gli arbitri e contro il sistema. La prima bordata l'ha lanciata Maurizio Sarri, tecnico dell'Empoli: "Il rigore? Tutto lo stadio ha visto l'episodio. Garcia ha dichiarato che ci poteva stare? Ha un'opinione diversa dai suoi giocatori, perché due di loro mi hanno detto che il fallo non c'era". Una dichiarazione al vetriolo che ha preceduto di poche ore quella di Stefano Colantuono, uscito infuriato dal "Franchi" di Firenze: "Non mi voglio soffermare sull'episodio del rigore, credo sia stato abbastanza chiaro. Gomez ha ammesso che non c'era. L'arbitro? Viene da pensare male, ma non voglio farlo". I due allenatori, nei rispettivi post gara, hanno poi posto l'accento su un'altra questione, forse più spinosa: la formula della Coppa Italia.
Il "format" del nostro torneo, rispetto a quello di altri paesi, è certamente anomalo e prevede che le squadre di Serie A entrino in gioco dal terzo turno eliminatorio (le 12 senza coppe europee) e, addirittura, dagli ottavi di finale (le 8 teste di serie). Un sistema che, ovviamente, penalizza le squadre più deboli e "indirizza" il torneo in una direzione ben precisa.
Gli interessi di Mamma Rai – A tifare per quarti, semifinali e finale di un certo livello c'è, prima di tutti, la nostra televisione di stato. Pare evidente che un Roma-Lazio o un Fiorentina-Napoli generino più ascolto di un eventuale Sampdoria-Ancona (finale dell'aprile 1994) o di un Napoli-Vicenza (finale del maggio 1997). L'interesse di tutto il movimento, trainato dall'emittenti televisive, è ovviamente quello di portare più visibilità ad una competizione da molti snobbata. Il tutto, però, a discapito di chi non gode di un bacino d'utenza televisivo così vasto.
Per quale motivo i "top club" italiani non possono entrare in competizione sin da subito, come accade ad esempio in Inghilterra? La domanda, probabilmente, se la sono fatta in molti. Allenatori compresi. Maurizio Sarri, nella "pancia" dell'Olimpico è andato giù duro definendo la Tim Cup: "Un torneo poco sportivo, dove certe squadre entrano al quinto o sesto turno. A me questa competizione non interessa, non mi piace!". Stefano Colantuono lo ha seguito, entrando in "tackle" da Firenze: "Questa formula non ha senso di esistere, sono sempre le solite che arrivano in fondo…salvo rare eccezioni". Ottavi e quarti in gennaio, semifinali in marzo e aprile, finale addirittura in giugno. Un torneo frammentato, incastrato in malo modo in un calendario fittissimo di impegni. Come fare, quindi, per renderlo almeno più equilibrato e "credibile" agli occhi di tutti gli appassionati? L'allenatore dell'Atalanta, lancia un'idea molto semplice: "Si potrebbero studiare criteri diversi, magari basterebbe invertire il campo e far giocare in casa la squadra peggio classificata". Un consiglio che Carlo Tavecchio dovrebbe tenere in considerazione per il futuro della nostra coppa nazionale.