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Convocazioni sbagliate, l’Italia è a pezzi? Intanto Prandelli rifiuta il turn-over

Alle soglie del match contro l’Armenia, l’Italia si ritrova quasi con i giocatori contati. Mentre altri, altrettanto e forse più meritevoli, se ne staranno a casa a guardare le partite in tv. Perchè in Nazionale è vietato gestire il gruppo come in un club, con turn-over e gestione delle risorse a propria disposizione. Paura o semplice incapacità di scegliere il meglio?
A cura di Alessio Pediglieri
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Partiamo da un presupposto chiaro: la Nazionale dovrebbe essere gestita come un classico club. Con un bacino di giocatori ovviamente molto più allargato che attinge tra le rose di 20 società. E come l'allenatore di una squadra classica in vista della propria partita decide di mettere in campo chi ritiene più in forma al momento o maggiormente portato a dare il meglio in una determinata situazione, così dovrebbe operare anche il Commissario Tecnico della Nazionale.
Certo, l'obiettivo non deve essere dimenticato e nemmeno un'idea di massima della formazione ‘tipo' che si ha in testa. Ma perchè in un club si accetta senza che nessuno si debba lamentare il tanto paventato turn-over mentre per l'Italia c'è un veto non scritto per cui devono giocare sempre e solo gli stessi anche a distanza di due anni dall'obiettivo da raggiungere? Soprattutto davanti a gare non impossibili, come contro l'Armenia.

La Nazionale, un club con una rosa di oltre 200 giocatori – Se un giocatore  non è in forma, se ne va in tribuna; se uno è infortunato resta in infermeria a recuperare; se un altro si ritrova un compagno di reparto che si sta dimostrando migliore, si accomoda in panchina. E' un andamento naturale, semplice e soprattutto razionale della gestione di una rosa in prossimità di un incontro. Anche lo stesso match che si deve affrontare è elemento di ragionamento e studio da parte dello staff tecnico del club: anche in base alla competizione o all'avversario si decide di far riposare quel giocatore o quell'altro sfruttando le ‘seconde linee', in vista di preservare forze e qualità nei momenti che più contano.
La serie A, ma non solo, tutto il calcio internazionale fa da sempre così: ecco il Napoli di Europa League che affronta la trasferta di Stoccolma con le riserve, Stramaccioni che lascia a casa i ‘big' in vista del derby, la Juventus che dosa gli attaccanti alla ricerca di un mix ogni volta sempre diverso e vincente. E poi ancora il Real di Mourinho che cambia pelle tra Liga e Champions o il PSG a ridosso del match-clou di Ligue1 contro la capolista Ol. Marsiglia.

Turn-over bandito dai colori azzurri – E l'Italia? Assolutamente no. Sembra che solamente poter pensare ad una Nazionale con il turn-over si compia il reato di lesa Maestà. A chi, non è dato sapere. Cesare Prandelli se ne vede bene di andare contro a questa ‘tradizione' che vuole un gruppo sempre molto ristretto di appartenenti alla casta dei convocati azzurri, anche se ci sono infortunati, ammalati, giocatori fuori forma o ‘distratti'. Giammai si pensa in modo più pragmatico, di volta in volta, in base alle esigenze e alle necessità.
C'è da affrontare Armenia e Danimarca dopo il pareggio e la vittoria striminzita nelle prime due partite? Bene: malgrado si abbia chiaramente quale sia il gruppo base che arriverà a Brasile 2014, per arrivare ai Mondiali però utilizzo tutto ciò che di meglio il panorama del calcio di Serie A mi mette a disposizione. In pratica, convoco i migliori che al momento mi possono far vincere le gare.

Schiavi delle proprie paure – E invece? No. Assolutamente. Si resta fedeli e schiavi delle proprie idee. Così ci si ritrova poi ad avere giocatori che avrebbero dovuto restare a casa propria come Mario Balotelli, influenzato della prima ora ma che  – testualmente – è stato convocato perchè il CT Prandelli ha "chiuso gli occhi e ho capito che Mario può essere sempre decisivo". Quasi una illuminazione sulla via per Rio, fulminata da uno stato febbrile del giocatore di cui tutti erano già da tempo a conoscenza.
O ci si ritrova a dover allenare otto giocatori  della stessa squadra in modo differente, perchè stanchi e coinvolti in un momento del proprio club particolarmente importante alla vigilia della sfida scudetto Juventus-Napoli e di una qualificazione Champions da non perdere. Con conseguente lamentela altrui (De Laurentiis che telefona ad Abete…) Tra questi, ci s ritrova voler convocare anche lo stanchissimo Andrea Pirlo, uno che non tira mai il piede indietro e proprio per questo si meriterebbe una ‘non' convocazione come premio. Tanto lui in Brasile ci sarà, ma oggi in queste condizioni di fatica e appannamento non sembra in grado di fare la differenza.
E ci si ritrova anche a dover gestire situazioni ingombranti e fastidiose come le posizioni di Osvaldo e De Rossi, i due giallorossi finiti sotto gli strali di Zeman per scarso impegno e che non stanno attraversando un momento psicofisico da giustificare la convocazione ad ogni mezzo.

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Cassano e Totti: Armenia e Danimarca era cosa loro – Prandelli non ha avuto il coraggio di fare scelte diverse, magari impopolari, probabilmente che avrebbero aperto il fianco alle polemiche ma che gli avrebbero garantito di avere adesso un gruppo quanto meno sano e non a pezzi. E non si venga a dire che giocatori in forma che potevano tornare utili in questo uno-due di qualificazione non ce ne fossero in giro per la serie A. Proviamo a fare i nomi? Antonio Cassano, Marco Borriello, Francesco Totti.
Tre giocatori che stanno dimostrando di passare un momento particolarmente positivo con l'interista mai così prolifico nè decisivo per la propria squadra come in questo momento e tenuto fuori per oscuri motivi noti solo a Prandelli; il genoano ritornato a livelli interessanti sui ritmi che proprio in rossoblu lo consacrarono in Serie A; il giallorosso è rinato con la cura Zeman tanto da ritrovare stimoli, continuità e forma che, nel recente passato della gestione Luis Enrique, sembravano essere diventati uno sbiadito ricordo.

Semplici provocazioni? Forse, ma crediamo che davanti alle ultime convocazioni di Prandelli ci sarebbe stato posto per loro senza che per questo vi dovessero essere promesse o garanzie verso Brasile 2014. Totti, Cassano, Borriello, ma anche Insigne, Calaiò, Paci, Pinzi, Canini, Terlizzi. Nomi forse meno altisonanti, meno conosciuti e popolari ma comunque giocatori che, per rendimento e sostanza, al momento si offrono come ciò che di meglio c'è sulla piazza.
Non tutti insieme, certo, ma nemmeno tutti davanti alla tv a sentir parlare di un'Italia che perde i pezzi. Come era prevedibile dal giorno delle convocazioni.

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