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Contestazioni e polemiche, il calcio italiano continua ad essere malato

Dopo le delusioni del turno infrasettimanale di coppa, a Roma e Milano la tensione tra i tifosi è salita in modo preoccupante. Da San Siro al Sant’Elia, ecco la mappa degli stadi dove la contestazione si è fatta più intensa.
A cura di Alberto Pucci
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Ha perso ma, in realtà, è come se avesse vinto…e anche alla grande. Il post partita di Jurgen Klopp, dopo che la Juventus gli era passata sopra con tutta la sua forza, è stato un flebile soffio di vento caldo primaverile in una serata da battere i denti. I suoi complimenti sentiti ai vincitori, il suo modo orgoglioso di reagire ad una sconfitta tremenda, il saluto (ricambiato) ai suoi tifosi e l'uscita dallo stadio a piedi e senza nessun tipo di scorta (immagine che ha già fatto il giro del mondo), hanno aperto un squarcio di speranza in un mondo che continua a vivere imprigionato nei propri isterismi, nelle polemiche più dure e nelle contestazioni feroci di molte tifoserie. Sarebbe bello poter dire che è un male comune ma, purtroppo, non è così. Non è così perché, rispetto a ciò che succede in tutta Europa, dalle nostre parti il livello di guardia di tali esasperazioni è stato superato e anche da un bel pezzo. L'istantanea di Klopp che esce solo dal "Westfalenstadion", dopo l'eliminazione dalla Champions League, stride violentemente con ciò che si è letto, sentito e visto nella serata dell'Olimpico di Roma: stadio che era già stato "protagonista" nello scorso maggio, quando gli ultrà del Napoli chiamarono a rapporto Hamsik, prima dell'inizio della finale di Coppa Italia e in seguito al tragico omicidio di Ciro Esposito.

Dalla Nord alla Sud – A quasi dodici mesi di distanza, questa volta a curve invertite, l'Olimpico è tornato ad essere lo scenario di violente contestazioni. La squadra di Rudi Garcia, imprigionata in una clamorosa crisi, era attesa al varco dai propri tifosi dopo i fischi (più che giusti) arrivati durante la sconfitta contro la Sampdoria. Sono bastati 21 minuti e tre gol viola per mandare all'aria tutti i buoni propositi e far passare al piano "B" una curva intera che, già prima del match, aveva eloquentemente fatto capire da che parte stava grazie allo striscione: "Garcia non si tocca, a chi non sta bene calci in bocca!". Sul 3 a 0 per la Fiorentina, il settore del tifo giallorosso si è svuotato rapidamente. Tutti fuori salvo poi rientrare al triplice fischio finale, per convocare parte della rosa romanista sotto la curva. Attimi di tensione che, qualche minuto prima, si erano vissuti anche in tribuna d'onore durante un vivace battibecco tra Nainggolan e alcuni sostenitori della Lupa. Probabilmente gli stessi di Trigoria: protagonisti del pacifico, quanto surreale, confronto con Walter Sabatini nel quale hanno chiesto più giocatori con attributi e meno propaganda per lo stadio nuovo.

Milano non sta a guardare – Se a Roma il clima rimane esplosivo (e fino a qualche mese fa, erano i tifosi della Lazio a protestare vivacemente contro il nemico Lotito), a Milano la situazione è sempre più critica. Con l'Inter buttata fuori dall'Europa League e lontana in campionato da una posizione di classifica decente e il Milan in crisi nera già da un pezzo, la tifoseria rossonerazzurra pare allineata a quella romana e pronta a contestare. I fischi a San Siro, ormai, sono di casa e non fanno neanche più effetto. Probabile che la contestazione diventi più dura, già dai prossimi impegni casalinghi di Inzaghi e Mancini. Alla vigilia della sfida contro il Cagliari, la Curva Sud rossonera ha pubblicato una lettera aperta e rivolta principalmente a Silvio Berlusconi. Una missiva dai toni decisi, nella quale si chiede conto al presidente delle sue intenzioni future (domanda, secondo chi scrive, più che legittima) e si invitano tutti i tifosi a disertare San Siro per protesta contro la politica societaria e una squadra che pare non abbia più voglia di lottare. La Curva Nord interista, invece, attende la prossima partita casalinga con il Parma (ammesso che si giochi) per esprimere tutta la sua rabbia nei confronti dei giocatori. Cosa, peraltro, già messa in mostra nel finale della sfida di Reggio Emilia persa contro il Sassuolo. Per rimediare al brutto episodio e ricucire lo strappo con la Curva, Icardi fu "costretto" ad incontrare i capi tifoseria nel garage del Meazza qualche domenica dopo, per firmare una tregua che Cesena prima e Wolfsburg poi hanno già fatto cadere.

Tutto il mondo è paese – Roma, Milano, ma anche Napoli e Cagliari. Nelle ultime settimane il clima irrespirabile è arrivato anche a Fuorigrotta e dentro il Sant'Elia. Tra i tifosi azzurri e Rafa Benitez c'è un rapporto complicato che, spesso, è sfociato in polemiche e discussioni. Dopo la sconfitta di Verona, furono in molti a puntare il dito contro il tecnico spagnolo e contro il presidente Aurelio De Laurentiis. Stessa sorte toccata a Zola e Giulini, in quel di Cagliari. Il coro "Noi vogliamo un vero presidente" della curva rossoblu, è ormai un "evergreen" durante le partite dei sardi. Tifosi probabilmente irriconoscenti, smemorati e, soprattutto, ignari della fine che il club avrebbe potuto fare se ci fosse stato ancora in carica il vecchio presidente. Da qualunque parte lo si prenda, il nostro calcio continua ad essere malato, mal gestito e succube di troppe tensioni generate da chi sta in campo (perché gli stessi giocatori non sono esenti da colpe) e da chi sta fuori: dirigenti e presidenti compresi che, nelle riunioni di Lega in via Rosellini a Milano, spesso si comportano peggio dei propri tifosi. Lo spartiacque del nostro calcio, il momento in cui davvero abbiamo capito che l'esagerazione andava ormai a braccetto con gol e giocate spettacolari, porta la data del 22 aprile 2012. Quel giorno non fu solo il Genoa a togliersi la maglia e a fermarsi su richiesta dei tifosi ma, idealmente, tutto il calcio italiano.

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