Confederations Cup, Messico-Nuova Zelanda 2-1: Jimenez e Peralta eliminano i Kiwi
Un tempo di rabbia e fatica. Un tempo di luci e di corse. Un tempo per aspettare, un tempo per fare la storia. Per i primi 45′ a Sochi il Messico soffre, si incarta, si spegne contro un'ottima Nuova Zelanda, meritatamente avanti all'intervallo con il gol storico di Wood, il primo in Confederations Cup per gli All Whitas. Ma con gli ingressi di Herrera e Marquez, con gli avversari che rallentano, il Messico mette ordine. Jimenez e Peralta completano il 2-1, lo stesso punteggio dell'ultima amichevole dello scorso ottobre, e lanciano El Tri verso una possibile semifinale.
Ingham, esordio da record
Nel 3-4-3 di Osorio c'è spazio dall'inizio per Giovanni dos Santos, dopo il buon impatto dalla panchina contro il Portogallo. Hudson, il tecnico più giovane che abbia mai guidato una nazionale in Confederations Cup, fa debuttare il 17enne Dane Ingham, il più precoce fra tutti i presenti a Russia 2017, da terzino destro nel 5-3-2. Hudson cambia tutta la catena di destra, con l'inserimento dall'inizio di Clayton Lewis, che si è unito alla prima squadra dopo aver partecipato ai Mondiali U20 in Corea.
La Nuova Zelanda, che da otto anni non batte una squadra di un altro continente, sfrutta la superiorità numerica in mezzo per verticalizzare il gioco fra le linee. E' un calcio semplice, energico, senza troppe sottigliezze, che al 10′ costringe Salcedo alla chiusura in angolo al prolungamento di Boxall.
Il Messico fatica in avvio
E' anche semplice saltare la linea difensiva degli All Whites, stasera peraltro tutti in nero come le leggende del rugby. Aquino brucia in velocità Ingham e si invola verso il fondo, il cross teso è da manuale ma dos Santos e Peralta si disturbano. Dal lato del più giovane in campo, il Messico si ripropone a ondate. Al 15′ l'azione si fa sì complessa ma insistita, tambireggiante, fino alla conclusione sporcata di Reyes. Ingham, in realtà, è più un'ala che un terzino e in fase di spinta si capisce presto che sente molto meno il tremore dell'esordio. Diventa presto uno dei jolly di Hudson per aumentare l'ampiezza della manovra offensiva.
Il Messico fatica a gestire il possesso palla, a mantenere il fraseggio a centrocampo contro una squadra che sciorina un calcio di evidente impostazione britannica senza gli effetti che la nouvelle vague di allenatori europei ha prodotto in Premier League. Lewis, mezzala che cuce il gioco, che anticipa e riparte, e i movimenti a rientrare della seconda punta Rojas fanno la differenza per i primi 20′. Ma Wood, diventato nel 2009 il più giovane di sempre a esordire in Confederations Cup, non ha molte occasioni di farsi notare. Almeno fino al 26′. Wood, quasi incredulo che il gioco non fosse stato fermato per una sua spinta su Salcedo, che poggia male il piede, si trova a poter controllare e battere a rete, senza avversari, in piena area. Ma aspetta un tempo di troppo e Talavera devia in angolo.
Salcedo si fa male fra le polemiche
Scatta un litigio decisamente acceso fra i due allenatori, con Osorio e il Chicharito Hernandez attivissimi nel protestare contro Hudson perché i suoi giocatori non hanno volontariamente messo fuori il pallone. Chi ne esce peggio è Salcedo, che si fa male sul serio (gli esce la spalla) e deve essere portato fuori in barella: entra Hector Moreno, decisivo contro il Portogallo.
I colpi di testa di dos Santos (appena fuori) e Smith (Talavera la tiene) non alterano lo scenario e non spostano l'equilibrio. Osorio mantiene, come contro i portoghesi, quattro uomini fuori dalla propria area nel difendere sui calci d'angolo. Ma non riesce ad alleggerire la pressione e Peralta si ritrova a dover spazzare con Durante bravo a inserirsi e sfiorarla nell'area piccola sul corner di Rojas.
Wood fa sognare gli All Whites
A forza di spingere la Nuova Zelanda, che arriva sempre prima sulle seconde palle, passa. La difesa messicana si apre come le acque del mar Rosso, il break di Rojas, unito a un disimpegno più che rivedibile, liberano Wood solo in area. Lewis firma l'assist filtrante, Alanis esce fuori tempo e il bomber del Leeds (27 reti quest'anno) non grazia Taladera. Il suo ventesimo gol in nazionale diventa anche il più importante, il primo per gli All Whites nella storia della manifestazione dopo 555 minuti.
L'ingresso di Herrera e il pari di Jimenez
E' proprio Alanis, e non può essere una sorpresa, a lasciar posto all'intervallo a Herrera. Cambia spirito e natura della difesa a tre Osorio, che inserisce un orchestratore di gioco di centrocampo, bravo a coprire gli spazi e far ripartire la manovra. Gli effetti si vedono subito nel diagonale di Aquino e nella grande occasione fallita al 50′ da Giovanni dos Santos, più largo e ora più libero di assecondare la creatività in attacco.
E' proprio lui che lancia una rugbistica azione palla al piede, con palla fatta velocemente scorrere fino a Jimenez che controlla e disegna il perfetto diagonale del pareggio (12mo gol in nazionale per l'attaccante campione di Portogallo al Benfica).
Aquino e Peralta cambiano la partita
Gli All Whites si schiacciano, rinculano, ma così facendo portano i messicani in area. Il calo nell'intensità della Nuova Zelanda, tanto nella fase di copertura quanto nel ribaltamento dell'azione, facilita le azioni corali del Tri. Aquino spinge adesso senza tregua, molto più al centro della costruzione del gioco del Tri. E anche Damm, a destra, rientra dall'intervallo con una fiducia e un passo decisamente diversi rispetto al primo tempo.
La squadra di Hudson si affida praticamente solo ai lanci lunghi per il perno Wood e a soluzioni di alleggerimento come le conclusioni di Rojas (alta) e Thomas, respinta dalla schiena di Herrera. L'ingresso di Tuiloma per Lewis dovrebbe permettere a Lewis di ritrovare reattività in fase di non possesso. Ma gli effetti non si vedranno.
Al 67′, poi, Osorio consegna l'ultimo terzo di gara a una leggenda alla 140ma presenza in nazionale, all'l'unico giocatore tra tutti i presenti in Russia ad aver già vinto il trofeo, al secondo più anziano di sempre a scendere in campo in Confederations Cup: in una parola, a Rafa Marquez che entra per Moreno, costretto a uscire per problemi fisici.
E' Aquino però che spezza la partita. Con i tagli a uscire dal lato sinistro, scompagina la difesa neozelandese e legge l'inserimento in mezzo di Peralta al 73′. La combinazione, elementare, consente al 33enne dell'America (8 gol in Primera Division) di completare la rimonta con la sua sesta rete in nazionale.
La rissa finale
A destra, con la stanchezza che aumenta e gli spazi che crescono, il Messico fa quel che vuole. Non ha avversari Damm (77′) che entra in area ma ritarda il primo controllo verso il centro e non ha più la miglior coordinazione per battere a rete. E' questo il suo unico limite, che mostra ancora al 97′, è un po' troppo innamorato del pallone.
L'orgoglio degli All Whites, però, è lodevole. Hudson toglie Ingham, che aveva 58 giorni quando il Messico con Marquez vinceva l'edizione 1999, e mette un attaccante, Patterson. Il Messico non può distrarsi, e trema sul tiro a giro di Thomas che rimbalza contro l'incrocio dei pali. Il finale regala il clamoroso salvataggio di Smith sulla linea sulla conclusione a botta sicura di Jimenez e la rissa dopo un fallo di Reyes che richiede l'intervento del Video Assistant Referees e avrebbe potuto, forse dovuto, comportare almeno un'espulsione. L'arbitro Gassama estrae solo gialli, la coda si avvelena ma non cambia il finale. Il cielito resta lindo sopra Sochi.