Come cambia la serie A: la rivoluzione delle rose
La serie A si avvicina all’Europa. Da questa stagione entra in vigore la nuova regolamentazione delle rose, condivisa con l’Uefa, con l’obiettivo di valorizzare i vivai, uno degli obiettivi della presidenza Tavecchio.
25 giocatori per squadra – Come in Premier League e nelle coppe europee, le squadre non possono tesserare più di 25 giocatori con più di 21 anni. E tra questi è obbligatorio inserire quattro elementi, anche stranieri, cresciuti nel vivaio della squadra, ovvero rimasti nelle giovanili per almeno tre anni dai 15 ai 21 e altri quattro cresciuti in una formazione italiana. Anche in questo caso, la nazionalità non è vincolante, motivo per cui Fabregas, che ha passato più di tre stagioni all’Arsenal prima di compiere 21 anni, al Chelsea è inserito tra i giocatori di “formazione nazionale”. Gli under 21, ovvero tutti i giocatori nati dopo il 1 gennaio 1994, non hanno bisogno di essere registrati per essere utilizzati. Solo per questa prima stagione, la FIGC ha previsto una deroga che consente di sostituire del tutto o in parte i giocatori cresciuti nel vivaio della squadra con altrettanti di formazione italiana. Le liste vanno presentate entro le 12 del giorno precedente la prima gara di campionato e si possono cambiare liberamente durante le finestre di mercato, fino alle 24 del giorno successivo al termine della sessione. Nella lista, da comunicare via PEC, si possono inserire anche calciatori per i quali non sia ancora arrivato il transfer, che però non possono comunque scendere in campo prima della concessione del visto per il trasferimento.
Le variazioni – Durante la stagione, al di fuori delle finestre di calciomercato, la lista dei calciatori utilizzabili può essere modificata o integrata, con dei limiti ben precisi. Una squadra può procedere, si legge nella delibera, alla: “a) sostituzione di un portiere con un altro portiere; b) sostituzione di un calciatore proveniente dall’estero per il quale non si sia completata positivamente la procedura di rilascio del transfer; c) sostituzione di un calciatore al quale sia stato revocato il tesseramento; d) sostituzione di un calciatore con cui sia intervenuta risoluzione consensuale di contratto; e) sostituzione, per una sola volta nella stagione, fino ad un massimo di due calciatori (diversi dal portiere) con altri due calciatori”. In quest’ultimo caso, l’elemento sostituito potrà essere eventualmente reinserito solo nel periodo di campagna acquisti successivo alla sua sostituzione nell’elenco. Per le società che non si adegueranno è prevista una sanzione pesante: la gara verrà considerata persa a tavolino.
Limiti agli extracomunitari – Una norma su cui molto su è dibattuto riguarda il tesseramento degli extracomunitari, che riceve un’ulteriore stretta per tentare di mettere un freno alla mercificazione dei calciatori. Resta il limite dei due tesseramenti possibili all’anno, di cui uno per andare a sostituire un altro elemento della rosa proveniente da una nazione non appartenente all’Ue. Uno dei due extracomunitari, da quest’anno, deve dimostrare un curriculum di rilievo, ovvero deve essere stato convocato in nazionale due volte nell’ultimo anno o 5 volte negli ultimi tre per poter essere tesserato da una squadra italiana. Ancora più difficile il primo tesseramento per un extracomunitario, che deve essere entrato in Italia con i genitori non per ragioni sportive, deve avere la residenza in Italia e aver frequentato la scuola per quattro anni. Una sorta di ius soli applicato allo sport per i cosiddetti “giovani di serie”.
Fair play finanziario – La nuova delibera punta a correggere la principale distorsione del calcio italiano, che ha dilapidato dal 1998 al 2013 oltre 19 miliardi di ricavi tra stipendi e ammortamenti, con costi di gestione delle rose sempre più elevati e decisamente superiori alle entrate, anche in situazioni meno estreme di quelle che hanno portato al fallimento il Parma. Proprio il crac degli emiliani ha portato la federazione a riscrivere i parametri finanziari per l’ammissione ai campionati, alleggeriti nel 2007 per venire incontro alla precarietà di molti club nella prima stagione post-Calciopoli. Si richiede, infatti, alle società di dimostrare che il capitale sociale non sia stato eroso per più di un terzo dalle perdite dell’anno prima e di essere in regola con i pagamenti di ingaggi e imposte, ma possono essere anche pesantemente indebitate verso i fornitori. Da quest’anno tutti i club, che dovranno puntare al pareggio di bilancio entro il 2018-19, avranno una serie di parametri più restrittivi da rispettare. Innanzitutto, saranno chiamati ad attestare di poter far fronte a tutti i pagamenti nell’arco della stagione.
Nel caso in cui tale indicatore di liquidità dovesse essere deficitario, la Covisoc andrà a valutare due indicatori correttivi: l’indebitamento, ovvero il rapporto tra i debiti totali e la media del fatturato degli ultimi tre anni; e il costo del lavoro allargato, ovvero il rapporto tra il costo della rosa (ingaggi più ammortamenti) e la media triennale dei ricavi, comprese le plusvalenze ma al netto delle minusvalenze. Se positivi, i due indicatori correttivi porteranno a uno sconto dei due terzi sull’entità della cifra da versare per ripianare il buco: ovvero, se l’indicatore di liquidità è in rosso per 3 milioni, ma i correttivi sono positivi, basterà versare un solo milione per iscriversi al campionato. Per quest’anno, i club che non rispettano i parametri richiesti dalla FIGC dovranno solo presentare un piano di riequilibrio. Ma se le violazioni dovessero continuare anche nella prossima stagione scatterà il blocco del calciomercato e in caso di ulteriore inadempienza il club non si potrà iscrivere al campionato 2017-18. L’obiettivo della federazione è di estendere questi parametri entro tre o quattro anni anche alla serie B e alla Lega Pro.