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Comandante Sarri, saluti e baci. Ma qua nessuno è fesso

Nella conferenza stampa di presentazione alla Juventus Maurizio Sarri dice di non essere un traditore però ammette che a Napoli s’è calato a tal punto nella parte del rivoluzionario dall’essere troppo emotivamente coinvolto. Insomma, s’è spinto un po’ troppo oltre ma era dovere professionale e un po’ ha fatto finta perché faceva parte del gioco. Ecco, confondere il tifo con la professione è ciò che ha fatto per tre anni poi ha messo da parte la retorica del potere e ha rimescolato le carte in tavola ancora una volta.
A cura di Maurizio De Santis
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Maurizio Sarri in versione situazionista fa sorridere davvero. Il palazzo non era il sistema di potere ma lo scudetto sul quale avrebbe messo le mani. Avrebbe querelato il giornalista che lo accostò alla Juventus per le notizie false sul suo futuro da bianconero, non perché considerasse sbagliato togliere la divisa e indossare quella del nemico perché (anche) così va la guerra. E se non lo puoi battere, ne fai un alleato. Il sarrismo non sa più cosa sia. La maglia a righe necessaria per ottenere i rigori non era quella della ‘vecchia signora' ma del Milan e il suo riferimento risaliva a quando allenava l'Empoli. Ma ci faccia il piacere, gli avrebbe detto Toto'.

Nella conferenza stampa di presentazione il tecnico toscano dice che non è un traditore però ammette che a Napoli s'è calato a tal punto nella parte del rivoluzionario dall'essere troppo emotivamente coinvolto. Insomma, s'è spinto un po' troppo oltre ma era dovere professionale e un po' ha fatto finta perché faceva parte del gioco. Ecco, confondere il tifo con la professione è ciò che ha fatto per tre anni poi ha messo da parte la retorica del potere e ha rimescolato le carte in tavola ancora una volta. Ha bruciato la tuta e il linguaggio del comandante/uomo di campo, s'è presentato sbarbato, azzimato, lievemente emozionato, calibrato nelle parole dinanzi al presidente Andrea Agnelli.

Ha cambiato maschera e opinione (che fa rima con copione). Ci può stare. L'opportunismo e le ambizioni sono legittime ma porsi oggi solo come il professionista che ha coronato un percorso e fatto una scelta di carriera dopo aver indossato i panni di quello che "non ha mai chiesto un cazzo a nessuno" è da ‘gran paraculo' (espressione-rigurgito dell'epoca sarrista). Hai voluto la Juve? Va bene. Vuoi vincere? Va bene. Vuoi guadagnare più soldi? Va bene. Allenare CR7 è sempre meglio che spiegare cento volte a Hysaj che in fondo la palla è sua amica? Va bene. Ma quel "se si vuole ricamare sul passato non se ne esce, io faccio il racconto di quello che ho vissuto, senza recitare parti" è una frottola e proprio non si può sentire.

E porta alla memoria una serie di altre sortite che hanno scandito il Sarri napoletano: lo scudetto perso in albergo, gli arbitri e i condizionamenti, il fatturato, che non è giusto giocare prima o dopo la Juventus, le partite all'ora di pranzo e la sosta natalizia. Comanda', saluti e baci. E che ‘a Madonna t'accumpagna. Però, qua nessuno è fesso.

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