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Cinque cose da sapere su Luis Suarez, il Pistolero d’Europa

L’infanzia difficile, la voglia di riscatto, l’odio per la sconfitta. I gol e le controversie, l’amore per la sua Sofia, i morsi e le testate. Storia di uno dei migliori e dei più chiacchierati centravanti del calcio moderno giunto già a quota 100 reti in blaugrana.
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Un bomber formidabile e chiacchierato. L'hanno chiamato Cannibale, chiedere a Chiellini per le ragioni, l'hanno chiamato razzista per quel “negrito” a Evra, ma sua nonna dice di averlo sempre chiamato così da piccolo. Lo chiamano Pistolero, quando vede la porta non sbaglia praticamente mai. Grande fra i grandi, cresciuto con la speranza e la voglia di emulare Batistuta, il secondo Luis Suarez che abbia mai vestito la maglia del Barcellona, vuole essere ricordato come primo, come il migliore di tutti. Ma non gioca per i record, per le statistiche. “Ho sofferto troppo per interessarmi ai numeri” ha detto, “voglio solo godermi il mio calcio”.

Il calcio come riscatto sociale

Cresce ai bordi di periferia, Suarez, con un fratello maggiore, Pablo, calciatore pure lui, fra mille sacrifici. Comincia a giocare nel Deportivo Artigas, a Salto dove non ci sono squadre professionistiche, allenato dallo zio, che si infuria quando gli nasconde che una macchina gli è passato sopra il piede: ha il quinto metatarso fratturato ma continua a giocare. Comincia a brillare nel campo della base militare dove lavora il padre. “Solo a 14 anni ho iniziato a prendere il calcio seriamente” ha raccontato il Pistoleto. A 10 anni, intanto, viene invitato a partecipare a “Aventujuegos”, un programma tv non dissimile da Giochi senza frontiere per bambini delle scuole. Rimane per quattro puntate: divide con gli altri bambini il premio della prima, tiene per sé gli altri. “Ho sempre voluto vincere” ha raccontato in un'intervista per il magazine ufficiale della Champions League. “Non mi è mai piaciuto perdere, nemmeno quando giocavo per strada a cinque, sei anni, senza scarpe e con una palla di carta. Sono sempre stato ossessionato dal calcio, facevo molti sacrifici per andare agli allenamenti, e questo mi ha reso la persona che sono adesso”. Nella buona e nella cattiva sorte.

2003: una testata avvolta nella leggenda

La cattiva, l'immagine del cannibale e del razzista, si comincia a forgiare nel 2003. Gli eventi restano inviluppati in una nebbia da leggenda metropolitana, anche se un giornalista di ESPN ha rintracciato testimoni pronti a ricordare. Suarez avrebbe colpito con una testata l'arbitro durante un match col Nacional di Montevideo. La storia però assume i controlli del giallo. Perché non c'è traccia dell'episodio sui giornali dell'epoca e il referto dell'arbitro è sparito. Secondo la vulgata popolare, un dirigente della squadra avrebbe anche tentato di corrompere l'arbitro perché rendesse una versione ufficiale più mite, un reporter investigativo avrebbe pubblicato la storia con tanto di ritorsioni e colpi di pistola sparati contro casa sua. Sette anni dopo, il morso sulla spalla di Ottman Bakal del PSV ha cambiato anche la reputazione dell'allora capitano dell'Ajax.

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Il meraviglioso mondo di Sofia

La buona sorte ha il nome e il volto di Sofia, la compagna di scuola diventata compagna di vita. “Sei solo pigro, devi impegnarti di più” gli diceva mentre cercava di farlo studiare. Una frase che cambia la storia. È con lei che nell'estate del 2004 penetra di soppiatto dentro il Camp Nou attraverso un cancello rimasto incustodito. È lei che lo convince a non firmare per il Racing, che lo voleva con molta insistenza. Un agente propone a suo padre 25 mila dollari per acquistare il 20% del suo cartellino. Suarez, che ne guadagna 4 mila al Nacional, rifiuta: vale di più l'accordo informale con Daniel Fonseca. È proprio Sofia a convincerlo. “Non hai mai firmato niente, neppure con Fonseca” gli dice, “perché dovresti firmare per loro?”.

Il trionfo in Copa America e il patriottismo

“Sofia ride sempre quando mi faccio tutto patriota, ma sono molto fiero dell’Uruguay. […] Da qualche parte ho letto che il nostro inno è stato votato il più bello al mondo, dopo La Marsigliese […] Siamo un paese piccolo, con pochi problemi”, dice Suárez, come si legge in un longform dell'Ultimo Uomo. Un Paese che ha portato alla prima semifinale mondiale dal 1970, che però non ha giocato per il fallo di mano sul colpo di testa di Asamoah nel quarto di finale contro il Ghana. Un Paese che convive con un senso di inferiorità e di rivalsa contro l'Argentina. E proprio in Argentina, la Celeste rinnova la sfida contro l'Albiceleste un anno dopo nei quarti della Copa America. Suarez è nervosissimo ma Tabarez riesce a placarlo, minacciando di sostituirlo. L'Uruguay vince ai rigori e sfida in semifinale il Perù. L'equilibrio dura per quasi un'ora, per spezzarlo servirebbe un'invenzione. Ci pensa Forlan da trenta metri, il portiere Hernandez respinge, Suarez raccoglie e segna. Passano 5′, una ripartenza veloce scopre la difesa peruviana, Suarez salta anche il portiere in uscita e lancia il sogno uruguayano. "Non è stata una partita facile” dirà. “Il Perù ci ha messo in grande difficoltà, ma per fortuna siamo riusciti a sbloccare il risultato, e da quel momento è stato tutto più facile". La doppietta di Forlan nella finale contro il Paraguay vale un trionfo da leggenda.

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Henry: E' il miglior attaccante del mondo

Il matrimonio con Sofia e la nascita della prima figlia segnano la stagione 2009-2010, l'anno dei 106 gol dell'Ajax di Jol e delle sue 49 reti personali. È il miglior attaccante d'Europa quando, nel gennaio 2011, passa al Liverpool che lascia nel 2014 dopo la sua stagione migliore iniziata anche in ritardo per le 10 giornate di squalifica per il morso a Ivanovic. Sena quattro gol al Norwich, stampa triplette al WBA e al Cardiff e chiude con 31 gol. È il primo Red a superare quota 30 dai tempi di Ian Rush, eguaglia il record in Premier di Alan Shearer e di Cristiano Ronaldo da quando la Premier è a 20 squadre. È un cerchio che si chiude per il bomber di Montevideo dove pure gioca un Liverpool che però ha la maglia nerazzurra e usa la casacca rossa come maglia di riserva. A Barcellona, dopo un trasferimento da 82,3 milioni di euro, farà anche meglio di Cristiano Ronaldo e Messi, con cui compone insieme a Neymar il tridente più prolifico di tutti i tempi. Nelle sue prime 100 partite in blaugrana (raggiunte quest'anno nella sconfitta contro l'Alaves) ha festeggiato 80 volte e segnato 88 gol, più del doppio dei 41 di Messi allo stesso momento della sua esperienza in blaugrana. Se si contano anche i 14 assist, Suarez ha contribuito a più gol anche di Cristiano Ronaldo nelle sue prime 100 partite al Real Madrid. ”Non c'è paragone” ha ammesso Henry, “Suarez è il miglior centravanti del mondo”. E di sicuro il più chiacchierato.

Mister 100 gol in blaugrana

A bersaglio contro l'Atletico Bilbao in Coppa del Re. Luis Suarez si conferma marcatore implacabile e taglia un grande traguardo con la maglia del Barcellona: 100 gol da quando ha lasciato Liverpool e la Premier League per approdare nella Liga. Nella scorsa stagione ha messo in bacheca la Scarpa d'oro grazie alle 40 reti segnate nel campionato spagnolo, un traguardo raggiunto "in soli due anni e tre mesi dopo aver fatto il suo debutto in prima squadra il 25 ottobre 1014" (come si legge su sito ufficiale dei catalani). Suarez ha concluso la stagione 2014/2015, iniziata in ritardo a causa della sospensione della Fifa, con 25 gol in 43 partite. Un risultato aumentato nella stagione successiva (2015/2016) con 59 gol in 53 partite. Finora, nella stagione 2016/17, l'uruguaiano è andato a segno per 16 volte in partite ufficiali.

La copertina dedicata dal Barcellona a Luis Suarez per i 100 gol
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