Che fine ha fatto Insigne? Cinque motivi perché non è più il ‘Magnifico’

C'era una volta Lorenzo Insigne, il Magnifico. Un folletto che faceva sognare i tifosi del Pescara prima, quelli del Napoli poi. Un ragazzo che aveva voglia di diventare grande, bruciando le tappe e seguendo la strada da predestinato del calcio. Ma quel campioncino in erba su cui tanto molti avevano puntato, si è perso cammin facendo, disseminando solamente briciole del proprio talento. Tanto da ritornare piccolo piccolo, ai margini del nuovo progetto tecnico di Maurizio Sarri che lo ha atteso una stagione ma che oggi sembra aver optato per non considerarlo essenziale, togliendogli responsabilità ma anche visibilità e minuti in campo. I motivi di questa involuzione si devono ricercare in una serie di elementi che coinvolgono anche la sfera emotiva di un ragazzo dfimostratosi fin troppo vulnerabile
1 – Senza gol da sei mesi
Insigne, oggi, nel Napoli, è un attaccante che ha perduto i galloni da titolare, venendo superato nelle gerarchie di Sarri da Mertens quasi in pianta stabile. Per lui, dopo un mese e mezzo di campionato ci sono solamente briciole di campionato e nulla più, con una panchina fissa in Europa per la Champions League. Il Magnifico non segna da sei mesi – l'ultimo lo ha realizzato il 10 aprile su rigore contro il Verona e su azione a febbraio con il Milan – e ha perso anche il treno di Ventura visto che non è stato convocato per la seconda volta dal nuovo ct azzurro nell'Italia.
2 – Nessuna garanzia di posto fisso
Se a tutto ciò si aggiunge anche un'apatia evidente tutte le volte che scende in campo è chiaro il processo involutivo che Insigne sta attraversando in queste settimane con l'aggravante di una situazione mentale da dover gestire in maniera diversa rispetto al solito, lavorando su se stesso, elaborando il modo di potersi riscattare. Adesso potrà godere di 10 giorni di pausa e di lavoro lontano dai campi. Un ulteriore elemento che potrebbe riavvicinarlo a ritrovare la forma. Anche nella scorsa stagione, riuscì a dare il meglio tra ottobre e novembre e per quest'anno potrebbe ripetersi l'exploit dello scorso campionato.
3 – L'attesa del rinnovo
Forse, sul ragazzo pesa anche il discorso contrattuale. Sembrava dovesse definirsi subito e invece il discorso è slittato dopo un primo contatto tra gli agenti e il presidente azzurro, a luglio nel ritiro a Dimaro. Per poi non affrontare più il tema. Se ne riparlerà più avanti mentre in questa fase sono arrivati gli annunci dei rinnovi di altri giocatori, come Koulibaly e Albiol, dopo quelli precedenti di Callejon e Hamsik e sono in arrivo quelli di Hysaj, Mertens e Ghoulam.
4 – L'esplosione di Mertens
A frenare l'ascesa di Insigne c'è stato anche il fattore Mertens. Il belga, che proprio l'anno scorso pagava dazio al Magnifico ritrovandosi in panchina spesso e volentieri e venendo utilizzato solamente in spicchi di partita, in questa prima fase di stagione è stato devastante. Mertens ha trovato il gol, gli assist, le giocate da campione. Ha aiutato Callejon e Milik a far dimenticare Higuain, un aspetto che per Sarri è valso quasi come una doppietta a partita. Che il belga ha anche segnato, in Europa, dimostrando una crescita per cui è difficile pensarlo in panchina.
5 – Il carico della responsabilità
E' evidente che dopo la passata stagione su Lorenzo Insigne si erano poste le basi per una responsabilità ancor maggiore: avrebbe dovuto da subito trascinare la squadra, sarebbe dovuto essere lui il giocatore che doveva far dimenticare Higuain con giocate da campione, che ha nel suo DNA. Tante piccole richieste che probabilmente lo hanno messo mentalmente al muro, per cui la normalità di alcune giocate a lui non è concessa durante i 90 minuti. E saper gestire le aspettative altrui ridimensionandole a prestazioni positive, magari meno brillanti ma più utili alla squadra, è l'ulteriore salto di qualità che Insigne deve metabolizzare.