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Champions League, dove solo i ricchi vincono

Crescono i premi distribuiti dalla Uefa per la Champions League. Ma sono sempre le squadre più ricche a vincere. Juventus e Roma partono svantaggiate contro lo strapotere economico di Real Madrid, Barcellona, Bayern, Manchester City e United, PSG. E le altre stanno a guardare.
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I soldi vanno dove i soldi son già. E in Champions ancora di più. Negli ultimi cinque anni, chi ha vinto è diventato sempre più ricco, e solo i più ricchi hanno vinto. Dal 2010 al 2014, la Uefa ha distribuito 4,1 miliardi di euro: le dieci squadre che hanno ricavato di più, guidate dal Bayern Monaco, ne hanno assorbiti 1,76 (il 43%). L’anno scorso, gli otto club ai quarti di finale vantavano un giro d’affari complessivo di 2,5 miliardi, un dato che sarebbe stato decisamente più alto se agli ottavi non si fossero registrati gli scontri Barcellona-Manchester City e Chelsea-PSG. E in semifinale, sono arrivate tre delle prime quattro squadre più ricche d’Europa, con introiti per 1,5 miliardi (Real Madrid, Barcellona e Bayern Monaco), più la Juventus, la squadra che ha incassato di più dalla distribuzione dei premi Uefa l’anno scorso, con un fatturato che supererà i 300 milioni grazie all’accesso in finale.

Ancora più soldi – Per la prima volta, i ricavi commerciali e da diritti tv, alla base della redistribuzione dei premi, di Champions League e Europa League saranno sommati per comporre il totale a disposizione dei club, suddiviso secondo una proporzione fissata nel rapporto 3.3:1 in favore della Champions. In questo modo, per il triennio 2015-18, le 32 partecipanti alla Champions League si divideranno 1.257 miliardi di euro: il 60% destinato ai premi fissi (724,4 milioni), il 40% al market pool. A tutte le squadre che partecipano alla fase a gironi saranno garantiti 12 milioni più 1,5 per ogni vittoria e 0,5 per ogni pareggio. Il passaggio agli ottavi frutta 5,5 milioni, altri 6 arrivano per la qualificazione ai quarti, 7 per le semifinaliste, e ulteriori 10.5 andranno alla finalista sconfitta, 15 alla vincitrice.

Ricchezze spagnole – Come l’anno scorso, questa si presenta come una Champions griffata Spagna, che per la prima volta nella storia presenta cinque squadre al via. Il Real Madrid guida la Football Money League 2015, accreditato di 549,5 milioni di fatturato, spinto dai 231 di ricavi commerciali, grazie agli accordi con Fly Emirates (30 milioni), Microsoft (che ha un accordo quadriennale da 27 milioni dallo scorso maggio) e partner come Coca-Cola, Audi, Samsung. Appena inferiori, 180 milioni, i ricavi commerciali nel 2014 del Barcellona: 30 derivano dall’accordo con Qatar Airways (ma ci sarebbero trattative per raddoppiare la cifra includendo i naming rights dello stadio), 25 dal quinquennale con Intel, che espone il marchio all’interno delle maglie da gioco e di allenamento. Al via anche Atletico Madrid, il cui 20% è in mano al potentissimo cinese Wang Jianlin, proprietario della Dalian Wanda Group che ha comprato Infront, sponsorizzato per 12 milioni dall’ente del turismo dell’Azerbaigian e legato al fondo Doyen. “Straniera” anche la proprietà del Valencia, che deve ancora 220 milioni all’istituto bancario Bankia per il progetto interrotto del nuovo stadio Mestalla ed è stato rilevato per il 70% dall’imprenditore di Singapore Peter Lim, a capo del fondo Meriton Capital Limited. Decisamente meno potente, dal punto di vista commerciale, il Siviglia, che ricava solo 2 milioni a stagione dal jersey sponsor “Visit Malaysia”.

Ricavi commerciali – Dal punto di vista degli sponsor, nessuna squadra ha l’appeal del Manchester United. I Red Devils, alla luce della partnership con Chevrolet da 559 milioni di dollari per sette stagioni dal 2014 al 2021, secondo un rapporto di “Sponsorship Today” hanno assorbito da soli, nel 2014-15, l’11% dei ricavi commerciali di tutte le squadre dei sei principali campionati europei. E il nuovo contratto con Adidas, partito da quest’anno, per un valore complessivo di oltre 940 milioni per 10 anni (750 milioni di sterline), è destinato a far salire ancora il dominio. Ma è il PSG la gallina dalle uova d’oro per gli sponsor. Grazie all’accordo “di famiglia” da 200 milioni con la Qatar Tourism Authority, il club parigino è l’unico a superare i 300 (327,7). Con questa base, si può permettere di attirare grandi nomi e strapagarli. Secondo l’ultimo Global Sports Salaries Survey, infatti, lo studio di Sporting Intelligence che ha analizzato gli ingaggi degli atleti di 333 squadre in sette discipline diverse, in rappresentanza di 13 campionati e 17 nazioni, il PSG paga i salari più alti del mondo dello sport: 7,146 milioni di euro in media a stagione per un calciatore della prima squadra, davanti a Real Madrid, Manchester City e Barcellona. Alle soglie dei trecento milioni anche il Bayern Monaco (292), di cui 105 dal solo merchandising, che ha tre partner storici come Allianz (6 milioni per 30 anni per i naming rights), Adidas e Audi nell’assetto proprietario con il 25% delle azioni. Molto forte il legame anche tra i top sponsor e il Borussia Dortmund, unico club tedesco quotato in Borsa, con un fatturato di 276 milioni la scorsa stagione (15 in più del 2014). Evonik, Puma e Signal Induna, che ha acquisito i naming rights dello stadio per 68 milioni in 17 anni, detengono partecipazioni per il 25,43% del club. Si rivedrà in Champions anche lo Schalke, una delle principali realtà in Bundesliga integralmente di proprietà di associazioni di tifosi, fresco di sponsorizzazione con Turkish Airlines per 1,5 milioni a stagione fino al 2017.

Ricavi da stadio – E’ invece tutto inglese il primato dei ricavi da stadio tra le 32 regine della prossima Champions. È il Manchester United, con 129,3 milioni, a guidare il gruppo di squadre che superano i 100 milioni a stagione. Ed l’Arsenal la squadra, tra quelle partecipanti alla prossima Champions League, che nell’ultimo anno ha guadagnato di più dallo stadio e dalle attività collegate all’Emirates Stadium (119,8 milioni di euro all’anno). Dietro le due big spagnole, con i 116,8 milioni del Barcellona e i 113,8 del Real Madrid, che ha visto bloccato dal Tribunale di Madrid l’accordo col municipio per il nuovo Bernabeu e per ora ha congelato l’accordo da 425 milioni per vent’anni con Ipic, la International Petroleum Investment Company di Abu Dhabi, per i naming rights.

Le italianeLe italiane restano indietro, zavorrate dall’eccessiva dipendenza dai diritti televisivi e dall’incapacità di diversificare adeguatamente le fonti di ricavo. La Juventus, la prima squadra italiana per fatturato, incassa la metà delle grandi potenze del calcio europeo, sfigura con i soli 41 milioni di ricavi da stadio (altri 5 potrebbero arrivare dopo il completamento del progetto di rivalutazione dell’area della Continassa) e i 17 milioni di sponsorizzazione da Jeep. Ma potrebbe beneficiare, come l’anno scorso, dall’essere una delle sole due italiane tra cui dividere il market pool. Ancora più indietro la Roma, che sarà in terza fascia nel sorteggio, una delle sei squadre senza sponsor sulla maglia in serie A, che non compare fra le prime venti per ricavi di stadio nel 2014-15. Motivo per cui Pallotta, anche alla luce dell’obbligo del pareggio di bilancio entro tre anni come conseguenza della sanzione Uefa per violazione del fair play finanziario, sta cercando di accelerare per la costruzione del nuovo stadio a Tor di Valle.

Un posto al sole per le piccole – Anche grazie al nuovo design dei preliminari voluto da Platini per fare in modo che più squadre da campionati “minori” arrivassero alla fase a gironi, la Champions rappresenta una grande occasione per le piccole d’Europe. Squadre come la Dinamo Zagabria, il Malmoe, i cui ricavi stagionali complessivi non basterebbero a pagare l’ingaggio di un paio di stelle del Real Madrid, o il Maccabi Tel Aviv, che 14 milioni di euro tutti insieme (2 per il preliminare vinto col Basilea, 12 per la qualificazione alla fase a gironi) non li aveva visti mai, e che con questa cifra dovrebbe superare i 30 milioni di fatturato, il più alto tra tutte le squadre in tutti gli sport in Israele. Fa eccezione l’FC Astana, di proprietà della holding di stato National Welfare Fund Samruk-Kazyna, che detiene le compagnie ferroviaria, postale e petrolifera oltre a gruppi finanziari per un giro d’affari da oltre 78 miliardi di dollari. La squadra è uno degli strumenti scelti dal presidente Nazarbayev (che ne è anche presidente onorario) per rinforzare il prestigio del Kazakistan e costruire l’identità nazionale attraverso lo sport. Per questo ha dotato l’Astana di uno stadio all’avanguardia, inaugurato nel 2009, e costato 185 milioni di dollari. Ma, come sottolinea Marco Bellinazzo nel suo libro Goal Economy, i singoli exploit non bastano. Nelle ultime sei stagioni, infatti, le squadre uscite dal pool “campioni” dei preliminari (ovvero le sfide tra le formazioni che hanno vinto il campionato in nazioni dal basso ranking Uefa) hanno raccolto complessivamente solo 125 punti e solo in tre occasioni hanno passato la prima fase. Segno che la qualificazione ai gironi non consente, da sola, di uscire dal ruolo di comparse al gran ballo della Champions.

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