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Champions, Bale rende Zidane l’uomo dei record e il Real una leggenda

Si fa male Salah, ma a pesare di più sono i due errori di Karius. Zidane ripropone il tridente BBC a partita in corso e diventa il primo tecnico a vincere la Champions tre anni di fila, la 13sima nella storia dei blancos. Bene Marcelo e Kroos, 50 passaggi in un primo tempo perfetto. Deludono Izco e Firmino. Il Liverpool paga l’inesperienza.
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Sono gli uomini a decidere le grandi finali. Così, la sfida fra allenatori e filosofie, le questioni di stile svaporano e sbiadiscono. Restano i campioni e i comprimari. Restano le lacrime di Salah e Carvajal, che rischia di saltare il Mondiale come saltò gli Europei 2016 e di nuovo per un infortunio in finale di Champions. Restano l'errore di Karius, che in lacrime si scusa davanti ai tifosi del Liverpool. Resta il suo pianto inconsolato e l'applauso di chi in lui sperava ma sceglie di non abbandonare l'uomo perché nessuno con loro camminerà mai solo. Resta soprattutto il capolavoro di Bale. Zidane, pochi minuti dopo aver ricreato la BBC, entra nella leggenda. Vince otto trofei su otto finali. E' il primo allenatore a vincere la Champions tre volte di fila. Ha esultato per il gallese come a Torino per il gesto iconico di CR7, quinto giocatore a vincere cinque finali dopo Paco Gento (unico ad averne vinte sei), Alfredo Di Stéfano e José María Zárraga, tutti del Real Madrid, e Paolo Maldini.

Le lacrime di Salah

La caduta dell'eroe. Cade male, Salah, dopo una mezz'ora in cui ha spezzato gli equilibri e occupato la fascia da cui passano i destini della finale. Cade sulla spalla, ma Salah non è il Beckenbauer della finale mondiale del '74. Così quelle spalle all'improvviso diventano fragili, il segno dell'umanità di un condottiero che sembrava impossibile da abbattere. Le lacrime di Salah, il miglior giocatore della Premier, l'uomo da 48 gol in stagione (nazionale inclusa) sono le lacrime di tutto un popolo. Perché hai voglia a cantare "You'll never walk alone", quando il fisico ti tradisce nella notte più importante, nella notte della sfida per il Pallone d'Oro, quando un intervento di Sergio Ramos nemmeno segnalato dall'arbitro ti toglie dalla partita che vale una stagione, la solitudine pesa. Più del fallo, però, è la caduta che fa la differenza. Una caduta che è l'epifania di quel che è stato e di quel che la partita diventerà.

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La finale effettivamente si gioca per tutta la prima mezz'ora dal lato di Marcelo e Salah. Momo aiuta, che è poi quanto di più importante ci sia nel suo approccio al gioco. "Vincere e conquistare punti è la cosa più importante per noi perché, come potete vedere, io ho fatto dieci gol in Champions League, Sadio nove, Firmino dieci, quindi siamo tutti sullo stesso piano" diceva al sito dell'Uefa alla vigilia. Ma è lui la chiave tattica della partita. Perché Marcelo è spesso molto avanzato, è uno dei più attivi quando le merengues ribaltano l'azione. Ma così restano in tre dietro contro il tridente dei Reds, e l'uno contro uno apre spazi di manovra e gradi di libertà. Aumenta il ventaglio di possibilità anche per Alexander-Arnold che chiama Navas alla parata più complessa del primo tempo.

Kroos show: 50 passaggi in 45 minuti

Con l'ingresso di Lallana, cambiano gli equilibri di una finale che pareva definita negli andamenti, negli sviluppi delle manovre, nel confronto delle identità. Da un lato, un centrocampo numericamente più denso aiuta Klopp a contenere la centralità debordante di Kroos che nel primo tempo, in supporto e copertura costante dal lato di Marcelo, completa 50 passaggi su 51.

Si fa male anche Carvajal

Le lacrime di Carvajal,  rimpiazzato in occasione della semifinale di andata contro il Bayern per un problema al bicipite, la presenza di Nacho, che  non scendeva in campo dal 31 marzo per un problema muscolare, creano un doppio effetto. Il Liverpool si abbassa, e Klopp tenta una sorta di time-out da basket, il Real sale con la forza dei numeri, con il baricentro di quelle maglie bianche che come indizi di forza e non certo di resa invadono gli ultimi venti metri. Il fuorigioco di CR7 strozza la gioia effimera di Benzema e chiude un primo tempo di intenzioni rimaste come fiori non colti, di desideri e strade non percorse.

Karius che fai?

L'unico colpo di scena può arrivare da uno dei giocatori dal profilo inferiore al pedigree del resto dei protagonisti, i portieri. Karius intercetta un lancio lungo per Benzema. Il classe '93, che poi invano protesta per un fuorigioco ma a torto, vuole liberarsi del pallone con la mano. Il rinvio su Benzema porta a uno dei gol più surreali e crudeli che si ricordino in una finale di Champions. Karius, l'uomo venuto dal Mainz, la scommessa di Klopp che ha tolto il posto a Mignolet, aveva mostrato le sue fragilità anche in semifinale. Avrà ancora molto, troppo tempo per pensare al primo errore. Perché le scempiaggini son come le ciliegie, una tira l'altra. E per quanto qualche tempo fa Buffon abbia sottolineato l'effetto dei palloni più leggeri ma niente giustifica il non-intervento sul tiro di Bale che chiude la partita.

Il sollievo glielo confezionano Lovren e Manè. Il primo stacca con una torsione per niente banale da calcio d'angolo, il secondo squaderna intuito e pensiero veloce per anticipare l'uscita di Navas. Il Liverpool raggiunge così 47 gol nelle 15 gare di questa stagione in Champions. Non contando le sei reti contro l'Hoffenheim agli spareggi,chiudono a quota 41, come il Real nell'edizione 2013-14, secondi solo al Barcellona (45, 1999/2000) nella classifica di tutti i tempi.

La casualità redistribuisce pesi e responsabilità con la crudeltà del destino che dà e toglie. Nessuno, però, tra i giocatori del Liverpool aveva mai giocato una finale di Champions. E il gap di esperienza, nelle condizioni straordinarie che una partita così necessariamente coinvolge, si vede, si sente, si tocca.

Torna la BBC e Bale dipinge un capolavoro

In marcatura su Lovren c'era Casemiro, che non per il resto non ha sbagliato praticamente niente. Zidane tenta la mossa del cavallo, fuori Izco, l'equilibratore che però stasera rimane a galleggiare senza farsi notare nelle pieghe della partita, e dentro Bale. Sì, questa è la BBC che torna nel suo massimo splendore. Basta poco a Marcelo e Bale per confezionare un capolavoro. Cross di destro dell'amico di Ronaldo e rovesciata dal limite che ricorda, suggerisce la meraviglia di Ronaldo a Torino. Bale come e meglio di Paganini, che si esibiva una volta sola. Bale poeta del gol che come i poeti maturi ruba.

Come ruba spazio e tempo Manè, con Kroos in affanno, a inseguire e reagire. Il palo ha acceso speranze spente a pochi centimetri da un destino di gloria. Il suo tiro a giro anticipa un oltre, un cambiamento che non matura, come i tagli sulle tele di Fontana, come l'energia in una pennellata di Pollock. Deve giocare per due, deve tessere la trama e l'ordito anche per Firmino. Il brasiliano ha iniziato da centrocampista difensivo, si è ispirato alle magie di Ronaldinho ma di quella giovinezza al massimo stasera resta solo qualche ricordo sbiadito.

Kiev incorona il Real, alla trentunesima finale europea. Incorona Zidane, che in Champions in una doppia sfida da allenatore non ha perso mai una doppia sfida in Champions League. Ne ha vinte tre come Ancelotti e Bob Paisley, che suo record l'aveva firmato nel 1981 proprio dopo la vittoria dei Reds sul Real a Parigi. Come Zidane, però, non c'è nessuno. Chapeau.

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