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Cazzullo sul Corriere: “Io, juventino in incognito. Napoli merita uno stadio moderno”

Inviato ed editorialista del quotidiano di via Solferino, il giornalista risponde alla lettera di un lettore e racconta del “clima non rabbioso ma di festa” nonostante i fischi (assordanti) rivolti a Gonzalo Higuain.
A cura di Redazione Sport
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Aldo Cazzullo, inviato ed editorialista del Corriere della Sera, giornalista di fede juventina, nella sua rubrica delle lettere al Corriere della Sera risponde a un lettore (Gino Stellati di Cosenza) e racconta il suo ‘Napoli-Juventus' vissuto in incognito, mescolati tra i tifosi allo stadio e non in tribuna stampa.

Caro Aldo,
nel Sud oggi non resta che assistere alle partite più importanti che si giocano altrove – si legge nella lettera pubblicata sul giornale -. Oppure accontentarsi di fischiare i campioni della politica e dell’economia, come hanno fatto i tifosi del Napoli, col «core ‘ngrato» Higuain. Una legittima, ma sterile manifestazione di rabbia nei confronti dell’argentino, forse egoista, ma consapevole della realtà: non ci sono nel Mezzogiorno le condizioni per competere con i più forti. Non solo nel calcio.
Gino Stellati, Malito (Cs)

Napoli competitivo, clima non rabbioso ma allegro, Higuain preso di mira ed etichettato col numero 71 (che nella smorfia partenopea equivale a ‘l'omme ‘e merda', l'uomo di niente), squadra che con un pubblico così caloroso meriterebbe anche un impianto più moderno: sono questi i diversi punti raccolti da Aldo Cazzullo nella sua risposta articolata al lettore.

Caro Gino,
A giudicare dalla partita, il Napoli è competitivo eccome. In realtà la sua lettera pone il tema del Sud, molto sentito dai nostri lettori, compresi quelli del Nord: del resto la più grande città pugliese, calabrese, lucana e la seconda città campana, siciliana, sarda è l’area metropolitana di Milano (tallonata da quella di Torino). È una questione su cui torneremo molte volte. Oggi mi soffermerei sul calcio. Tanto più che domenica sera ero in curva al San Paolo con mio figlio, juventini in incognito, mimetizzati nella numerosa famiglia del mio fraterno amico Mimmo.

Il clima non era rabbioso ma allegro, come segnalava l’unico grande striscione: "Non c’è cosa più bella che sostenere i colori della propria terra". Nessuna tensione, anche perché agli juventini l’ingresso era vietato: il settore ospiti era vuoto. Quindi la rabbia verso la Juve e verso il Nord — che esiste — aveva un unico obiettivo: il povero Higuain. Che ci ha sofferto. In riscaldamento ha fatto un cenno a Neto, il portiere di riserva della Juve, perché si facesse passare sotto la pancia l’ultimo tiro, per evitare l’ennesima bordata di fischi: agevolati dalla distribuzione gratuita di fischietti.

Mimmo però non ha potuto portare una sciarpa che metteva in dubbio la moralità della madre del Pipita: il divieto di scritte antipatizzanti in curva è stato fatto rispettare. Aggirato solo dai cartelli con il numero 71: per la smorfia, com’è noto, l’«omm’e mmerd», l’uomo malvagio. Insomma i tifosi non hanno seguito il consiglio dello chef Cannavacciuolo, che ha raccomandato non contestazioni ma indifferenza. Questo significa che i napoletani Higuain un poco lo amano ancora: all’uscita tutti commentavano che con lui dalla loro parte avrebbero vinto.

A stemperare i sentimenti negativi ha contribuito l’arbitro Orsato, bravissimo: il primo che gli ha urlato contro, Insigne, l’ha ammonito; più nessuno ha fiatato, né ha tentato simulazioni. E siccome nel calcio non è mai finita finché non è finita, domani si ricomincia. Purtroppo di nuovo al San Paolo; mentre Napoli merita uno stadio moderno. Senza la pista, con i tifosi vicini al campo, forse l’altra sera avrebbe vinto. Anche senza Higuain.

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