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Caso Juve e ‘ndrangheta, la ricostruzione dei pm di Torino

I magistrati hanno ricostruito i rapporti e contatti tra il presunto esponente del clan e la dirigenza della Juventus.
A cura di Marco Beltrami
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Le ultime parole del procuratore della Figc Giuseppe Pecoraro, con la smentita sulle parole di Agnelli, nella vicenda relativa ai presunti legami tra la ‘ndrangheta, la curva della Juventus e la società hanno sollevato scalpore. Nella stessa audizione però il presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ha però chiarito: “In Italia le mafie arrivano persino alla Juventus e questo è chiaro”. Parole che hanno richiamato alla memoria gli interventi dei pm di Torino all’Antimafia che hanno provato a ricostruire i contatti tra Rocco Dominello, presunto esponente del clan e la dirigenza bianconera.

Influenza particolare. I pm del capoluogo piemontese Torino Paolo Toso e Monica Abbatecola due mesi fa dichiaravano che Dominello aveva “un’influenza particolare” sulla curva bianconera (come si legge su Repubblica). Un aspetto che la Juventus conosceva, anche se c’è da specificare che “c'è consapevolezza del rapporto con Dominello, ma non c'è consapevolezza di rapporti con la ‘ndrangheta".

E proprio i rapporti tra la Juventus e Dominello hanno sollevato i dubbi dei pubblici ministeri, e del sostituto procuratore Toso: “Questi signori si saranno chiesti come facesse (Dominello, ndr) a tenere a bada migliaia di facinorosi. Anche un ragazzino è capace di stabilire che costui ha una sfera di influenza capace di tacitare le pretese di gente che negli anni precedenti si accoltellava per i biglietti. Ci siamo chiesti ‘Come potevano non rendersi conto che…?', ma su questo non si possono fare processi, anzi non si devono fare””.

"Disinvoltura". Nel mirino dunque più che la consapevolezza ci sarebbe quella che viene definita come una certa “disinvoltura” nei rapporti tra le parti: “Non è sostenibile una consapevolezza, se non una certa disinvoltura, pacificamente ammessa dai dirigenti. Che poi è l'oggetto della contestazione della procura federale".

L’ipotesi di un’eventuale estorsione nel frattempo è stata esclusa. E a spiegarne i motivi ci ha pensato la Abbatecola con parole tutt’altro che leggere: “Qui la situazione è più simile a quella dell'imprenditore colluso, non quindi l'estorto costretto, ma l'imprenditore che raggiunta una certa esperienza e magari anche una certa malizia, superate certe remore, si avvicina al più forte non perché rischi di avere un danno, ma perché intravede il vantaggio".

E a proposito dell’influenza di Dominello emergerebbe sempre secondo la pm, dagli incontri documentati tra Dominello e il dg Marotta, compreso quello per il provino del parente di un appartenente a una famiglia considerata vicina alla ‘ndrangheta. La chiusura è sulla presunta cena a cui avrebbe partecipato anche Saverio Dominello, padre di Rocco e condannato per associazione mafiosa nel 1996: “Posso io, sulla base di una cena, fare un'iscrizione per concorso esterno? Sinceramente no".

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