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Carlos Alberto Gomes 10 anni dopo Mou, il Porto e la Champions

Oggi ha 30 anni e gioca nel Botafogo. Nel 2004 Carlos Alberto Gomes de Jesus spaccò la partita nella finalissima di Champions tra Porto e Monaco. Aveva 19 anni, il più giovane a segnare in un match clou della Coppa. Potenza di Mourinho e di un Porto che divenne leggenda.
A cura di Maurizio De Santis
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Vi ricordate di Carlos Alberto Gomes de Jesus? L'attaccante del Botafogo ha 30 anni ma ne aveva appena 19 quando – nel 2004 – con il Porto di José Mourinho salì sul tetto d'Europa battendo in finale il Monaco allenato da Deschamps. "Molti vogliono, pochi possono", reca scritto sulle spalle. E lui allora ottenne tutto. A Gelsenkirchen nella finalissima di Champions League, aprì le marcature al 39′ del primo tempo (finì 3-0 per i lusitani) e, oltre ad alzare la Coppa, stabilì anche un piccolo record: essere il calciatore più giovane ad aver segnato nella gara clou della più importante kermesse continentale di calcio per club. Stagione 2003/2004, la leggenda dello ‘special one' prese corpo proprio in Portogallo perché in quell'anno d'oro ai ‘dragoni' andò anche la vittoria del campionato nazionale e il trofeo messo in bacheca con il successo in Coppa Intercontinentale. Potenza di Mou, sconfessare anche vecchi adagi: ad altri non riesce d'essere profeti in patria, a lui sì. Ma lui, l'attuale manager del Chelsea, è un'altra storia. Perché è lui, oggi auto-definitosi ‘happy one', a scrivere la storia mentre altri s'accontentano di leggerla. E' andato a predicar la sua ‘filosofia' in Italia, in Spagna e in Inghilterra: poche idee semplici e unico obiettivo, mai mollare e vincere.

E nel grande libro dei trionfi di José c'è anche il nome della punta carioca che spiccò il volo verso il calcio europeo dalla Fluminense quand'era ancora un ragazzo dalle spalle strette, con la saudade a tormentare l'anima e il talento a scaldare il cuore. Il tecnico lusitano gli dà fiducia: Carlos Alberto gioca 28 partite e segna 12 gol, dalle curve della memoria – ogni tanto, quando la tristezza lo assale – riaffiorano ricordi dolci che gli restituiscono il sorriso e la voglia di continuare a lottare, come ha raccontato in un'intervista concessa al giornale brasiliano globoesporte.com (dal quale è tratta la foto del tatuaggio) a dieci anni di distanza dalla notte magica di Champions. A casa conserva in una teca le scarpette calzate in quella finale, la maglia, le medaglie e una riproduzione della Coppa dalle ‘grandi orecchie'. Stanno lì, a dargli forza e coraggio. A rammentargli anche quanto sia effimero il successo.

Consacrazione mancata. Carlos Alberto vestirà la maglia della Seleçao solo per cinque volte (4 le presenze nell'Under 23 verde-oro), non riuscirà mai a sfondare tanto che in Germania – dopo il passaggio al Werder Brema – i media tedeschi lo definirono il più grande acquisto flop della storia. Il tocco magico di José era svanito e allora al funambolo nato a Rio de Janeiro non restò che ripercorrere il viaggio a ritroso: San Paolo, Botafogo, Vasco da Gama, Gremio, Bahia, Goias e poi di nuovo Botafogo. La vita gli aveva dato tutto e subito. Aveva vinto in fretta e altrettanto in fretta il grande calcio s'era dimenticato di lui. Carlos, però, quelle emozioni le porta vergate sulla pelle: perché certi brividi fanno parte di te sempre e perché ‘molti vogliono, pochi possono' tatuato dietro le spalle tra le Coppe sono l'alfa e l'omega della sua carriera. Fanno da spartiacque tra i sogni e il disincanto.

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