Carlos Alberto e il ‘fùtbol bailado’ del Brasile 1970 in una sola azione
Quello del 1970 è ricordato come il Brasile del Pentagono magico. Cinque giocatori con una classe e una tecnica superiore, di gran lunga, alla media al servizio della stessa squadra che il "povero" Mário Zagallo doveva far coesistere. Jairzinho, Pelè, Rivelino, Tostao e Gerson: roba da mettersi le mani nei capelli. La squadra brasiliana era la candidata numero uno a vincere il titolo mondiale in Messico e i pronostici sono stati rispettati. Nessuna rappresentativa poteva competere con quel meraviglioso mix di calciatori che sono termine di paragone per le nazionali odierne. Per distinguere il calcio brasiliano da quello delle altre squadre veniva adottata la locuzione "fútbol bailado": con questi due termini ci si riferiva ad un tipo di gioco che prevedeva un mix di tecnica, rapidità e forza fisica. La presenza di tanti giocatori con grande tecnica permetteva l'eccesso di giocate "sopra le righe" anche in situazioni di gioco normali: per loro era naturale tentare un tunnel a centrocampo o uscire in mezzo a due persone con un dribbling nella metà campo difensiva.

Ormai di quel calcio è rimasto ben poco nella scuola brasiliana ma in occasione della scomparsa di Carlos Alberto Torres, capitano di quella straordinaria Seleçao, volevamo raccontarvi il quarto gol realizzato nella finale di Città del Messico del 21 giugno 1970 contro l'Italia che, probabilmente, è uno degli esempi migliori di quello che viene definito "futbol bailado". Antonio Juliano, che ha preso da poco il posto di Mario Bertini, perde palla sulla fascia destra al cospetto di Tostao che la appoggia a Wilson Piazza. Il centrale difensivo la consegna a Clodoaldo, che a sua volta cerca Pelè. Il 10 scarica a Gerson e lascia che, a sua volta, il Canhotinha de ouro vada nuovamente da Clodoaldo. Il centrocampista del Santos si beve in dribbling Rivera, Domenghini, De Sisti e Mazzola e lascia l'onere della costruzione ad un altro mostro sacro di nome Rivelino. Il modo in cui il centrocampista del Santos salta i quattro calciatori italiani fa capire con quale sicurezza e quale interpretazione del gioco questi giocatori entravano in campo: palla sempre incollata ai piedi e un controllo quasi totale della situazione, tipico degli atleti di personalità.
Il numero 11 lancia Jairzinho che controlla la palla sull'out di sinistra e, dopo aver affrontato e saltato Facchetti, appoggia a Pelè. Siamo al limite dell'area e O Rei tocca la palla quattro volte: stoppa col destro, aggiusta la palla con il medesimo piede e col sinistro manda fuori tempo Burgnich. Vede arrivare come un treno sulla destra Carlos Alberto e gli appoggia un pallone che il capitano scaraventa in rete con un diagonale imprendibile per l'incolpevole Enrico Albertosi. È l'estasi per la torcida brasileira e per gli amanti del calcio: la Seleçao è campione del mondo per la terza volta.