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Carletto Re di Spagna: l’avventura di Ancelotti sulla panchina “merengues” (VIDEO)

Dopo aver convinto la dirigenza parigina a farlo partire, Ancelotti è pronto a convincere anche i suoi nuovi tifosi: quelli che fece piangere in un lontano aprile del 1989.
A cura di Alberto Pucci
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Da Buyo a Casillas – Era in campo anche lui in quella mitica semifinale di Coppa dei Campioni, resa celebre dal colpo di testa, in avvitamento, di Marco Van Basten. Così come era al suo posto, quindici giorni più tardi, nella "manita" rossonera che spalancò le porte della finale di Barcellona: primo successo europeo del Diavolo "griffato" Arrigo Sacchi. A distanza di 24 anni Carlo Ancelotti torna al "Santiago Bernabeu" di Madrid e, questa volta, ci torna come nuovo allenatore del Real. Dopo due "decadi" calcistiche, la capitale spagnola può finalmente accogliere (come amico) una delle sue peggiori bestie nere della storia del club "blancos". Da quelle parti, infatti, la ferita brucia ancora ed il ricordo è ancora vivo, soprattutto quello del gol che "Carletto" realizzò a Buyo nel leggendario 5 a 0 con il quale il Milan di Sacchi buttò fuori Sanchez e compagni: un "siluro" da fuori area che ancora oggi riecheggia tra gli anelli di San Siro. Dopo un titolo in Francia, con il Paris Saint Germain, all'ora di pranzo il tecnico italiano verrà presentato alla stampa ed ai suoi nuovi tifosi. I "Galacticos" cambiano pagina e, per farlo, si affideranno per i tre prossimi anni al tecnico dei "Meravigliosi": quella squadra rossonera che, dal 2001 al 2009, vinse dappertutto. Sono lontani i tempi di Igor Simutenkov, che nel 1996 aiutò la Reggiana allenata da Ancelotti a conquistare la promozione, e del giovanissimo Hernan Crespo che, approdato a Parma nel 1996, trovò nel mister emiliano una sorta di secondo padre. Tempi lontani che Ancelotti, nonostante le esperienze (non sempre positive) con Juventus, Milan, Chelsea e PSG, non ha mai dimenticato.

La pozione magica – Ovunque è andato, sia come giocatore che come allenatore, ha sempre lasciato ottimi ricordi. In quel di Milanello, ad esempio, si ricordano ancora del famoso "beverone" che preparava insieme a Paolo Maldini, Filippo Galli e Mauro Tassotti e che faceva bere ai suoi compagni prima delle partite: uno strano intruglio di Coca Cola, Polase e zucchero. Dolce, dolcissimo, come i ricordi che hanno (di lui) tifosi, ex compagni e giocatori da lui allenati. Chiedere a Ricardo Kakà per conferma…oppure ad Andrea Pirlo, che deve al tecnico di Reggiolo tutto il suo successo. L'idea nacque nel 2002, in occasione del classico trofeo "Berlusconi" tra Milan e Juventus. Con la squadra piena di mezze punte (Rui Costa, Seedorf e Rivaldo), Ancelotti trovò un ruolo "alternativo" all'allora giovane Andrea: "Prova a giocare davanti alla difesa" disse al talento bresciano, ignaro del successo planetario che Pirlo ereditò grazie alla felice scelta del suo "mister". Dolce e, soprattutto, buono come il pane. Forse troppo secondo la "triade" più famosa della storia della Serie A che, proprio l'anno prima di approdare al Milan, gli diede il benservito. "Da tutti i maestri che ho avuto – ama ripetere sempre – ho imparato qualcosa: da Bruno Mora ad allenare la tecnica, da Angelo Benedicto Sormani il tiro in porta, da Liedholm la serenità, da Eriksson la tattica, da Sacchi l’organizzazione di gioco, da Fabio Capello a trarre il meglio dai giocatori".

Viva la Liga – "Cuore di tigre", come lo chiamavano i tifosi del Milan quando giocava, arriva a Madrid per ricostruire dopo l'ultima stagione di Josè Mourinho. Lavorerà sulle rovine lasciate dallo "Special One": zero titoli, nell'ultimo giro di giostra, ed uno spogliatoio da ricostruire. Dal comunicatore per eccellenza, spesso critico e sarcastico fino alla nausea, all'uomo Ancelotti: personaggio anti-divo, un pò schivo, sempre sorridente e "amico" dei giocatori. Il salto è notevole ma Florentino Perez, presidente "navigato", è convinto che "Carletto, el ganador discreto",  possa essere il tecnico giusto per rilanciare i "blancos", dopo anni di supremazia catalana. Da lui non vedrete mai gesti sopra le righe, come ad esempio quello delle "manette, ma (al massimo) un sopracciglio che, nei momenti di maggior tensione, comincerà ad incurvarsi furiosamente. Quinto italiano ad indossare la prestigiosa "camiseta blanca" (dopo Capello, Cassano, Cannavaro e Panucci), Ancelotti sbarca in Spagna forte di un "palmares" di tutto rispetto composto da due Champions League vinte col Milan, e tre titoli nazionali ottenuti in tre paesi diversi. "Il club ha fatto la scelta giusta – ha sentenziato Sergio Ramos – posso solo parlare bene del nostro nuovo allenatore". Quello che fece anche Zlatan Ibrahimovic che, alcune settimane fa, avvertiva la dirigenza transalpina: "Se parte lui, non so se resto". Impossibile sapere dove giocherà Ibra, nella prossima stagione. Per conoscere, invece, chi sarà il secondo di Ancelotti bisognerà attendere ancora poche ore. Nella conferenza stampa di oggi, infatti, scopriremo anche chi sarà il suo vice. Sfumata l'ipotesi suggestiva di Fabio Cannavaro, dalla capitale spagnola filtrano indiscrezioni sul possibile incarico a colui che, sempre Ancelotti, defini: "il miglior giocatore che abbia allenato". Fosse così, il Real Madrid ripartirebbe dalla grinta del tecnico emiliano e dalla fantasia di Zinedine Zidane: il giusto mix esplosivo per tornare a guardare dall'alto gli odiati nemici "blaugrana".

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