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Carles Puyol, il valoroso capitano del miglior Barça della storia

Una storia di perseveranza. A 15 anni dal debutto in prima squadra, Carles ha appeso gli scarpini al chiodo. Nella lista dei calciatori più vincenti del “futbol” spagnolo è al secondo posto assoluto, dietro all’ex compagno di club Xavi.
A cura di Vito Lamorte
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Rapido, veloce, preciso… Molti sono gli aggettivi che possono definire Carles Puyol, il leader dentro e fuori dal campo di una delle migliori squadre nella storia. L'era Rijkaard-Guardiola può annoverare nomi del calibro di Ronaldinho Gaucho, Samuel Eto'o o Leo Messi, ma il personaggio vincitore e anticonformista di questo club che rimarrà stampato in eterno nelle menti degli appassionati è il capitano di quel Barcellona.

"Si allena come se avesse 18 anni, lo devo fermare". Così parlò di Carles Puyol l'odierno allenatore del Bayern Monaco, Pep Gaurdiola, massimo esponente del “barcellonismo” degli ultimi dieci anni. Era l'ottobre del 2011, aveva 33 anni e una lunga carriera alle spalle, ma nonostante questo, nulla gli impediva di combattere come un bambino che ha appena aperto gli occhi e ha lasciato la Masia. Lo “squalo” Puyol si è guadagnato il rispetto dei colleghi con il sacrificio. Per anni è stato un vero guardiano togliendo palloni pericolosi dei rivali, colmando le lacune altrui, sollevando gli spiriti dei suoi compagni quando la palla non rispondeva agli ordini o gli avversari avevano la meglio. Insieme a Xavi è diventato l'emblema di un calcio che è stato un modello nei primi anni del nuovo millennio.

I suoi compagni lo aspettavano come una manna dal cielo ogni volta che si fermava a causa dei problemi al ginocchio. Un portento fisico che negli ultimi anni ha cominciato a cedere il passo agli infortuni, alle ricadute e alle difficoltà di dover sempre riprendere le misure in una difesa che si muoveva all'unisono per velocità e precisione. Prima di appendere le scarpe al chiodo aveva già lasciato la propria impronta. Non ha solo offerto la sua qualità prima come terzino e poi come centrale, ma è stato anche il “necessario” capitano di una squadra di stelle per evitare cortocircuiti all'interno dello spogliatoio.

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Da Van Gaal a Guardiola

Avrebbe voluto giocare al Camp Nou fino a 40 anni, ma le sue ginocchia malandate non lo hanno aiutato. Dal suo debutto in prima squadra per mano di Louis Van Gaal, il 2 ottobre 1999 a Valladolid, si è rotto entrambe le ginocchia, il gomito, il naso e la faccia…niente e nessuno poteva fermarlo, ma lo scorso anno ha capito che gli era impossibile giocare due gare consecutive. Le sue prime cinque stagioni al Barça si chiusero senza titoli e, anche se personalmente la sua figura emerse come un punto fondamentale della squadra, a livello collettivo e sociale non ci sono bei ricordi da parte dell'universo blaugrana.

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In quei giorni pensò, come aveva fatto Xavi, di cominciare una nuova avventura lontano da casa e scappare via da tutti i problemi che vi erano in Catalogna e, se possibile, giocare nel Milan, squadra che aveva sempre colpito la sua attenzione. L'arrivo alla presidenza di Laporta lo fermò. Il nuovo presidente chiarì quale fosse la sua importanza nel club che voleva e la tristezza si trasformò in gioia.

Arrivarono Ronaldinho, Deco, Eto'o e Márquez. Così il centrale di La Pobla capì che era parte di qualcosa di speciale. Con l'arrivo di Rijkaard nel 2005 ha alzato la sua prima Liga ma non era ancora tutto. L'anno seguente con Xavi e Valdes come rappresentanti massimi della cantera, Dinho, Eto'o e molti altri, riportarono la Champions League a Barcellona dopo 14 anni.

Tra i successi di Rijkaard e la gloria di Guardiola, Puyol ha vissuto in prima persona il periodo di transizione di un progetto che sembrava volgere al termine. Tra il 2006 e il 2008 il club si aggirava nel nulla e la rivoluzione che ha portato Pep Guardiola nel ruolo di allenatore riposizionerà il club ai vertici. Il tecnico di Santpedor ha cominciato la sua esperienza forzando le partenze di Ronaldinho e Deco. Con questo scenario Carles Puyol al primo anno di Pep in panca sollevò al cielo ben sei trofei. Se Messi è stato, è e probabilmente resterà il leader calcistico di quest'epoca, Puyol è stato l'anima di questa squadra.

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I 21 titoli vinti in 676 gare con la maglia del Barça non sono arrivati dal nulla. Da Van Gaal a Martino, da Rivaldo a Neymar, da Hesp fino Valdés, passando per Messi e Kluivert: Puyol è stato un modello per chiunque.

Carles e la Roja

Non meno rilevante è stato il suo percorso con la nazionale spagnola. Puyol ha debuttato nel novembre del 2000 con José Antonio Camacho. Da allora ha giocato 100 partite con la Roja entrando nel club dei centenario con Casillas, Zubizarreta, Xavi, Xabi Alonso, Raul, Torres e Sergio Ramos. Ha giocato tre Mondiali (Corea e Giappone 2002 di Germania 2006 e Sud Africa 2010), due Europei (Portogallo 2008 e Austria e Svizzera 2008), una Confederations Cup e le Olimpiadi del 2000, dove vinse la medaglia d'argento. Il suo passaggio in nazionale fa parte di una storia che vede la selezione spagnola mai vincente che però dall'inferno arriverà in paradiso grazie alla migliore generazione di talenti che il calcio spagnolo abbia mai avuto.

Ha vissuto il furto con la Corea del Sud nel 2002, i disastri in Portogallo, nel 2004, e in Germania, nel 2006. Ha incontrato difficoltà ad entrare nella lista per Euro 2008 ma conquistò il posto da titolare e quella selezione ricevette applausi da tutto il continente per il calcio espresso. Carles era lì, con Marchena al centro della difesa, stesso posto dove due anni dopo in Sud Africa, nell'estate del 2010, si ritrovò Piqué. Di vitale importanza fu la rete contro la Germania nella semifinale “Andò sul pallone come un aeroplano". Queste furono le parole di Piquè al termine della gara. Un aereo che li avrebbe condotti alla vittoria della Coppa del Mondo.

Il 6 febbraio 2013 allo stadio Khalifa di Doha contro l'Uruguay (3-1), ha raggiunto le 100 gare con la Roja e ha firmato i suoi ultimi 45 minuti. La Federazione ha voluto tributargli un video dopo il suo addio al calcio giocato.

Il barcelonismo fatto persona

Nella memoria dei catalani sarà presente per sempre: Carles è un vero e proprio orgoglio per i tifosi. In campo e fuori. Appena promosso in prima squadra ha marcato Luis Figo al suo ritorno al Camp Nou dopo il passaggio al Real e, dopo aver realizzato una rete al Bernabeu nel giorno del 2-6, baciò la sua fascia da capitano che porta la bandiera catalana. I compagni non dimenticheranno la sua emozione nella serata magica di Parigi, quando era presente per la prima volta il padre a vederlo dal vivo. Non verrà dimenticato il gesto nei confronti di Eric Abidal, a cui ha permesso di sollevare la Coppa dei Campioni a Wembley, né le sue grida nello spogliatoio e sul tavolo, né le sue apparizioni con la camiseta blaugrana, sempre in maniche corte, anche in inverno. La storia di Puyol a Barcellona è stata un racconto di determinazione, di un giocatore che ha superato i suoi limiti grazie al lavoro.

Iniziò con il numero 32 sulla schiena e si trasformò nell'eterno 5. Sergio Busquets, avendo preso la maglia dell'ex capitano, porta sulle sue spalle il peso di una storia che non può essere liquidata in due parole: l'universo azulgrana lo ricorderà sempre come uno di loro. Perché Puyol è questo: la storia. In maiuscolo.

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