Calciopoli è esistita, prescrizione non significa assoluzione
Ha ragione Moggi quando, dopo la sentenza su Calciopoli pronunciata nel cuore della notte dalla Cassazione, esclama "abbiamo scherzato per nove anni". Prescritto ma non assolto dalle accuse contestategli, questione di sfumature per chi l'ha fatta franca, sbandiera al vento la propria innocenza, si appiglia alla (presunta) parzialità dell'indagine e dà fiato ai revisionisti dell'ultima ora. "Il campionato era regolare", ha aggiunto big Luciano. Per l'ex direttore generale della Juventus non fa differenza e, nonostante il Pg della Suprema Corte, Mazzotta, abbia precisato che il reato c'è stato (anche se scaduto il tempo per giudicarlo), saluta la lettura del dispositivo come una vittoria. Questione sostanziale, invece, sono la sconfitta, il fallimento, il lato oscuro della macchina inquirente italiana, di un'inchiesta naufragata perché la decorrenza dei termini previsti è più rapida rispetto all'azione dell'intero apparato che muove gli ingranaggi della giustizia.
Questione sostanziale (nonostante il tentativo da parte di alcuni di riscrivere la storia, camuffare la promiscuità dei traffici indiscriminati ricostruita) è la conferma offerta dalla sentenza che il calcio italiano è stato a lungo manipolato da "un'associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le designazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara, e l’elezione dei vertici della Lega calcio", come enunciato dal Procuratore Generale che, nell'avanzare la richiesta di prescrizione per gli imputati, ha sottolineato come ormai fosse esaurita la clessidra il tempo per chiudere determinati reati con una condanna (o un'assoluzione o un rinvio).
Prescrizione non significa assoluzione per non aver commesso il fatto o con formula piena. Calciopoli è esistita per davvero e con essa personaggi che s'erano messi in testa una cupola creando una strategia di potere precisa, che ha fatto comodo a molti. Perché molti sono coloro che ne hanno beneficiato, compreso quelli finiti nel cono d'ombra dell'inchiesta (non c'è stato tempo, diciamo così, per arrivare anche ad altri) e hanno tratto vantaggio dal collasso della Juventus e di un intero sistema. Perché è stato un grave errore, oltre che una palese ingiustizia, togliere uno scudetto ai bianconeri per assegnarlo all'Inter in maniera molto manichea. Meglio, forse, sarebbe stato lasciare il titolo vacante. Questione di sfumature e di una prescrizione che interviene a cassare con un colpo di spugna (quasi) tutto in parole, opere, omissioni.