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Calciopoli ai titoli di coda: Andrea Agnelli e Gianni Petrucci pronti ad una tavola rotonda

Juventus e Coni hanno sotterrato l’ascia di guerra: basta scontri a carte bollate e attraverso i tribunali. Per il bene del calcio è stata proposta una ‘tavola rotonda’ attorno alla quale discutere nuove regole: uguali per tutti.
A cura di Alessio Pediglieri
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Oramai ci siamo, il dado è tratto: Calciopoli è ai titoli di coda. Dopo le parole forti del presidente del Coni, Angelo Petrucci, sul "doping legale" che sta ammazzando il calcio e – in più generale – lo sport italiano, sono arrivate le parole di disgelo dal primo accusato, Andrea Agnelli, presidente della Juventus, capolista (anche se mai citata direttamente) dagli "arroganti del pallone" che vorrebbero farsi giustizia da sè. La conferenza stampa del presidente juventino di mercoledì pomeriggio alle 17.30 è stata per alcuni versi, una sorpresa. Molti si attendevano nuovi contrattacchi, nuova legna sul fuoco delle polemiche sui temi annosi di scudetti revocati, retrocessioni ingiuste, richieste di risarcimenti plurimilionarie. Invece, da Torino è arrivata una mano tesa versa il dialogo, subito stretta dal presidente della FIGC, Giancarlo Abete e dal presidente dell'Inter Massimo Moratti.

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L'apertura della Juventus

Dovrebbe essere un punto di non ritorno, dopo le 16 condanne in primo grado del processo di Napoli. Le parole di Agnelli non lasciano spazio a interpretazioni, tra sassolini tolti dalla scarpa e ammissioni di colpa. "Ho ascoltato le parole del presidente Petrucci – ha esordito il numero uno bianconero davanti ai microfoni -. A mio parere, quando ha parlato di doping legale si riferiva implicitamente alla Juventus. Il Paese è in una fase delicata, e colgo l'occasione per fare i migliori auguri al professor Mario Monti, e che ognuno faccia il proprio mestiere: io faccio il presidente della Juventus con grandissimo orgoglio, e in quanto tale devo tutelare i suoi interessi. La Juventus ha sempre rispettato tutte le regole e ha intenzione di continuare a farlo. Il maxi-processo del 2006 durò 4 mesi, per avere una risposta oggi dobbiamo attenderne 14″. Dalla frecciata alla FIGC, ad una ammissione di colpa per toni forse esagerati. "Il clima si è surriscaldato dal punto di vista legale, è vero. Noi abbiamo deciso di intraprendere una serie di passi alla luce delle risposte dell'ordinamento sportivo, però. Giustamente il presidente Petrucci ha fatto un appello oggi, chiedendoci un passo indietro – ricorda Agnelli – Io invece chiedo a lui e al nuovo ministro dello sport di fare un passo avanti tutti assieme. Con la volontà politica da parte di tutti si può tornare all'armonia e serenità che deve esistere nel mondo sportivo. Ad alto livello il calcio è un business da centinaia di milioni di euro, e ha bisogno di leggi che lo regolino".

Il tavolo che chiediamo deve essere il capo dello sport italiano a convocarlo. Per rasserenare gli animi, dobbiamo portare tutti gli elementi emersi dal 2006 ad oggi, ma anche concentrare tutti i nostri sforzi per sviluppare lo sport. Moggi? E' giusto attendere il terzo grado di giudizio, quello definitivo. Finché la giustizia non compie il suo termine è difficile valutare alcuni elementi. Discorso diverso con la Federazione: avendo esaurito la giustizia sportiva, procediamo alla richiesta danni.

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La tolleranza ‘zero' di Petrucci e del Coni

Parole chiare, dure ma pur sempre distensive. E' vero, sono giunte solamente dopo una presa di posizione del Coni a "tolleranza zero". Forse, dopo aver ascoltato le parole di Petrucci, lo stesso presidente della Juventus ha capito che sarebbe stata una corsa al massacro continuare il confronto a quei livelli. Un massacro per la propria società, per il calcio, per lo sport in generale. Dopotutto, Petrucci non aveva lasciato spazio a scappatoie, il Comitato Olimpico si era dichiarato intransigente: chi non starà alle regole, può uscire dal calcio. "Io non ci sto a quello che sta accadendo nel mondo del calcio di vertice che è malato di doping legale" aveva detto martedi il presidente del Coni. "Le regole vengono aggirate dai furbastri, ma lo sport è un gioco e lo stiamo rovinando tutti. C'è mancanza di rispetto per le regole e per l'etica, non devono prevalere gli arroganti e i prepotenti. Mi riferisco a una parte del calcio italiano di vertice perché stiamo assistendo a cose mai viste" aveva tuonato riferendosi evidentemente alla Juventus, ai suoi ricorsi ed esposti in ogni ordine e luogo,  dal ricorso al Tar alle richieste fatte al Tnas, dall'Uefa al Prefetto di Roma, fino alla Corte dei Conti dello Stato.

Ci sono regole chiare, ma si supera ormai sempre la clausola compromissoria, andando direttamente al tribunale.Non è vero che chi urla più forte ha ragione. Basta, abbiamo affidato a un gruppo di saggi l'incarico di mettere a punto norme contro l'arroganza di una parte del calcio. Fare un passo indietro vuol dire farne due avanti. Dopo quest'ultima sentenza, a chi porta vantaggi proseguire? Chi ha più intelligenza la metta al servizio degli altri: il mio è un appello, ma forse gli appelli non servono più.

Il tavolo della concordia

E invece, per il bene di tutti l'ultimo appello è stato recepito. Adesso ci sarà spazio per trovare il modo di confrontarsi. Gli scenari possibili sono meno fumosi e nebulosi: Massimo Moratti si è detto disposto ad un confronto se verrà convocato dal presidente del Coni; Agnelli ne è stato promotore e quindi non avrà problemi ad esserci; Petrucci lo auspicava e quindi ci sarà; lo stesso Abete, presidente della FIGC, ne è soddisfatto. Non potrà che nascerne una soluzione condivisa e positiva dove eventualmente studiare nuove regole, più chiare e dirette, laddove oggi ci sono vuoti legislativi, o dove poter ricostruire una nuova giustizia sportiva sfruttando gli errori e le incomprensioni del passato non a proprio vantaggio ma a vantaggio del mondo dello sport e del calcio in particolare per poter tornare a parlare di risultati, gol e gesti tecnici senza passare per tribunali, avvocati, ricorsi ed esposti.

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