Business, allenatori e visioni tattiche: così l’Inghilterra s’è presa l’Europa del calcio
Quanto vale un allenatore? È una domanda che ci facciamo da sempre ed è sempre più pressante e con risposte diversissime da Arrigo Sacchi in poi. Giusto chiederselo alla fine di questa stagione, con quattro squadre inglesi in finale delle due coppe continentali perché possiamo iniziare a dare una risposta sensata.
La Premier League in questi anni è stata considerata il campionato dei grandi e costosi acquisti. Grazie alla trasformazione che ha cambiato la First Division in quello che adesso è il campionato più seguito al mondo sono arrivati molti soldi, soprattutto dalle televisioni, ma in primo luogo grandi investitori, che hanno scelto di fare ingenti business con il calcio inglese. Questi investimenti hanno portato appunto grandi acquisti, ma quello che è stato evidente quest’anno è che la Premier ha saputo aprirsi in maniera determinante agli allenatori stranieri, attirando le migliori menti calcistiche del mondo.
Fino a 25 anni fa tutto sembrava possibile, tranne il fatto che in Inghilterra si accettassero allenatori e visioni di gioco differenti da quello anglosassone. E invece il salto di qualità il calcio inglese lo sta facendo proprio grazie al melting pot tattico e di visioni calcistiche che è diventata questa straordinaria Lega. Guardiola, Klopp, Pochettino, Sarri, Emery hanno visioni di calcio molto differenti, ma insieme hanno fatto crescere le rispettive squadre e il livello globale del calcio, non con workshop o materiali teorici, ma sfidandosi weekend dopo weekend, l’unica vera possibilità per far alzare il tasso medio di spettacolarità e competitività di un intero campionato.
Se guardiamo alla nostra Serie A ad esempio, il paragone è angosciante. C’è una squadra nettamente migliore delle altre negli uomini, allenata per sfruttare questo vantaggio competitivo esagerato e non per costruire calcio con costanza e voglia di migliorare ogni minuto di partita. Ci sono poi un gruppetto di squadre allenato da tecnici che o hanno già dato il loro meglio e servono solo a gestire situazioni oppure sono troppo giovani e non hanno ancora mostrato idee innovative o almeno al passo coi tempi. Il resto è poca roba e pochissime idee, molto spesso viste male da ambiente, presidente e calciatori stessi.
La Premier League invece, diventando a tutti gli effetti il campionato degli allenatori ormai prima ancora di essere campionato dei grandi calciatori, è più di un passo avanti a tutti e porta quattro squadre alle finali europee. Prima delle gambe, questa stagione europea ci insegna che dovremmo iniziare a comprare cervelli.