Brasile 2014: la Vespa Cuadrado, il motore della Colombia al Mondiale
“I dittatori passano, passeranno sempre. Ma un gol di Garrincha è un momento eterno” scriveva Edilberto Coutinho. Nel calcio moderno sembra non ci sia più spazio per giocatori così, artistici, sensuali, romantici, giocatori che ubriacano gli avversari a passo di samba per l'ebbrezza dei tifosi. Esistono, resistono, però, alcune eccezioni. Su tutte Juan Cuadrado, la Vespa che ha messo un tigre nel motore della Fiorentina di Montella, il fattore scombinante che ha spinto i viola in Europa. Il soprannome, più che azzeccato, è merito di Luca Toni. "Dopo la gara contro la Juve [nel 2012] mi è venuto vicino e mi ha detto: Ehi, ma che, hai acceso la Vespa l’altra sera? All’inizio non capivo, poi mi hanno spiegato e sono scoppiato a ridere".
La farfalla viola – Cuadrado è il perlage che contraddistingue il calcio champagne di Montella e della Colombia, è l'elogio della leggerezza che si misura in arabeschi e doppi passi. È l'Udinese, non a caso, la prima squadra in Italia ad accorgersi di questo esterno che giocava all'Independiente Medellín. È velocissimo, salta tre o quattro avversari quasi ogni volta che tocca palla. I difensori ci vanno giù pesante, quelle poche volte che riescono a prenderlo almeno. Arriva in Friuli, grazie alla rete di osservatori cui bastano 32 partite per capire che Juan farà strada. La sua strada però non è a Udine. In due stagioni gioca 20 partite, e quasi sempre sono spezzoni di gara: a destra c'è Basta che esplode, in attacco Guidolin ha il Nino Maravilla, Alexis Samchez, al fianco di Di Natale. Debutta però in nazionale, in Venezuela, e timbra l'esordio con un gol dei suoi e una traversa. L'Udinese decide di a darlo in prestito al Lecce. Qui esplode, 33 partite e 3 gol, gioca da quarto di difesa o da terzo in attacco nel 4-3-3 e a volte da quinto in mediana nel 3-5-2. A Firenze il bagaglio tecnico migliora ancora, aumenta la lucidità nei cross e soprattutto sotto porta: 15 gol non sono una coincidenza, sono la naturale conseguenza di un processo di maturazione che l'ha trasformato in uno degli attaccanti più versatili del nostro calcio. Anche perché, già ai tempi del Lecce, ha giocato sia a destra sia a sinistra. E c'è già chi lo paragona a Gareth Bale, che come lui ha iniziato come terzino e ha finito a ricoprire praticamente ogni ruolo anche in avanti, da interno a attaccante, da ala destra a falso centravanti. Il Galactico, mister 100 milioni, per ora è di un altro livello, e ha caratteristiche tecniche e fisiche diverse: da ex rugbista fa forza sulla progressione mentre la Vespa danza nel traffico, si destreggia meglio negli spazi stretti.
Violenza e sorriso – I due potrebbero ritrovarsi di fronte, se dovesse concretizzarsi la sempre più probabile maxi-offerta del Barcellona che Fiorentina e Udinese, comproprietarie del giocatore, si spartirebbero al 50% secondo le ultime indiscrezioni di mercato. Un nuovo mercato per un campione che diverte e si diverte, che gioca col sorriso e illumina di riflesso una nazione di passioni violente. Estremi che Cuadrado ha conosciuto bene. Nato e cresciuto a Necoclì, cittadina accarezzata dal mar del Caraibi, a cinque anni perde il padre Guillermo, camionista, ucciso in una sparatoria. È mamma Marcela, che l'ha seguito ovunque e vive a Firenze accanto al figlio campione, che gli permette di giocare a calcio. Inizia da trequartista, col futbol bailado nel sangue, sogna di diventare centravanti come il suo idolo Ronaldo. Si rompe il tendine d'Achille sotto un carro, per una bravata finita male, e teme di dover smettere. Ma il suo viaggio è appena cominciato. Deve partire, lasciare la famiglia per cercare una squadra. Entra nel giro delle scuole calcio del Deportivo Calì, arriva anche in Argentina per dei provini che si chiudono tutti con lo stesso verdetto: “Sei troppo piccolo, non diventerai mai un calciatore”. L'hanno detto anche a Platini, a Messi, a Garrincha, e la lista si allunga. Se oggi Cuadrado è un attaccante che può valere 40 milioni il merito è di Santiago Escobar, il suo primo allenatore, che ha creduto in lui e l'ha spostato sulla fascia. Due destini uniti dal dolore, dalle conseguenze della passione violenta: Santiago è il fratello di Andrés Escobar, il difensore ucciso per un autogol.
Italia '90 – Violenza, pallone e narcotraffico. La storia recente della Colombia è incastonata in un triangolo di soldi, di sangue e speranze. Il miglior risultato dei cafeteros ai Mondiali, gli ottavi a Italia '90, coincidono con la guerra dello stato contro il boss del narcotraffico Pablo Escobar. La Colombia gioca la prima partita di qualificazione, contro il Paraguay, due giorni dopo l'assassinio di Luis Carlos Galàn, il terzo candidato alle presidenziali del 1990 ucciso dai cartelli della droga. La sconfitta all'esordio contro la Jugoslavia si divide lo spazio sui giornali con un autobomba che a Medellin causa 4 morti e 97 feriti. Il 5-1 agli Emirati Arabi porta la squadra di Maturana a giocarsi la qualificazione contro la Germania. I colombiani resistono fino al minuto 89, quando Littbarski, solo sulla sinistra, trova un gol che sconforta una nazione. Come scrive il giornalista sportivo William Vinasco, celebre per le frasi da filosofo, “chi perde soldi perde molto, chi perde un amico perde ancora di più, ma chi perde la speranza ha perso tutto”. E la Colombia non è ancora pronta a perdere tutto. Minuto 92: Leonel la tocca a Valderrama, marcato da tre avversari, che passa a destra a Freddy Rincon; Rincon vuole darla indietro al “Bendito” Fajardo, ma la palla arriva a Valderrama che di nuovo lancia Rincon che la piazza tra le gambe di Illgner. La Colombia pareggia. La Colombia è agli ottavi del Mondiale. La Colombia è nella storia. Una storia che dura solo altri 120 minuti. I tempi supplementari contro il Camerun incoronano Roger Milla per una doppietta che porta per la prima volta una nazionale africana ai quarti, e castigano René Higuita per il suo vano e inopportuno tentativo di dribblarlo appena fuori area che gli ha spalancato la porta per il 2-0. E chissà se la decisione del presidente federale Londono di rimangiarsi la promessa di regalare a tutti i giocatori una Renault 9 per il passaggio del turno c'entri qualcosa o sia solo una coincidenza.
Morire di calcio – Higuita finirà poi in carcere nel 1993: ha preso parte come intermediario al rapimento della figlia di un magnate locale. Il riscatto doveva servire, sembra, a finanziare la latitanza di Pablo Escobar, ucciso dalla polizia nel dicembre del 1993. Escobar, tra le altre cose, era il principale finanziatore dell'Atletico Nacional, la squadra di Andrés Escobar (solo omonimo del boss). L'anno prima il movimento LiFuCol, che sta per “Pulizia del calcio colombiano” ma è uno degli squadroni della morte legati al narcotraffico, minaccia di morte il ct Maturana se convoca in nazionale giocatori dell'Antioquia, il club rivale dell'Atletico. Maturana non solo li convoca, ma chiama come assistente in nazionale proprio l'allenatore dell'Antioquia, Hernán Darío Gómez. La Colombia arriva a Usa '94 in un clima di terrore. Tre mesi prima dei Mondiali viene rapito il figlio di Luis Fernando Herrera, nazionale colombiano anche lui in forza all’Atletico di Medellin, che paga un riscatto spropositato per riavere il bambino. Al debutto, i cafeteros perdono 3-0 contro la Romania con tripletta di Raducioiu. Per sperare di passare il turno, la Colombia deve battere gli Stati Uniti. Cinque ore prima della partita, all'hotel di Fullerton dove alloggia la squadra, arriva un fax anonimo: “Se gioca Gomez, facciamo saltare in aria la sua casa e quella di Maturana”. Gabriel Jaime Gómez Jaramillo, 35 anni, fratello dell'assistente di Maturana, viene rimpatriato. Al 35′ del primo tempo, accade l'irreparabile. Il mediano Harkes si libera a sinistra e traccia un cross basso verso l'area di rigore. La difesa colombiana è sbilanciata e Escobar, terzino slanciato, agile, gentile, tenta l'anticipo in spaccata. La palla beffarda supera Cordoba: 1-0 Usa. La Colombia perde la partita, Escobar perde tutto, da quel momento è un morto che cammina. Dopo il rientro in patria, il 29 giugno 1994, per quattro giorni vaga per la città come ha ricostruito il quotidiano locale El Tiempo. Sabato 2 luglio è al Padova, una discoteca del centro. Alle 3.45, secondo la maggior parte delle testimonianze, si sposta al parcheggio del Salmagundi, un altro locale notturno, dove ha lasciato la macchina. Scoppia una lite con tre uomini su una Land Cruiser nera. Sembra che uno dei tre gli abbia detto “grazie dell'autogol”, poi l'ex guardia giurata Humberto Muñoz Castro gli spara 6 colpi di mitraglietta. È un colpo di coda del cartello di Medellin, ormai al tramonto, nella guerra contro il clan rivale di Calì, una vendetta degli scommettitori sul lastrico per l'eliminazione della nazionale. Ai funerali di Andrés parteciparono 120mila persone, c’era anche César Gaviria Trujillo, presidente di una repubblica violenta che ancora oggi non è venuta a patti con la sua storia, con la guerriglia delle Farc e con i clan della droga. Daniel Rendòn, consulente del presidente Santos che punta alla rielezione il 25 maggio per completare il processo di pace con le Farc, si è dovuto dimettere dopo la pubblicazione di un articolo sulla rivista Semana. Secondo il giornalista Daniel Coronell, tra il 2010 e il 2011 il boss del narcotraffico Javier Antonio Calle Serna gli avrebbe dato 12 milioni di dollari perché consegnasse a Santos una proposta per consegnare i narcos ed evitare la loro estradizione negli Usa. La versione colombiana della trattativa stato-mafia.
Mondragon insidia Milla – Nell'elenco dei 30 pre-convocati di José Pekerman per Brasile 2014 sono due i nomi che spiccano. Radamel Falcao, reduce da un infortunio, che secondo l'Equipe non potrà comunque andare in Brasile, e Faryd Mondragon, “El Turco”, il portiere di 43 anni che ha appena chiuso la stagione con il Deportivo Calì. Lui è quasi certo di essere tra i 23 e diventare così il più anziano di sempre a partecipare alla fase finale di un Mondiale. Il record di Roger Milla sta per essere battuto. L'attaccante camerunese che ha condannato la Colombia a San Siro 24 anni fa resta il marcatore più anziano nella storia dei Mondiali, avendo segnato all'età di 42 anni e 35 giorni nel 6-1 dei Leoni indomabili alla Russia nell'ultima partita del girone a Usa '94. Per Mondragon sarebbe il terzo Mondiale in carriera: negli Stati Uniti ha guardato i suoi compagni dalla panchina, a Francia '98 ha giocato titolare le tre partite della prima fase prima dell'eliminazione dei cafeteros.