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Bonucci non è il Baresi del nuovo millennio ma un difensore ‘normale’

Il ‘caso Bonucci’ tiene banco in casa milanista. L’ex juventino non è un brocco né un calciatore sopravvalutato ma per caratteristiche tecniche e tattiche non è (ancora) un leader: dargli peso, soldi, leadership e affidargli in toto una squadra che a giugno non esisteva è un fardello difficile da reggere davvero per tutti.
A cura di Jvan Sica
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Cosa è successo a Leonardo Bonucci? Questa estate le lodi di ringraziamento al destino del calcio dei tifosi milanisti e i post di dolore dei tifosi della Juventus si sono sprecati. A luglio Bonucci era indiscutibilmente il miglior difensore al mondo, il miglior regista difensivo del mondo, uno se non il migliore marcatore a zona del mondo, il miglior capitano possibile. Forse abbiamo un po' esagerato.

Milan difensore Bonucci

Un calciatore ‘normale'. Bonucci è sempre lo stesso, e la domanda iniziale su quando sia iniziata la sua involuzione forse è mal posta, perché non c'è nessuna involuzione in atto, al massimo della semplice confusione da squadra totalmente nuova che bisogna mettere a posto. Bonucci non è mai stato il migliore di tutti, per tutte le caratteristiche precedentemente descritte e alcuni difetti erano ben integrati e coperti da un sistema difensivo juventino costruito ad hoc per i suoi pregi e, appunto, per i suoi difetti. Bonucci ha una meccanica di corsa e di inizio corsa soprattutto molto lenta, che lo fa soffrire tanto contro i calciatori brevilinei. La Juve lo faceva accompagnare da due difensori che hanno nello spunto nel breve la loro forza, Barzagli e Chiellini. Al Milan, con i normoveloci Musacchio e Romagnoli Bonucci ritrova quelle difficoltà.

La difficoltà d'adattamento al Milan. Bonucci non è un regista difensivo illuminante, è molto pulito nelle tracce centrali, giocate poi con grazia da gente che si chiamava Pjanic e Khedira. Una sua eccellenza è nel lancio lungo a cercare i tagli degli esterni o i movimenti a uscire delle punte. Ecco questa è una colpa dell'allentore del Milan, Montella, che non ha ancora saputo far muovere esterni e punte, soprattutto André Silva, in modo che Bonucci trovasse le idee giuste per aprire gli spazi offensivi.

Pregi e difetti. Bonucci non è mai stato un drago sui calci piazzati avversari. Un'azione su tutto lo spiega. Italia-Uruguay, partita decisiva del primo girone di Brasile 2014. Calcio d’angolo per l'Uruguay, dalla difesa sale il migliore colpitore di testa al mondo, Diego Godìn. Bonucci dovrebbe prenderlo, invece se lo lascia sfuggire e Godìn prende due metri di rincorsa senza incontrare difficoltà. Quando la palla arriva nei suoi pressi, ha il tempo di staccare e Bonucci, ormai impossibilitato a opporre resistenza, si gira di schiena e cerca un’improbabile ancata per ostacolarlo. Ma ormai Godìn è partito e l'Italia è fuori dal Mondiale.

Il peso economico. Bonucci è andato via dalla Juve per 40 e passa milioni di euro, il calciatore over 30 più costoso della storia dell'intero panorama internazionale, superando di gran lunga l'affare Batistuta-Roma (32.5 milioni di euro) del 2000, ed è il più pagato del Milan, con uno stipendio loro di 13.88 milioni di euro annui, 7.50 milioni di euro netti fino al 2022. Con questo peso fare il leader è dovuto. Ma anche qui, nel passato Bonucci era assistito da gente su cui appoggiarsi e con cui crescere – Buffon, Pirlo, Del Piero fra gli altri -. Dargli peso, soldi, leadership e affidargli in toto una squadra che a giugno non esisteva è un fardello difficile da reggere davvero per tutti.

La strada da percorrere. Ora l’obiettivo non è ritrovare Bonucci, il quale non si è mai perso, ma semplicemente definire i giusti parametri, impatto e incidenza all’interno di un sistema “normale”, che non gli chiede più di quello che sa ed è, che non porti a tirare fuori parti della sua personalità assolutamente negative per la squadra. Bonucci deve fare il Bonucci e non il Baresi del nuovo millennio.

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