Bonucci, 30 anni e una chiacchierata con Dio che gli ha cambiato la vita

Trent'anni e un desiderio speciale da esprimere spegnendo le candeline sulla torta. Con la Juventus Bonucci ha vinto tutto… o quasi, gli manca solo la ciliegina sulla torta: vincere e sollevare la Champions League. Nel 2015 arrivò vicinissimo al traguardo ma dovette cedere all'ultimo sprint contro il Barcellona: a Berlino furono i blaugrana a prevalere, spinti dalla forza del tridentazo e di un'esperienza internazionale che la squadra di Allegri ancora non aveva maturato. Adesso, però, è tutto cambiato e la supremazia tattica mostrata dai bianconeri nel doppio confronto coi catalani (battuti a Torino, neutralizzati al Camp Nou) è stata molto più d'una semplice vendetta: la testimonianza diretta, palpabile della crescita esponenziale di un gruppo che sogna il trionfo a Cardiff.
Di lotta e di governo. Nel cuore della difesa c'è sempre lui #finoallafine. Bonucci non molla, è lì accanto a Chiellini a duellare con gli attaccanti nella propria area oppure a colpire in quella avversaria. Da Bari a Torino, in questi anni è divenuto il centrale che piace a mezza Europa: lo vorrebbe Conte al Chelsea, lo vuole Guardiola al Manchester City.
Dalla Viterbese alla Juve. E pensare che ai tempi della Viterbese giocava da attaccante… Gli cambiò ruolo il suo primo allenatore, Perrone: da allora non s'è mai fermato fino all’esordio in Serie A con la maglia dell’Inter (a Cagliari, 14 maggio 2006). Treviso e Pisa sono state altre tappe del percorso che la condotto al Bari di Ventura e poi alla Juventus con la quale ha vinto 6 scudetti (il prossimo è davvero a un passo), 2 Coppe Italia, 3 Supercoppe Italiane e il premio di miglior calciatore dell'anno nel 2016.

La malattia di Matteo e la ‘chiacchierata con Dio'. E' una delle peculiarità di Bonucci: mai smettere di mollare, nemmeno quando la malattia del figlioletto, Matteo, lo ha scosso fin dentro l'anima mentre cattivi pensieri affollavano la mente, compresa la possibilità di mollare tutto perché il calcio è niente rispetto al dolore per il piccolo che ha rischiato la vita perché affetto da una patologia acuta.
In quelle settimane ho accarezzato l'idea di abbandonare il calcio, sinceramente proprio non riuscivo a pensare a null'altro.
Tutto passato, il bimbo adesso sta bene ma in quella chiacchierata con Dio fatta mentre il figlioletto andava sotto i ferri, trovò anche la forza per andare avanti.
Prima di entrare in sala operatoria – raccontò Bonucci – Matteo fece il verso del leone a mia moglie e a me, sembra voler dare coraggio più a noi che a sé. Dopo ho preso il suo peluche, un orsetto bianco, mi sono seduto in un angolo della stanza e ho fatto una chiacchierata con Dio… Cosa Gli dissi? Sia fatta la tua volontà ma non dimenticare che è solo un bambino.
Il triplete non è più solo un sogno. "Siamo in finale di Coppa Italia e mancano pochi punti in campionato, ma non abbiamo ancora vinto nulla, c'è da lottare ancora", aggiunge Bonucci consapevole delle insidie che sono dietro l'angolo. A Bergamo, in quel finale convulso costato la vittoria, sia lui sia la squadra hanno fatto tesoro degli errori commessi. "A Barcellona un gol in quel modo non l'avrebbero mai segnato, la palla sarebbe finita in tribuna o non sarebbero mai arrivati in area…".
Il Monaco? guai a sottovalutarlo, ci deve essere la giusta preoccupazione perché solo così riesci a tenere alta la tensione. Bisognerà stare attenti e giocarsi le due semifinali con la cattiveria e la fame di chi vuole vincere e scrivere la storia.