Bernardeschi vince (anche) il duello con Chiesa, entrambi sono il futuro della Nazionale
Le parti in commedia sono chiare, e nessuno deroga. La Fiorentina generosa, sfortunata, arrabbiata. La Juventus solida, non bellissima, che lascia sfogare i viola e colpisce quando e dove fa più male. L'ex di turno, Bernardeschi, che per un ora si eclissa poi si prende la vendetta e la vittoria. L'ultimo capitolo in ordine di tempo di una rivalità viscerale non può mica finire qui. Manca solo un'emozione, manca una polemica che faccia da miccia per la settimana. Manca il Var, il silent check per un rigore dato ai viola e poi negato. Lo show è servito. Torino chiama, Napoli come risponderà?
Bernardeschi sparisce poi affonda la viola
“Non succede niente, nessuno viene, nessuno va, è terribile.” Servirebbe Samuel Beckett per raccontare l'orizzonte del primo tempo dal punto di vista di Bernardeschi. Lo aspettano, i suoi compagni nella speranza di una rivincita, gli avversari per vedere quanto possa essere forte il suo desiderio di vendetta. Tutti lo cercano, nessuno lo trova, però. Un Godot che scompare, che si fa portare via. Ma come vita, un po' come l'alta marea vendittiana, quel che scompare prima o poi riappare.
Riappare per timbrare un incontro, per firmare un riscatto. Freddo come una lama qualunque, illumina la scena come un taglio di luna su una punizione a due in area. Un taglio alla Fontana che suggerisce spazi non percorsi, che apre possibilità sopite. Un fulmine, il diciottesimo gol bianconero direttamente su calcio da fermo. Poi esce, dopo un secondo tempo di sostanza, fischiatissimo come chi torna con l'opposto umore e la divisa del colore più odiato dagli antichi tifosi.
Chiesa sempre più leader della Fiorentina
Rispetto alla squadra surclassata contro il Verona, la metamorfosi della Fiorentina non può che sorprendere. Certo, la differenza di motivazioni non è una teoria che si scopre stasera, ma il passaggio fra l'aorta e l'intenzione, fra l'attenzione e l'esecuzione, favorisce spesso le distorsioni. Stavolta no. Stavolta il proscenio se lo prende Chiesa, che con la sua forza muscolare tiene la squadra corta, si sacrifica sulla fascia, cambia posizione dopo l'ingresso di Thereau. Non tira ma rimane il pericolo numero 1, l'avversario che i bianconeri non lasciano mai solo. Non riesce a rispondere a Bernardeschi, il figlio d'arte che ormai si è tolto di dosso il confronto col padre. Ma scriverà, insieme col fischiatissimo match winner, il futuro della nazionale.
Promosso Veretout
C'è un altro elemento che piace in questa Fiorentina generosa che ha bisogno di tempo per trovare il modo di verticalizzare se non dopo una serie troppo elaborata di passaggi orizzonali che semplificano il compito bianconero di aspettare, occludere le linee di passaggio, e far passare la marea. Veretout è il perno mobile di un centrocampo fluido. Mezzala da paradigma, si trasforma in un pivote, in un secondo regista stretto e vicino a Badelj mentre Benassi va ad occupare una posizione più vicina alla sua indole, da trequartista. E' uno schieramento che sacrifica le fasce per occupare il centro, per impedire a Pjanic, 1.8 palloni intercettati di media a stagione, di ricevere palla dalla difesa e ribaltare l'azione. La Fiorentina così spezza la catena di centrocampo fra il bosniaco e Khedira, e permette una migliore occupazione dei corridoi interni, gli spazi di mezzo da cui passano destini e fortune nel calcio moderno.
Una Juve a lungo irriconoscibile
Resta isolato nel primo tempo, così come Higuain anche perché la Juve non gioca bene con i tre centrocampisti centrali. Pjanic e Marchisio mancano di brillantezza nella gestione della palla, Khedira si vede poco negli smarcamenti. La Juve, costretta a rimanere più bassa,
Con Benatia in campo, la Juventus mantiene una media di 0,2 gol subiti, senza sale a 1,1. I bianconeri, che hanno subito solo una rete nelle ultime 15 partite in tutte le competizioni, partecipano alla fase di difesa e controllo degli spazi con tutta la squadra. Nelle ultime otto giornate prima di questo match, ha concesso appena 9 tiri in porta in totale alle avversarie. Nei primi minuti i viola provano a pressare alto, a stimolare il confronto Simeone-Chiellini, ma i bianconeri non corrono rischi e approfittano del recupero palla per ribaltare l'azione e cercare spazio alle spalle del centrocampo avversario.
Ma con Mandzukic più attento alle diagonali difensive che ai tagli offensivi per accompagnare i movimenti fuori linea di Higuain, nelle fasi di pressione della Fiorentina, la Juve concede spazi e spiragli. L'edificio difensivo però è solido, ogni chiusura è un altro mattoncino per alzare il muro di convinzione e solidità che può portare molto lontano.
Douglas Costa per Marchisio, la Juve si sbilancia
Allegri non è tecnico da scelte lineari. Persegue la via della flessibilità, in vantaggio e in controllo sceglie Douglas Costa, il giocatore con più dribbling riusciti in Serie A, per Marchisio. Passa al 4-2-3-1 che però offre una soluzione offensiva in più, con l'ex Bayern che lega il gioco. Pioli deve cambiare i piani iniziali, Thereau entra per Dias con Chiesa all'ala destra. La Juve non soffre tanto sugli esterni, Bernardeschi che si allarga a destra controlla Biraschi attivo a tutta fascia, si scopre un po' in mezzo alle spalle dei due registi bassi bianconeri incardinati ora dentro un modulo, per quanto flessibile nell'interpretazione, in cui la Juve in stagione ha un po' sofferto. La percussione centrale di Chiesa a 20′ dalla fine apre uno scambio fortunoso che libera Thereau a centro area e richiede l'uscita disperata di Buffon: è un segnale.
Var sport, continuano le polemiche
La scena al 19′ è surreale. Veretout è sul dischetto per almeno un paio di minuti mentre Guida attende un silent check che si prolunga anche troppo. La Juve tiene due uomini in area, sguardi e respiri si concentrano sull'arbitro che alla fine non va a vedere ma riceve l'indicazione via radio. Sul cross toccato col braccio di Chiellini, che protesta la sua innocenza e fa notare agli avversari di averla toccata sì ma senza staccarlo dal corpo, c'era un fuorigioco iniziale a viziare la conclusione dell'azione. E' fuorigioco di rientro di Veretout, di pochi centimetri, ma il contesto fra il bianco e il nero, con il colore viola della rabbia dei tifosi di casa, è grigio. Gli aspetti da valutare sono tre. Simeone spinge Alex Sandro: fallo o no? L'arbitro fa giocare. Il brasiliano cade e finisce per prolungare il pallone all'indietro verso il francese che crossa. Tocco volontario o no? Per gli arbitri è una deviazione che non segna l'inizio di una nuova azione. Il cross va sul braccio di Chiellini: è attaccato o al braccio o è volontario? Conta o no? I dubbi restano molti più delle certezze. E una domanda sorge spontanea: perché Guida non va a vedere l'episodio e si fida? Il fuorigioco dovrebbe essere elemento soggetto a valutazione e non a interpretazione, ma stavolta serviva proprio comprendere come considerare il contatto prima e il tocco di Alex Sandro poi.
L'attesa, il pregiudizio che negli occhi dei tifosi viola accompagna la Juventus, obnubilano una possibile ragione e la Viola a testa bassa carica, decisa, come chi vuole dimenticare, chi vuole accorciare la sofferenza di una piccola percepita ingiustizia. La Var condicio, per "rubare" il titolo del nuovo programma di Marco Fratini su La7, la pretesa tecnologica, il patto fra l'uomo e la macchina che non elimina i dubbi su un'applicazione da molti fraintesa, scatena la Fiorentina. Il mismatch nel corridoio di sinistra esalta Gil Dias che tocca 20 palloni nel primo tempo: il più importante gli permette di bruciare Alex Sandro e bruciare Buffon ma non di superare l'opposizione del palo.
Allegri, cosa resta delle 200 alla Juventus
Allegri può festeggiare la 142ma vittoria in 200 partite sulla panchina della Juventus, con 30 pareggi e 28 sconfitte. La media punti di 2,38 a partita diventa un plus, un jolly, una carta da voltare e quando provi ad afferrarla già non c'è più. E' l'occhiata gettata al futuro, che non è scritto solo nei numeri ma nell'identità di una squadra che attraversa le generazioni e si attacca agli uomini. Di chi privilegia la sostanza alla forma, e trasforma l'efficacia in estetica. Nel solo nome della vittoria. Chiedere, per credere, a Higuain. Tocca una palla buona, e basta al Pipita in versione pepita per trasformarla in oro contro un'ottima Fiorentina.