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Berlusconi compie 80 anni. Auguri, presidente. Con te il Milan è divenuto leggenda

Trent’anni al timone del club rossonero: dalla ricostruzione fino ai successi in Italia e nel mondo, la sfida imprenditoriale del presidente che ha trasformato il ‘diavolo’ in un marchio vincente.
A cura di Jvan Sica
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Ottanta anni di Sivio Berlusconi, 30 dei quali alla guida del Milan. Per definire quello che è stata (ed è) la sua figura nel mondo del calcio, tutto si può sintetizzare con una frase che anche il suo più acerrimo nemico non potrà contestare: è stato il presidente più vincente della storia del calcio italiano. Alla presidenza del Milan arrivava 30 anni fa, dopo che i rossoneri avevano visto per due volte la B e l’intera piazza era più che depressa. All’inizio le parole quasi irreali di Berlusconi ("Dobbiamo dominare in Italia e nel mondo", "Bisogna vincere ma anche convincere con il bel gioco", "La squadra deve essere un’azienda") sono viste come ‘sparate' di un imprenditore che ancora non conosce il mondo del calcio italiano.

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Nella primavera del 1986 essere milanista voleva dire essere in bilico tra un passato glorioso e un presente pieno di dubbi e brutte figure. Farina lascia a questo giovane imprenditore edile e delle telecomunicazioni con una squadra che ha come speranza e giocatore simbolo solo un Paolo Rossi ormai in fase calante. Già dal calciomercato della stagione successiva si inizia a capire cosa vuole fare Berlusconi nel mondo del calcio: vengono acquistati ottimi giocatori come Massaro e Giovanni Galli e soprattutto viene "scippato" Donadoni alla Juventus, comprandolo dall’Atalanta che nei venti anni precedenti aveva sempre venduto i suoi gioielli alla squadra degli Agnelli.

Dallo sgarro Donadoni alla rivelazione Sacchi

L’acquisto di Donadoni è il primo vero atto di sfida lanciato da Berlusconi a tutte le altre squadre del calcio italiano, in primis la Juventus. Quella stagione non darà grandi soddisfazioni, con Liedholm prima e Capello poi in panchina ma sarà anche la svolta del ciclo di Silvio Berlusconi al Milan: in Coppa Italia i rossoneri perdono due volte contro una squadra di serie B, il Parma, che gioca in maniera sfrontata e aggressiva sia in casa che su campi come San Siro. L’allenatore di quella squadra è Arrigo Sacchi.

Mettete tulipani negli schemi

Con Sacchi in panchina l’anno successivo arrivano i primi due grandi stranieri dell’era Berlusconi, Marco van Basten e Ruud Gullit. Saranno loro, insieme alle colonne di difesa Baresi, Maldini e Tassotti, a cui poi si aggiungerà Costacurta, a essere il perno di una squadra che farà la storia. Il campionato 1987/88 è vinto grazie a una rimonta eccezionale sul Napoli di Maradona, battuto in casa in un vero e proprio spareggio il 1° maggio 1987. I tifosi partenopei applaudono la squadra di Sacchi e sanciscono la grandezza di una nuova idea di calcio.

L'obiettivo è vincere tutto anche nel mondo

Ma il grande obiettivo di Berlusconi è vincere in Europa e nel mondo, seguendo quel progetto di squadra internazionale e amata ovunque che aveva affermato, facendo ridere i più, il giorno del suo insediamento. Nella prima Coppa dei Campioni berlusconiana c’è un’altra partita-svolta per quel Milan. È quella di Belgrado contro la Stella Rossa. All’andata c’era stato un 1-1 sofferto a San Siro e al ritorno un Savicevic indemoniato aveva portato gli slavi sull’1-0. Cala una nebbia fitta e l’arbitro Pauly decide di sospendere il match. In quel momento cambia tutto perché il giorno successivo il Milan riesce a tenere il pareggio e vincere la partita ai rigori. Schiantato il Real Madrid per 5-0 in un vero e proprio passaggio di consegne generazionale, si arriva in finale contro lo Steaua Bucarest. La vittoria è chiara e senza appelli, 4-0 ma soprattutto un dominio totale e un calcio assolutamente innovativo e perfetto per l’idea di macchina invincibile che vuole Berlusconi.

La doppietta in Coppa dei Campioni. Da quel momento quella squadra, che in futuro verrà definita degli “Invincibili”, farà doppietta in Coppa dei Campioni, vincerà due Intercontinentali, due Supercoppe Europee e diventerà la squadra del decennio.

Dalla notte di Marsiglia a Capello

Uno dei momenti più brutti della gestione Berlusconi è stata la notte di Marsiglia, quando la squadra decide di ritirarsi dal campo dopo che un riflettore dello stadio era temporaneamente saltato. Il Milan esce da quell’edizione della Coppa dei Campioni e viene squalificato dalle coppe per un anno. Questo smacco, insieme agli screzi fra Sacchi e van Basten e un generale esaurimento delle energie nervose più che fisiche della squadra, fanno sì che Berlusconi e Galliani cambino l’allenatore e puntino su un uomo dell’azienda, un calciatore milanista del passato che ha studiato da allenatore e da manager. Con Fabio Capello la squadra riparte e vince tre campionati consecutivi, perdendo in finale di Coppa dei Campioni col Marsiglia nel 1993 (ultima partita ufficiale di Marco van Basten, falcidiato da continui infortuni alle caviglie), e vincendo quella dell’anno successivo con un meraviglioso 4-0 al Barcellona di Romario e Cruyff ad Atene.

‘Codino', Weah e l'epopea degli scudetti

Per dare nuova linfa alla squadra, negli anni successivi Berlusconi compra Roberto Baggio dalla Juventus e soprattutto George Weah dal PSG. Insieme a tutti i campioni arrivati negli anni precedenti, come Boban, Desailly, Savicevic, e puntando su giovani come Panucci, il Milan rivince lo scudetto 1995/96 e poi un sedicesimo scudetto nel 1998/99, sudato e voluto fino allo stremo dalla squadra di un allenatore mai amato dal presidente, Alberto Zaccheroni.

In questi anni la Juventus aveva ricostruito la squadra e il suo prestigio ed era lei a dominare in Italia e ad arrivare fino in fondo in Europa, con un Milan berlusconiano per la prima volta ad inseguire il potere e le vittorie dei bianconeri. Ma Berlusconi ci mette poco a rifondare la squadra, investendo di nuovo forte sul mercato: nei primi anni 2000 compra giocatori come Gattuso, Schevchenko, Inzaghi, Pirlo, Seedorf, Nesta e Kaka e si affida ad un vecchio scudiero degli Invincibili, Carlo Ancelotti, per riemerge dal grigiore.

Vincerà uno scudetto solo nel 2003-2004, ma è in Europa che farà di nuovo paura a tutti: l’anno prima batte la Juventus ai rigori nella finale di Coppa dei Campioni giocata Manchester, nel 2004-2005 perde ai rigori la finale di Champions League contro il Liveropool, che rimonta da 0-3, prendendosi dopo due anni la rivincita, incontrando di nuovo il Liverpool nella finale di Atene e stavolta battendolo grazie ad una doppietta di Filippo Inzaghi. Questa ennesima vittoria, insieme al Mondiale per Club dell’anno successivo, è l’ultima grande vittoria del secondo ciclo europeo del Milan che neanche un campionissimo come Ibrahimovic saprà far rifiorire.

Il giovane Milan in embrione

Da allora è iniziato il declino – a livello sportivo –  del ‘diavolo rossonero' che tremare il mondo faceva. Fino ai giorni d'oggi con l'addio d Berlusconi alla sua creatura e una strada già tracciata: un Milan giovane e italiano. E pensando che a Firenze hanno giocato Donnarumma (classe ’99), Mattia de Sciglio (classe ’92), Alessio Romagnoli (classe ’95) e Davide Calabria (classe ’96), si comprende come ancora una volta il Presidente abbia lasciato la sua impronta.

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